All’inizio c’eravamo noi. Solo noi. abbiamo deciso di prenderci un po’ di tempo per viverci come coppia. Non ci sentivamo pronti ad avere un bambino, così ci siamo concentrati sulle nostre carriere. Abbiamo viaggiato. Abbiamo sistemato la nostra casa. Gli anni passavano e noi continuavamo a pensare di non essere pronti. Ma forse anche allora, prima ancora di saperlo, noi volevamo che un bambino ci fosse…
Questa è l’esperienza emotiva che molte coppie fanno, da una parte sentire di non essere ancora pronti, dall’altra la voglia di diventare genitori. E’ una sensazione strana ed, in effetti, desiderare un bambino non significa che si è davvero pronti per averne uno.
L’idea di avere un figlio è emozionante, ma al tempo stesso sconvolgente, perché gli equilibri costruiti fino a quel momento possono iniziare a vacillare. Il cambiamento è radicale ed è estremamente importante esserne pienamente consapevoli, per questo con l’articolo di oggi voglio aiutarti, attraverso le Terapie Brevi, a capire se tu ed il tuo partner siete pronti per avere un figlio.
Cercare il momento giusto
A volte un bambino arriva quando meno lo si aspetta, quando la situazione economica ancora vacilla, quando c’è ancora il mutuo da saldare o il contratto indeterminato lontano dalle aspettative. Il desiderio di diventare genitori è qualcosa che spesso irrompe nella vita e nella mente della coppia, anche quando non tutto è perfetto, ma, come il motto “due cuori ed una capanna” non sempre può risultare funzionale, così anche il motto “tre cuori ed una capanna” può lasciare il tempo che trova.
Un bambino non ha solo bisogno di essere coccolato, ha bisogno anche che intorno a lui ci sia stabilità, in primis tra i futuri mamma e papà, ma anche stabilità economica e affettiva, insomma, deve essere accolto da un ambiente sereno e sicuro.
Ma soprattutto un bambino che viene al mondo ha bisogno di essere desiderato fortemente da entrambi i futuri genitori, non solo da uno di essi. Decidere di avere un figlio rappresenta una libera scelta, soggettiva, la quale non può essere dettata dalle pressioni e dalle aspettative degli altri o dal desiderio di accettazione da parte della propria comunità di appartenenza.
Ma con tutte queste premesse quando sarà il momento giusto per diventare genitori? Il momento giusto in realtà non è oggettivo, ma soggettivo. Potrebbe non essere mai il tempo giusto oppure il momento giusto potrebbe essere ora. Il rischio di sbagliare e di sentirsi inadeguati sarà sempre costantemente in agguato.
Non esiste e non esisterà mai un manuale con indicazioni perfette per qualunque situazione, perché ogni genitore e il suo bambino sono unici, con la loro storia, le loro emozioni e con la relazione, che entrambi già dai primi giorni di vita del bambino andranno a costruire, giorno dopo giorno, passo per passo, errore per errore.
Piccoli suggerimenti per favorire la creazione del momento giusto
Come ho appena detto non esiste un “tempo giusto” in senso oggettivo, ma sicuramente possono essere favorite delle predisposizioni per sentirsi all’altezza del ruolo genitoriale che si andrà ad investire.
- Lavorare sulle nostre aspettative di adulti. Le aspettative che un genitore nutre nei confronti del bambino possono essere veramente un’arma a doppio taglio, anche quando esso non è ancora nato, perché da una parte possono aiutare il piccolo a progredire, ma, dall’altra, possono anche bloccarlo drammaticamente. I bambini sono estremamente sensibili a quello che papà e mamma pensano di loro e a cosa si aspettano da loro.
- Insegnare i sentimenti. Se le emozioni, tutte, non vengono vissute, spiegate, se non viene dato loro un nome, i figli crescono in balia di esse e non imparano a comprendere i loro stati d’animo e a trasmetterli. Non riuscendo a riconoscere le proprie emozioni, i nostri giovani non potranno riconoscere nemmeno le emozioni altrui e sviluppare un atteggiamento empatico. Per questo è bene partire da una buona base di conoscenza delle emozioni per poterle trasmettere ai propri figli, ma, soprattutto, durante il percorso di crescita, non smettere mai di riconoscerle ed impararle insieme a loro.
- Cercare di essere adulti capaci di rendere i figli autonomi. Ogni giorno dovremmo creare noi stessi delle piccole sfide per i nostri bambini, che possano permettere loro di migliorarsi e di mettersi un po’ alla prova praticando l’arte dell’impegno. Noi dovremmo fungere da aiuto per andare sempre un po’ oltre. Favorire la loro indipendenza significa anche aiutarli a sviluppare il pensiero critico nei confronti della realtà, un pensiero cioè indipendente e autonomo.
- Praticare l’arte della ristrutturazione. Saper ristrutturare significa saper mettere una nuova cornice a un evento, guardare una cosa con lenti diverse, più positive. Far crescere bambini rendendoli capaci di ristrutturare significa preparare un buon terreno per lo sviluppo di adulti resilienti.
- Prediligere una “terapia indiretta” nel caso si presentino problematiche o disturbi. Da un punto di vista strategico, la maggior parte delle difficoltà presentati dai figli possono essere superati facilmente, guidando i genitori a intervenire in modo opportuno. Infatti, di norma, l’intervento strategico si basa sul ruolo attivo delle figure genitoriali nel processo di soluzione e superamento dei problemi dei figli. I genitori diventano veri e propri “co-terapeuti” che, supervisionati dal professionista, agiscono in modo efficace e guidano il figlio verso la risoluzione del problema presentato.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Giannotti E., Nardone G., Rocchi R., Modelli di famiglia, Ponte alle Grazie, Milano, 2001.
Nardone G., Aiutare i genitori ad aiutare i figli, Ponte alle Grazie, Milano, 2002.