Perché le coppie litigano?
Adulteri, gelosie, fiducie spezzate o vere meschinità: ebbene, questi non sono i motivi principali.
Certo, una buona dose di situazioni estreme, per non dire drastiche, bussa non poche volte allo studio dello psicologo, ma il primo posto in fatto di problemi di coppia che un consulente specializzato si trova ad affrontare va a un’altra categoria: i problemi di comunicazione.
In realtà quando una coppia* arriva da te difficilmente esordisce dicendo: “Dottore, mio marito ed io abbiamo un problema di comunicazione”. Al massimo, benché comunque rara, è più probabile un’affermazione del tipo: “Dottore, mio marito ha un problema di comunicazione”. E se non fosse non sono gli uomini, ma le donne, ad essere più sensibili e inclini a rivolgersi a uno psicologo, potremmo pensare a un’ulteriore introduzione del tipo: “Dottore, mia moglie ha un problema“.
La verità è che se nello scorso articolo ho spiegato Qual È Il Tuo Obiettivo?, ancora più decisiva è la capacità di saper definire il proprio problema. Compito, questo, che spetta in buona parte a noi psicoterapeuti.
Dopotutto se sapessimo con precisione qual è il nostro problema (attenzione: non le sue cause, ma il suo funzionamento) sarebbe molto più facile poterlo risolvere, no?
«Certo, ma cosa centra questo con la comunicazione di coppia?»
Centra, perché come detto il problema nelle coppie spesso è proprio una comunicazione problematica o addirittura disturbata e disfunzionale, problema che però non viene visto: vengono viste le urla, gli strilli, le minacce, le fughe dai genitori, lo stress, la mancanza di sesso… Eppure è qualcos’altro che produce questi problemi.
«Come lo sai?»
Lo so grazie alla soluzione.
«Cioè?»
Vedere diverse coppie ti permette di comprendere velocemente quali possano essere le problematiche sottostanti. Nessuno, però, ha la palla di vetro: d’altronde ogni coppia è a sé. Quando però vedo una coppia che, a mio parere, ha un problema che riguarda principalmente il modo in cui comunica (posto che, come detto, ci sono coppie che hanno altri evidenti tipi di problemi), la cosa che faccio è dargli delle indicazioni per ristabilire in breve tempo la comunicazione tra loro.
Se il problema è effettivamente quello, già dalla seduta successiva ci sarà un miglioramento notevole, a volte addirittura una completa risoluzione, e nella maggioranza dei casi in poche sedute (mediamente 3 o 4) il problema diverrà solo un vecchio ricordo: la nuova comunicazione funzionale è stata ristabilita e la coppia riesce ad affrontare insieme problemi, difficoltà, sfide e nuovi impegni.
Ecco perché “la soluzione spiega il problema”: se si tratta di un problema di comunicazione, andando fin da subito a ristabilire dei ponti comunicativi sani e funzionali, la coppia risolverà nel giro di pochissimo i propri problemi, anche quelli “secondari” per i quali si era presentata originariamente da me.
Ma se il problema è spesso la comunicazione, cosa può iniziare a fare da subito ogni coppia?
Mettiamola così: se il problema comunicativo è uno di quelli granitici, che dura da tempo, o che magari è rapidamente diventato aspro e conflittuale, allora è probabile che la coppia possa avere poche risorse per risolverlo da sola. Bisogna essere onesti: questo potrebbe essere uno di quei casi in cui è di aiuto uno psicologo.
Ma se il problema è all’inizio, o se magari non è nemmeno ancora un problema, alcuni suggerimenti di comunicazione efficace per la coppia possono funzionare.
Vediamo in particolare 4 comunicazioni da evitare descritti nel libro Correggimi se sbaglio affinché non si generino veri e propri conflitti comunicativi nella coppia:
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- “Te l’avevo detto!”. A chi piace sentirselo dire? A nessuno. Tutti possiamo sbagliare, e a molti capita di farlo più di una volta. Ma ciò che è peggio è quando qualcuno ci ricorda che ci aveva messo in guardia dal possibile errore: così non solo ci sentiremo stupidi per aver sbagliato, ma anche perché eravamo stati avvertiti in partenza! Se un “Te l’avevo detto!” a volte scappa, e altre volte, diciamolo, ‘ci sta tutto’, riflettiamo sul fatto che, in realtà, dirlo non cambierà le cose e, anzi, probabilmente farà solo arrabbiare ulteriormente chi se lo sente dire.
- “Lo faccio solo per te”. Quante cose facciamo solo per lui o per lei? Insomma, non è che ambissimo proprio a stare in casa la domenica con la TV sul derby, o ad andare al cinema per vedere Sex & The City 2, ma l’abbiamo fatto… per lui/lei. Il problema è quando rinfacciamo all’altro di averlo fatto “solo per lui”. A quel punto l’altruismo diviene strumentale, il sacrificio è demagogico, la buona volontà è subdola. Nessuno può esserci grato se, dopo avergli fatto un favore, glielo facciamo pesare. Peraltro a chi ci risponde: “Beh allora non farlo più, se ti pesa tanto”, potremmo dire “Ah bene, è questa la tua gratitudine!”, facendolo impazzire ancora di più in una rete comunicativa paradossale.
- “Lascia, faccio io”. Ancora una volta andiamo a colpire l’errore di qualcuno, ma preventivamente. Se con un bambino è già più giustificabile un atteggiamento del genere (e non sempre, comunque, perché i bambini devono poter imparare dai loro errori, anziché avere sempre qualcuno che li previene), un adulto si sentirà umiliato da chi non gli permette di fare le cose a modo suo, per quanto possano apparirci sbagliate. E seppure la nostra potrebbe essere una buona intenzione, ai suoi occhi (e ai suoi sentimenti) non lo è affatto.
- Puntualizzare, recriminare, rinfacciare, predicare, biasimare. Questi sono tutta una serie di ingredienti velenosi, come li chiama Giorgio Nardone, che non fanno altro che inacidire le comunicazioni e virarle verso la frustrazione e il disprezzo – di certo non verso la stima reciproca e l’amore rispettoso. Possono scappare, sia chiaro, ma stare attenti a evitarli, affinché non punteggino la maggioranza delle vostre conversazioni, è un ottimo allenamento per una comunicazione felice.
Quando tengo dei corsi di comunicazione, che siano per professionisti o aperti al pubblico, sottolineo sempre un punto fondamentale: la comunicazione è come qualunque altra attività, per apprenderla con efficacia occorre allenarla.
Chi mi sente parlare rimane sempre impressionato dal fatto che io non abbia la tipica cadenza romana: questo è stato frutto di un lavoro sulla mia comunicazione iniziato ai tempi dell’università e su cui mi sono applicato costantemente (ovviamente c’è un’eccezione che conferma la regola: prendetemi una sera in compagnia dei miei amici romani e sentirete che cadenza, accento ed espressioni tipiche erano soltanto abilmente state messe da parte).
Allo stesso modo, allenarsi a comunicare in modo diverso richiede attenzione e applicazione. Non anni, sia chiaro! Non per gli obiettivi che ci proponiamo noi, almeno. Soprattutto nei rapporti di coppia possono bastare poche semplici indicazioni (si può partire benissimo da quelle descritte nel libro) per trasformare positivamente la propria relazione.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia
Per approfondire:
Gulotta, G. (1997). Commedie e drammi nel matrimonio. Milano: Feltrinelli.
Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Strategie comunicative per appianare i conflitti nelle relazioni di coppia. Milano: Ponte alle Grazie.
*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.