Ti faccio passare una brutta mezz’ora

“Tu non temi la morte. Credi che questo ti renda forte, ma ti indebolisce”

“Perché?”

“Come puoi muoverti più veloce possibile, lottare il più a lungo possibile, senza la più potente spinta dello spirito: la paura della morte?”.

Questo dialogo, tra un saggio detenuto cieco e Bruce Wayne, è contenuto nel film “Il ritorno del cavaliere oscuro” di C. Nolan. Il detenuto spiega come il non avere paura, anziché rinvigorire, indebolisce. Infatti la paura è la più potente spinta dello spirito.

Anche gli antichi Sumeri avevano inciso su una tavola questo motto: “la paura guardata in faccia si trasforma in coraggio, la paura evitata diventa timor panico”.

Evitare: un istinto naturale

In natura, quando gli animali si sentono minacciati da un pericolo, possono reagire in tre modi diversi. Lo affrontano combattendo. Fuggono il più velocemente possibile. Si paralizzano.

L’evoluzione ci ha permesso di attuare gli stessi comportamenti anche all’interno della nostra specie.

Non è un caso che in Italia, secondo le ultime statistiche, gli ansiolitici risultino la tipologia di farmaci più richiesti sul mercato. Sono facilmente reperibili e con poche controindicazioni, ma soprattutto sembra che, apparentemente, respingano le orribili sensazioni provocate dall’ansia.

D’altronde la reazione più istintuale e lineare è quella di evitare ciò che ci spaventa. Un’ottica molto sillogistica “dato che ho paura, allora scappo” oppure “dato che ho paura, allora evito”. Istintivo, lineare ed ancestrale. Lo fanno anche nel mondo animale, no?

Anche se ci sono delle specie paradossali: quelle che combattono. D’altronde per combattere serve quasi sempre una strategia. Questo vale anche quando si lotta contro un nemico invisibile: la paura.

Per avere coraggio è necessario avere paura

E’ chiaro che bisogna combattere, ma il buio della paura è un acerrimo nemico.

Il buio, a volte, fa così paura che non si ha nemmeno il coraggio d’accendere la luce. Pertanto non ti chiederò di accendere la luce, ma di rimanere al buio, tra i tuoi incubi, tra i tuoi demoni, tra le tue peggiori fantasie…

La peggiore fantasia è una tecnica della Terapia Breve, che si applica sia per le sensazioni di ansia, sia per le situazioni che intimoriscono e spaventano. A prescindere dal campo in cui essa viene usata, questa tecnica si basa sul principio che evocare volontariamente ciò che spaventa ti può permettere di annullarlo, seguendo una logica paradossale.

Ti chiedo pertanto che, tutti i giorni, a un’ora precisa dopo pranzo, tu prenda una sveglia e la regoli a suonare mezz’ora più tardi… Nel corso di questa mezz’ora, mettiti comodo, sdraiati o siediti su una poltrona, ed evoca volontariamente tutte le tue peggiori fantasie rispetto al problema… Rimani in questo stato per tutta la mezz’ora, lasciandoti andare a ciò che ti verrà da fare: se ti viene da piangere, piangi, se ti viene da urlare, urli… Non appena suonerà la sveglia, stop, è finito tutto… Ti andrai a lavare il viso e riprenderai la tua usuale giornata”.

Si pensa sempre agli opposti per neutralizzare: più e meno, luce e tenebra, fuoco ed acqua. A volte funziona, ma a volte solo “aggiungendo legna si spegne il fuoco”.

Bibliografia

Nardone, G. (2013). Psicotrappole. Milano: Ponte alle Grazie.

Nardone, G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Milano: Ponte alle Grazie.

Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi

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