Che ansia la gente: cos’è la fobia sociale

Sono molte le persone che mi chiedono e che si chiedono se il disagio che avvertono in presenza di altre persone sia semplice timidezza o se nasconde qualcosa “di più grave”. Per questo voglio fare una distinzione tra timidezza e fobia sociale. La comune timidezza rappresenta uno stato emotivo, che seppur a volte sembra invalidante, la persona riesce a gestire. La fobia sociale, invece, si accompagna a stati di ansia così intensi e invalidanti da rendere la vita sociale difficile e limitata, arrivando in alcuni casi a sperimentare veri e propri attacchi di panico.

La fobia sociale, quando diventa invalidante e quando è fonte di disagio, può essere affrontate con l’aiuto delle Terapie Brevi e di questo te ne parlo in maniera più approfondita nel mio articolo “Come vincere la Fobia Sociale con la Terapia Breve Strategica”. Oggi invece, proprio per capire se hai la fobia sociale, voglio presentarti come riconoscerla.

Nella testa del fobico sociale

Il fobico sociale si sente rifiutato e giudicato dagli altri come ridicolo, inadeguato, incapace e stupido. Ha il timore o la sensazione che la gente, osservandolo, capisca che è una persona problematica e che per questo motivo sarà tenuto a distanza.

Le situazioni più temute dal fobico sociale, generalmente, sono: parlare in pubblico o ad un piccolo gruppo, sostenere colloqui di lavoro, partecipare a pranzi, cene o feste, essere presentati da altre persone, iniziare una conversazione, guardare negli occhi la gente, incontrare persone del sesso opposto o da cui si sentono attratte, esprimere le proprie opinioni.

Leggendo questo elenco ti sarai accorto che queste situazioni sono molto comuni e che, magari, le avrai vissute anche tu qualche volta, ma ciò che va a marcare il confine tra timidezza e fobia sociale sono proprio i comportamenti che vengono messi in atto per cercare di arginare il problema, ma che invece di arginarlo lo incrementano o lo mantengono. Le cosiddette tentate soluzioni disfunzionali.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore: le tentate soluzioni disfunzionali della fobia sociale

La tentata soluzione disfunzionale della fobia sociale è sicuramente l’evitamento della situazione, per evitare una brutta figura o un attacco di panico, ma ogni volta che fai questo, paradossalmente, finisci proprio per amplificare la percezione del tuo senso di inadeguatezza e incapacità.

Un’altra tentata soluzione disfunzionale è quella di mantenere il controllo o di reprimere le manifestazioni della tua emotività con il rischio che l’altro possa accorgersi del tuo stato, facendoti sentire ancora più inadeguato. E perciò metti in atto un tentativo di apparire disinvolto, finendo, però, con il risultare ancora più impacciato e goffo.
Molte persone, inoltre, fanno uso e abuso di alcol droga o di farmaci per sentirsi protetto e disinibito.

Le controindicazioni delle tentate soluzioni disfunzionali della fobia sociale

Perché, se vuoi uscire dalla fobia sociale, dovresti smettere di mettere in atto queste tentate soluzioni disfunzionali?

Perché quando cerchi di proteggerti ti poni nei confronti degli altri in modo diffidente, creando in loro una reazione che conferma il giudizio o la reazione negativa altrui. E’ così che, involontariamente, modifichi i tuoi rapporti sociali. Gradualmente aumenti l’isolamento sociale, rendendoti sempre più incapace di relazionarti con gli altri. Ogni forma di contatto, viene vissuta come rischiosa.  Il terrore scatta in quelle situazioni in cui ti senti sotto osservazione, vivendo così in una costante vigilanza.

Spesso rimandi il coinvolgimento in interazioni sociali, nella speranza, nel frattempo, di imparare ad affrontarle al meglio. Ma questo rimandare impedisce proprio l’esposizione a quelle situazioni che ti permetterebbero di superare la paura da un lato, e dall’altro di migliorare nelle tue capacità relazionali. Il circolo vizioso che ne consegue costituisce l’ossatura del problema e, in altre parole, non fa che aumentarne la gravità.

Dr Flavio Cannistrà

Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy

co-Direttore dell’Istituto ICNOS

Terapia Breve

Terapia a Seduta Singola

Ipnosi

Bibliografia

Nardone, G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Milano: Ponte alle Grazie.