“Un martello pneumatico: come fermare il rimuginio ossessivo” e “Uscire dal rimuginio: cari pensieri vi scrivo, così mi distraggo un po’” sono due articoli in cui approfondisco la tematica del rimuginio.
Se Watzlawick affermava che “E’ impossibile non comunicare” è anche vero che a volte è impossibile non pensare.
Alcuni pensano a partire da una causa, per seguire il dispiegarsi degli eventi e arrivare ai suoi effetti. Altri invece seguono il processo inverso: dagli effetti credono di poter riavvolgere facilmente il nastro fino a scoprire le cause più remote.
Ma sappi una cosa: il problema non è come pensi. Il problema è quanto pensi. A volte il pensiero soffoca a tal punto da toglierci il tempo per vivere. E’ quello che è accaduto a P.*
Una domanda non è intelligente quando non ha una risposta
P., 46 anni, al suo secondo divorzio, nonché a causa del tradimento da parte delle sue compagne, dopo tre tentativi di suicidio falliti e la paura di non poterne uscire questa volta, si reca in studio. Le varie vicende lo avevano portato a pensare di essere lui il problema. Ma quelli di P. non erano semplici dubbi, ma pensieri pervasivi, che occupavano le sue giornate e le sue nottate, che lo distoglievano dalla vita e che continuamente rimbombavano. I suoi pensieri gli facevano sospettare che le donne lo tradissero perché non era bello, perché non sapeva farci a letto, perché il suo lavoro gli permetteva uno stipendio medio-basso, perché aveva sempre rinunciato a sapere la verità su suo figlio, che temeva non fosse suo e ad approfondire i presunti tradimenti delle sue compagne.
Solo su una cosa non nutriva più alcun dubbio: che i suoi pensieri non lo abbandonavano più.
Fu detto a P. “Sai, c’è una frase che ho letto una volta, e che a molti non piace, dà fastidio, eppure dice una cosa sensata: “Non esistono risposte intelligenti a domande poco intelligenti”.
“E quand’è che una domanda non è intelligente?”
“Ecco, questa è una domanda intelligente: una domanda non è intelligente quando non ha risposta. Non parlo solo delle domande a cui non sappiamo rispondere, ma anche di quelle per le quali non possiamo farlo. Te ne accorgi, perché ci torni e ritorni sempre su”.
Commento
Ristrutturare le tentate soluzione di P. è stato utile per fargli esperire che in un circolo vizioso, in cui ci si trova di fronte a un pensiero innescato da qualunque cosa – un problema, o una difficoltà, o magari un nonnulla – e al quale si risponde con un altro pensiero, in realtà si risponde al pensiero pensando. Ma quel pensare al pensiero, quel rispondere, è esattamente ciò che mantiene in vita il pensiero stesso.
Ciò che P. comprese fu che non poteva bloccare la sensazione, così come non poteva bloccare il primo pensiero: quello arriva e basta. Ma poteva bloccare il secondo. E, se non ci riusciva, poteva bloccare il terzo. O il quarto. O fosse anche il quinto o il sesto. Perché c’era sempre un pensiero che poteva bloccare.
A seguito di questa prima fase del lavoro, inoltre è stato possibile riattivare la vita sociale di P. che ha poi portato a nuove e più funzionali consapevolezze di sé che hanno poi fatto da leva alla conclusione positiva del trattamento.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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Bibliografia
Nardone, G. (2013). Psicotrappole. Milano: Ponte alle Grazie.
*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.