“What Is Love. Baby Don’t Hurt Me. No more” cantava nel 1993 Haddaway. L’Amore: sentimento misterioso e senza tempo, che, forse, più di altri riesce a mettere in moto bisogni, fantasie, credenze, convinzioni… L’ idea che abbiamo dell’amore può nascere sia dal proprio modo di vedere la realtà sia del contesto culturale in cui si vive. Insomma, qualcosa di davvero potente…
Così potente che, quando cessa, può far sperimentare alla persona, che subisce la scelta del partner di porre fine alla relazione, la sensazione di cadere in un abisso in cui i progetti fatti assieme sfumano, un abisso in cui quel che rimane è un presente doloroso e inaccettabile.
Dov’è la presunta bellezza dell’inizio quando ci scontriamo con l’immediata concretezza della fine? Il mondo in cui vivevamo fino a ieri ci appare oggi sconosciuto e straniero, e stranieri e sperduti ci sentiamo noi. Ansia, angoscia, vuoto, tormento sono le emozioni che ci accompagnano.
Possibile che la rottura di una relazione porti questo? E perché? Cerchiamo di capirlo con la Terapia Breve.
Vivere il “lutto” per elaborarlo
Quando sperimentiamo la fine di una relazione viviamo un vero e proprio lutto, la perdita di una persona e di una parte di sé. Molti autori ne hanno studiato il percorso, tra questi Elisabeth Kübler Ross, medico psichiatra che si interessò a lungo ai death studies e che nel suo libro “La morte e il morire” delineò un percorso a cinque fasi di elaborazione del lutto per i malati terminali.
Forse ti starai chiedendo cosa c’entrino le due cose insieme. In effetti, ciò che si è visto è che anche la fine di una storia d’amore porta a vivere delle fasi di elaborazione simili: è pur sempre una perdita.
Sappiamo coscientemente che la persona che ci ha abbandonato è ancora viva, ma nel momento in cui non vuole saperne più nulla di noi, in realtà è come se per noi fosse in qualche modo “morta”. Pertanto questo aspetto di sofferenza, che deriva da questo lutto, va considerato e trattato esattamente come se fosse un lutto vero e proprio: in buona sostanza dobbiamo concederci il tempo necessario per metabolizzare l’evento.
Lao Tse diceva: “Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo la chiama farfalla”. Ma in certe fini, come quelle relazionali, facciamo fatica a staccarci dal passato per librarci nel futuro. Essere abbandonati dalla persona amata è estremamente doloroso, anche quando una relazione non è serena ed entrambi i partner sono consapevoli che qualcosa non funziona come dovrebbe.
Anche persone decisamente resilienti, cioè in grado di resistere agli urti della vita e che hanno dimostrato ampiamente di essere in grado di superare dure prove, spesso soccombono di fronte alla fine di un amore.
Capire le fasi della fine di una relazione per superare la fase
Per elaborare una perdita, mediamente, sono necessari almeno sei mesi. Non possiamo pertanto pretendere dopo pochi giorni dalla rottura di star bene e di ricominciare a fare tutto ciò che facevamo prima con la stessa spensieratezza. Siamo costretti necessariamente ad attraversare questo dolore, che in genere si sviluppa nelle seguenti cinque fasi esattamente come lutto:
1) quella di rifiuto e della negazione, il rifiuto del nuovo stato. Quel mondo costruito insieme sembra scomparire: com’è possibile abbandonarlo dall’oggi al domani, trovarsi negli stessi luoghi ma da soli? Le aspettative, i progetti, i sentimenti… tutto cancellato come gesso dalla lavagna, come se un terremoto facesse crollare ogni cosa costruita assieme.
2) quella della rabbia, a volte si rivolge contro tutto e tutti, altre volte la scagliamo contro chi ci ha lasciato, altre volte la indirizziamo verso noi stessi, divenendo in un solo colpo vittima e carnefice, aggredendoci o ritirandoci da tutto. In ogni caso la rabbia, il veleno, l’angosciosa aggressività va fatta defluire, spurgata, ripulita: scrivere ogni giorno di tutta l’ira che sentiamo dentro è uno dei tentativi per prenderne distacco.
3) lo stadio del patteggiamento e contrattazione, “Cosa avrei potuto fare? Cosa posso fare ora, per riparare?” “Se solo…” ed “E se…” diventano i nostri tarli. Ma non possiamo scendere a patti con la realtà, con lo scorrere delle cose. Così rimaniamo nel passato, in ciò che era, in ciò che desidereremmo. Ma il passato non si cambia, mai. Dobbiamo guardare al futuro con gli occhi del presente, perché tutto ciò che facciamo nell’illusione di cambiare il passato ci lega ad esso e non ci lascia proseguire.
4) la fase della depressione, se ora nulla ha senso, vuol dire che un senso dobbiamo trovarlo noi. Spesso in questa fase evitiamo di pensare al passato. Evitiamo i posti che frequentavamo assieme, le cose che facevamo, le persone che vedevamo. Evitiamo tutto, ma più evitiamo più ci manteniamo legati, perché evitare qualcosa è ricordarsi che è sempre lì. Come direbbe Frost: “L’unico modo per venirne fuori è passarci in mezzo”. Questo è il momento per ricordare ciò che c’era di bello. Ricordare può fare male, ma è un dolore che funziona da medicina. Perché una storia non è solo la sua fine: c’è un passato di belle immagini, una galleria di bei ricordi da guardare, da contemplare, da ordinare e a cui tornare per riappropriarsi di ciò che abbiamo saputo costruire.
5) la fase dell’accettazione, torna la vita, la consapevolezza, la comunicazione. Arriviamo finalmente all’accettazione, all’integrazione di questo male che ora non è più oscuro, rischiarato dalla luce alla fine del nostro percorso. Diveniamo l’unica persona indispensabile per noi stessi, ci riappropriamo delle nostre risorse, ci apriamo a nuove esperienze, a nuove sensazioni piacevoli che scacceranno quelle dolorose. Finalmente possiamo alzarci dalle macerie, e riiniziare a costruire.
Quindi, come prima cosa per noi da ricordare è che abbiamo bisogno di tempo e che dobbiamo attraversare tutte queste fasi prima di riuscire ad accettare l’evento, ad archiviarlo e ad impararne qualcosa. Parola chiave, pertanto è pazienza!
La psicoterapia breve strategica è efficace nell’aiutare a superare il dolore provocato dalla fine di una relazione importante, come spiego nell’articolo “Come riuscire a superare la fine di una relazione? Le Terapie Brevi rispondono”. Quando ciò non avviene in maniera naturale, essa, attraverso tecniche mirate a fare in modo che le persone imparino e concedersi il dolore per riuscire a superarlo, può aiutare a collocare il passato nel posto giusto e ricostruire se stesse per rinascere più forti di prima.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Kübler Ross, E. (1976). La morte e il morire. Assisi: Cittadella.
Nardone, G. (2007). Cambiare occhi, toccare il cuore. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. (2003). Correggimi se sbaglio. Milano: Ponte alle Grazie.
Rampin, M. (2008). Il grano e la zizzania. Milano: Ponte alle Grazie.