Perché penso troppo? Le Terapie Brevi rispondono

È meglio cambiare lavoro o tenere questo? Sarà meglio questa decisione o l’altra? Pillola blu o pillola rossa? Scommetto che almeno una volta nella vita ti sarà successo di trovarti ad un bivio e non avere la più pallida idea di quale strada imboccare…con il risultato di rimanere impantanato e fermo con i tuoi pensieri ingarbugliati. Pensare non è un reato e, d’altronde, nemmeno un problema, ma ci sono momenti in cui i pensieri possono diventare problematici.

Sto parlando dei pensieri ricorrenti ed ossessivi. Hai presente quando ti pizzica una zanzara e fai di tutto per non grattarti…ma alla fine non ci riesci? Ecco… i pensieri ricorrenti ed ossessivi funzionano allo stesso modo. Perché, fondamentalmente, la differenza tra pensieri standard e pensieri ricorrenti ed ossessivi sta nel fatto che i secondi sono pensieri, impulsi o immagini, intrusivi, ricorrenti e persistenti, accompagnati da ansia e disagio marcati che s’inseriscono nel flusso dei pensieri in modo involontario ed incontrollato. Il contenuto dei pensieri ossessivi viene vissuto come contrario alla personalità e al modo d’essere della persona, che tenta di resistervi o di neutralizzare i pensieri con altri pensieri o azioni, cioè le compulsioni.

A volte tali pensieri sono come un vento fragoroso, che invade le tue giornate col suo frastuono e rende quasi irriconoscibile qualunque altro pensiero, come quando una persona ti chiama e tu, pur vedendola, non riesci a distinguere ciò che dice, impedito dal rimbombo di quell’unico, continuo pensiero. Ma perché accade ciò? Oggi proverò a rispondere a questa domanda avvalendomi dell’aiuto delle Terapie Brevi.

Quando pensare diventa un’ossessione

A prescindere da quale sia la forma che assume il pensiero ossessivo, una cosa è sicura: è fondamentale liberarsene, perché in questo modo non puoi continuare. Vuoi sapere perché? Ti spiego come funziona il pensiero ossessivo: hai un problema (che ti dà da pensare), tenti una soluzione (ci pensi ancora di più) e il pensiero… diventa ossessione. Quel pensare al pensiero, quel rispondere, è esattamente ciò che mantiene in vita il pensiero stesso. Si forma un circolo vizioso, in cui ti trovi di fronte a un pensiero innescato da qualunque cosa – un problema, o una difficoltà, o magari un nonnulla – a cui tu rispondi con un altro pensiero: rispondi al pensiero pensando. Ma quel pensare al pensiero, quel rispondere, è esattamente ciò che mantiene in vita il pensiero stesso.

Quindi se vuoi sapere in che modo quel pensare è diventato un’ossessione la risposta sta nel fatto che ormai tutto ciò si è trasformato in un’abitudine. Un’abitudine, che, come ogni abitudine, è molto difficile smettere di punto in bianco. È come un braccialetto o una collanina che hai portato per tanto tempo, tutti i giorni e che ogni giorno andavi a stuzzicare e toccare e sistemare: appena tolto il braccialetto, ti verrà ogni tanto di andare a toccare il polso, o la caviglia, dov’era fino a poco prima. Così accade con il pensare.

Solitamente quello che succede è che arriva il primo pensiero. E su questo non ci puoi fare molto. È un’abitudine, l’abbiamo detto. Non puoi bloccare il primo pensiero: quello arriva e basta. Ma puoi bloccare il secondo. E, se non ci sei riuscito, puoi bloccare il terzo. O il quarto. O fosse anche il quinto o il sesto. C’è sempre un pensiero che puoi bloccare. E da lì puoi bloccare la compulsione. Perché un’abitudine non più messa in atto, è una nuova abitudine: smettere di pensare ossessivamente. Nel mio articolo “Come smettere di pensare troppo? Strategie dalle Terapie Brevi” ti spiego come riuscirci.

A volte un dubbio equivale a un diamante: è per sempre.

Quasi sempre i pensieri si manifestano sotto forma di dubbi e, si sa che, uno dei peggiori nemici di noi stessi è proprio il dubbio. Infatti, se non sai come dissiparlo, come sciogliere i suoi artigli di nebbia, finirà per soffocarti, e per non lasciare spazio nella tua mente, e nella tua vita, a nessun altro pensiero. Ma quali sono le forme più comuni del dubbio?

Giorgio Nardone ha dedicato un libro all’argomento: Cogito ergo soffro. Il libro è alla portata di tutti e centra un punto strategico: il dubbio come forma comune di sofferenza moderna. Cosa significa? Che pensare troppo fa male, un male di cui oggi soffre una moltitudine di gente. Nel libro vengono identificate 5 tipologie di dubbio patologico:

  1. L’iper-razionalizzazione: rientrano in questa categorie le persone che, in virtù del dubbio su cosa sia giusto o sbagliato fare, non riescono più ad agire. Cerchi di analizzare un fenomeno da più punti di vista, magari arrivando anche a conclusioni corrette e a scelte idonee, eppure questo non basta: trovata una possibile soluzione ecco che naufraghi su un’altra possibilità: “Eppure si potrebbe fare anche così…”. Non c’è porto in cui il tuo pensiero riesca a fermarsi, finché ti blocchi quasi del tutto incapace di fare la scelta “giusta”.
  2. La perversione della ragione: dove per “perversione” si intende l’esasperazione di un’attività normale: il ragionamento. In questa categoria rientra chi utilizza il rigore logico fino al logorio mentale: si cerca cioè di usare la ragione per spiegare l’irragionabile, cioè ciò che non può essere ragionato. Un esempio: “Lo amo o no?”, oppure “Sono omosessuale?”. In casi come questi non si può trovare una risposta razionale, poiché quel tipo di risposta attiene solo ai sensi e all’esperienza.
  3. L’inquisitore interno: qui rientrano quelle persone il cui dubbio costante riguarda il senso di colpa, reale o immaginario. La persona è vittima di un inquisitore che lo inchioda alle sue colpe, passate o future: “Se solo avessi fatto diversamente… Facendo così ho rovinato per sempre la sua vita… Come ho potuto non accorgermi di…”. Dubbi simili sono perpetui colpi che la mente autoinfligge a se stessa, straziando i pensieri della vittima. Nei casi più gravi, questi possono essere i pensieri che più affliggono alcune persone a rischio suicidio.

  4. Il persecutore interno: una forma diversa dalla precedente è quella di chi è assillato da continui pensieri del tipo: “Non ce la posso fare… Non sono capace… Non sono abbastanza bravo… Non me la sento…”. Come descritto in Cogito ergo soffro, il persecutore interno è quel dubbio che fa sentire costantemente “sbagliati”; o, in altri termini, “non abbastanza”: non sei abbastanza bravo, abbastanza bello, abbastanza capace, abbastanza preparato, abbastanza estroverso, abbastanza… Il persecutore ti pone in uno stato di continua incertezza e il fatto di andare a cercare prove razionali per sconfiggere questo dubbio irrazionale non è altro che un tentativo destinato al fallimento: come diceva Sally Kempton, è difficile vincere il nemico quando ha avamposti nella tua testa.
  5. Il sabotatore interno: il sabotatore è colui che dice: “Hai fatto male”. Puoi fare, provare, persino riuscire, ma tanto ti dirai che non hai fatto bene, che non era la cosa giusta, che avresti dovuto agire diversamente. Anche qui c’è una ricerca di sicurezza, una ricerca destinata al fallimento: sono rare le situazioni in cui riesci ad essere certo di aver agito per il meglio. E anche quando questo tipo di persona ha successo in un’attività, il sabotatore mette in risalto il fatto che avrebbe potuto agire ancora meglio, producendo comunque un costante senso di insoddisfazione. Queste persone a volte possono persino essere scambiate per depressi.

Le categorie riportate sono degli espedienti descrittivi, servono cioè a dare un’idea, ma in effetti identificano delle forme di dubbio patologico piuttosto comuni e le tentate soluzioni disfunzionali, che le tengono in vita. Per questo la Terapia Breve è particolarmente indicata per bloccare i pensieri ossessivi, perché fin da subito ti aiuta ad interrompere le tentate soluzioni.

Dr Flavio Cannistrà

Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy

co-Direttore dell’Istituto ICNOS

Terapia Breve

Terapia a Seduta Singola

Ipnosi

Bibliografia

Nardone, G., De Santis, C. (2011). Cogito ergo soffro. Quando pensare troppo fa male. Milano: Ponte alle Grazie.