Chiuso per Workaholic: come staccarsi dalla dipendenza dal lavoro

Il Covid, come ogni difficoltà, ci ha arricchiti e ci ha impoveriti, ci ha dato e ci ha tolto. Tanto stress, tanta paura, ma anche tanta resilienza e tante risorse. Tra queste lo smart working. Alcuni lo hanno abbandonato, per tornare in presenza, altri invece lo usano ancora, altri hanno completamente stravolto la loro attività lavorativa mediante questo strumento. Ma perché ti parlo di ciò in un articolo inerente il workaholic?

Perché questa prezioso strumento, come ogni strumento, ha pro e contro. Con le nuove tecnologie, ancelle dello smart working, svanisce il luogo di lavoro che creava il distacco tra la sfera lavorativa e quella personale e familiare. PC, smartphone e tablet, perennemente connessi alla rete, permettono a chiunque di poter lavorare sempre e dappertutto, di essere aggiornati e informati in tempo reale. Il giorno diventa la notte, la notte diventa il giorno, lavoro e tempo libero s’intrecciano creando confusione.

La propria casa, luogo deputato al riposo e alle relazioni affettive, con l’e-work, diventa un surrogato dell’ufficio e tutto ciò può divenire un terreno fertile per far fiorire il workaholic: problematica che ho ampiamente descritto nell’articolo “Lavorare per vivere, non vivere per lavorare: cos’è il Workaholic”. Per questo oggi, attraverso le Terapie Brevi, voglio illustrarti una via per smettere di “portarsi il lavoro a casa”.

Come si comporta un workaholic?

I workaholic risultano sempre indaffarati, non delegano compiti ad altri, sono perfezionisti e credono che il loro modo di agire sia comunque il migliore. Sono ossessionati dal lavoro, lo pensano e rimuginano di continuo, cercano di controllare ogni situazione, sono impulsivi e agiscono in termini compulsivi, cioè spesso senza riflettere sulle conseguenze per sé e per gli altri. Tendono a fare delle vere e proprie “abbuffate di lavoro” extraorario, senza pause, anche se si sentono stanchi, non chiedono mai permessi di uscita né fanno assenze, anzi, usano al minimo le ferie o, dopo una malattia, rientrano al lavoro quando ancora sono convalescenti.

Si ha un peggioramento della soddisfazione familiare, con persistenti conflitti coniugali, rapporti disfunzionali con i figli e una difficoltà nel trovare un accettabile equilibrio tra lavoro e vita privata. Dal punto di vista personale, i principali esiti negativi consistono nell’aumento del burn-out, in una riduzione dell’appagamento per la vita in generale, nel peggioramento delle condizioni psicofisiche e dell’equilibrio emotivo.

I valori del lavoro rinforzati e introiettati come guida su ciò che è giusto o sbagliato possono assumere una centralità eccessiva, divenendo credenze distorte sui propri doveri che sostengono anche rischiosi eccessi di coinvolgimento lavorativo. Infatti nella nostra società si è spinti a lavorare molto per potersi permettere un tenore di vita adeguato e l’individuo viene sempre più definito per quello che fa, più che in base a ciò che è. Il fare e il lavoro divengono parte integrante della nostra identità e meccanismi di approvazione sociale.

Riposati: un campo che ha riposato dà un raccolto abbondante

Il workaholic dicventa una trappola quando si perde il controllo sulla propria attività lavorativa, non si riesce più a darsi delle regole, ad accettare dei limiti, ma si spinge il livello sempre più in alto, convinti di poter fare sempre di più. Ci si porta il lavoro a letto, in vacanza, non riesce a stare senza il lavoro. Qualsiasi attività si tramuta in lavoro, anche il gioco e il relax. Per far fronte a questo, mediante l’aiuto delle Terapie Brevi, si possono trovare delle strategie utili per disimpegnarsi dal lavoro. Inoltre, si può aiutare la persona a trovare modi per tornare a relazionarsi con la famiglia e con gli amici, gestendo meglio il tempo a disposizione.

Come già detto, un workaholic potrebbe non rendersi conto del proprio problema. Inoltre, potrebbe ben mascherare la sua dipendenza con l’ambizione, ma c’è sempre quella vocina di consapevolezza che ti mostra quello spicchio di “realtà”, che ti lascia percepire che forse stai danneggiando la tua salute e le tue relazioni. E allora, in questo caso devi prendere il cambiamento seriamente. Se necessario, considera la possibilità di ricevere aiuto per imparare abilità migliori per bilanciare la tua vita. Perché nella vita, come nel lavoro, è il voler andare veloci che finisce per rallentare. Come affermava Napoleone Bonaparte, “Vado piano perché ho fretta”.

“Bisogna conceder riposo alla mente, perché dopo si ritrovi più rinfrancata e vivace” diceva Seneca, gestire l’irrefrenabile bisogno di fare, concedendosi il lusso di prendersi del tempo, imparando ad andar piano, al fine di valutare adeguatamente più prospettive e magari godendosi anche la vita può essere un’ottima soluzione. Fare meno per fare più e meglio, questo può rappresentare l’obiettivo di una buona terapia, basata su questa problematica.  Perché in fondo “Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero” (Aristotele).

Dr Flavio Cannistrà

Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy

co-Direttore dell’Istituto ICNOS

Terapia Breve

Terapia a Seduta Singola

Ipnosi

Bibliografia

Di Nuovo, S., Santisi, G. (2011). Che stress al lavoro. In Psicologia Contemporanea, n. 223.

Giovannone, M. (2010). I rischi psicosociali: un focus sullo stress lavoro-correlato.

Portelli C. &  Papantuono M., (2017). Le nuove dipendenze. Riconoscerle, capirle, superarle. San Paolo Edizioni.

Smart, A. (2014). In pausa. Come l’ossessione per il fare sta distruggendo le nostre menti. Milano: Indiana.

Strøbæk, P.S. (2013). Let’s Have a Cup of Coffee! Coffee and Coping Communities at Work. In Symbolic Interaction, vol. 36, 3.