Casi clinici: il racconto del ragazzo a cui lo studio rese la vita (im)possibile

Davanti ad un esame ogni studente si sente un pessimo studente, anche i più bravi, anche coloro che dicono di non sapere e poi prendono 30 e lode, perché loro credono fermamente di non essere da 30 e lode, finché il docente non decide quel ansiogeno verdetto finale, quel giudizio universitario ed universale.

La vera domanda a questo punto è: come si diventa pessimi studenti? Cioè cosa fa dire esattamente ad uno studente di essere pessimo? Forse la risposta è celata tra una nube soffocante, chiamata ansia da esame.

L’ansia da esami, come ho già raccontato in altri due articoli, intitolati “Studio matto e disperatissimo: l’ansia degli esami” e “Una lode per superare gli esami senza ansia”, può arrecare un forte disagio nella vita di ogni studente.

Questo tema è stato trattato molto nel mondo delle Terapie Brevi, non solo da me, ma anche nel libro di Alessandro Bartoletti “Lo studente Strategico”. Proprio da questo libro traggo un caso clinico, che voglio raccontarti.

La storia dell’atleta che gareggiava con l’ansia degli esami

“Un giorno si rivolse a me un ragazzo alto e possente. Avrei scommesso fosse un rugbista ma appena cominciò a parlare mi informò di un problema di studio che gli stava rendendo la vita impossibile. A mano a mano che esponeva il suo cruccio mi resi conto di trovarmi di fronte sì a un atleta, ma della mente. Infatti, a discapito dell’aspetto, egli aveva trovato nello studio la sua vocazione migliore. Era estremamente dotto e si trovava più o meno a metà del percorso di laurea in medievalistica. Anche nel modo di parlare ricordava l’acume di un monaco certosino: preciso, attento a ogni parola, ponderatore di metafore quasi fossero gemme preziose da fornire all’interlocutore. La disciplina lo appassionava, ma negli ultimi tempi studiare era diventato una vera tortura… medievale.

Nonostante i suoi studi, nel descrivere il problema Paolo esordì con parole molto tecnologiche: «Quando studio sono vittima di fastidiosi hyperlink!». La definizione mi incuriosì molto e gliene chiesi spiegazione. Venni dunque edotto del curioso fenomeno che lo coglieva allorquando iniziava le sue sessioni di studio. Era simile alla trama di un noto film, Matrix, i cui protagonisti si trovano imprigionati in una realtà parallela. Appena iniziava a leggere, ogni singolo concetto rimandava nella sua mente a una miriade di altri concetti filosofici o letterari, citazioni, titoli di libri già letti o ancora da leggere, articoli di ricerca e ovviamente alle sue considerazioni critiche su quanto stava studiando. Una sorta di danza degli specchi da cui risultava impossibile uscire. Catturato da questa floridezza d’idee, Paolo si sentiva costretto ad appuntare a margine di ogni frase una miriade di link, che gli avrebbero permesso futuri approfondimenti sui temi in questione.

Tutto ciò gli rendeva faticosissimo proseguire nella lettura, tanto che negli ultimi tempi aveva iniziato a evitare come un demone maligno il momento dello studio. Continuava a frequentare le lezioni universitarie, ma aveva rimandato alcuni esami. Per cui, spaventato dall’idea di bloccarsi del tutto, si era rivolto a me. Paolo si rendeva perfettamente conto che la sua eccessiva precisione lo stava danneggiando, ma non riusciva a fare diversamente. Il timore era infatti che, se non avesse annotato subito tutti i collegamenti che la sua mente gli proponeva, sene sarebbe sicuramente dimenticato.

Concordai con lui dicendogli, con un pizzico d’ironia, che per uno studioso meticoloso e attento, quale lui sembrava essere, quanto accadeva suonava in effetti come una vera maledizione… una punizione divina. Tuttavia non sarebbe stato opportuno trasformarsi in uno scialbo studioso da quattro soldi – in questo non l’avrei certo aiutato – quanto piuttosto affinare le sue capacità ora troppo affilate. Paolo colse immediatamente il senso della metafora che avevo usato per definire il nostro obiettivo terapeutico.

La tecnica per liberarsi dall’ossessione dell’onniscienza

A quel punto gli proposi un compito decisamente particolare. Gli dissi che avrebbe potuto continuare ad annotare tutti i suoi link, tutte le associazioni che gli venivano in mente durante la lettura, ma non sul libro, bensì su un taccuino appositamente predisposto. Inoltre, avrebbe dovuto procedere selezionando solo i link che, se non avesse annotato immediatamente, sarebbero sicuramente andati perduti nella notte dei tempi, come lacrime nella pioggia. Infine gli chiesi di posizionare il taccuino non a portata di mano, ma a un metro e mezzo di distanza, dentro lo zaino che normalmente portava con sé all’università. In caso di link improcrastinabile, avrebbe dovuto alzarsi, prendere lo zaino, aprirlo, estrarre il taccuino, annotare scrupolosamente il link, rimettere il taccuino nello zaino, chiuderlo, tornare alla sua postazione di studio e continuare a leggere. In ultimo, indipendentemente da quante annotazioni avesse preso durante la lettura, concordai con Paolo che avrebbe comunque avuto a sua disposizione 15 minuti finali per annotare eventuali link «mancanti». Ascoltò la mia bizzarra prescrizione con meticolosità, attento a non perdersi alcun dettaglio. Poi ci salutammo.

Alla seduta successiva Paolo si presentò decisamente sollevato. Raccontò che nei giorni successivi al nostro primo incontro aveva predisposto con cura il «quaderno degli hyperlink», dentro lo zaino e alla distanza di un metro e mezzo, esattamente come gli era stato proposto. Così attrezzato si era apprestato a studiare, ma fin da subito aveva percepito che poteva procedere speditamente e leggere senza la necessità di fermarsi e annotare. Così infatti fece, raccontandomi che in quelle due settimane aveva ripreso a studiare, quasi magicamente, con passione e lena.

Consapevole che lo stratagemma utilizzato gli aveva permesso di sbloccarsi, usò una metafora molto bella per descrivere quanto avvenuto. Mi disse che, per procedere agilmente, una nave deve essere leggera, altrimenti corre il rischio di incagliarsi su ogni secca che incontra nel mare.”

Conclusione

A volte la nostra percezione dello studio può dirigere la nostra rotta verso le placide onde della perfezione, ma più ci imbattiamo in esse più veniamo trasportati, come Ulisse e i suoi compagni, oltre le colonne d’Ercole della conoscenza, ma come ha detto il nostro Paolo, una nave deve essere leggera per non incagliarsi su ogni secca. Less is more, stavolta più che mai.

Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi

Bibliografia

Alessandro Bartoletti – Lo studente strategico (Ponte alle Grazie)
Rampin, M. (2013). Come imparare a studiare. Milano: Salani.