Casi clinici: le perdite dell’idraulico alle slot e la sua vincita nella vita

Quando vinciamo al gioco d’azzardo, il cervello rilascia una sostanza chimica chiamata dopamina, che provoca sensazioni di piacere. Ma quando giochiamo spesso, il nostro cervello si abitua alla dopamina e questa sensazione piacevole legata alla vittoria diventa sempre più difficile da raggiungere. Insomma, una vera e propria assuefazione.

Nei miei articoli “Non ti azzardare: cos’è la ludopatia?” e “Il gioco è bello quando dura poco: uscire dalla ludopatia”, ho ampiamente parlato del fenomeno della ludopatia e dei meccanismi che il gioco d’azzardo può innescare nella mente umana.

A volte è proprio la pulsione del piacere, che il gioco d’azzardo innesca, a mantenere e ad incrementare il problema. Un piacere così adrenalinico, che cancella completamente le relazioni sociali, le altre passioni e gli altri interessi, com’era successo al paziente del caso clinico che voglio raccontarti. Paziente che, dopo una serie di perdite, è finalmente riuscito a vincere grazie alle Terapie Brevi.

Aumentare le giocate per ridurre le perdite

Entra in studio un uomo* di circa 50 anni, che di mestiere faceva l’idraulico per una ditta. Insieme a lui viene anche sua madre, che lo aveva trascinato in preda alla disperazione, dato che il figlio frequentemente, pur non avendo un’abitudine quotidiana, spendeva un sacco di soldi alle slot machine.

L’uomo, infatti, ogni volta giocava una grande somma, non proporzionale né al suo reddito né a garantirgli la sopravvivenza economica per il resto del mese, in caso di perdita, come avveniva solitamente.
La madre, esasperata da questa situazione, puntualmente lo rimproverava, innescando ancora di più il comportamento disfunzionale di suo figlio, che quasi in maniera sfidante continuava a fare l’ennesimo tentativo di vincita, per dimostrarle il contrario.

Per tale ragione decido di dare alla madre una congiura del silenzio, ovvero le chiedo di cessare sia di parlare del problema, sia di rimproverarlo qualora lui mettesse in atto il solito comportamento. A lui invece chiesi di continuare a spendere tutti i giorni 5 euro alle slot, gli chiesi, quindi di incrementare il problema per ridurlo. Infatti la frequenza della sua dipendenza dalle slot non era quotidiana, ma io lo invitai a renderla tale ed inoltre aggiunsi che l’episodio doveva verificarsi, tutte le volte, in presenza della madre.

L’all in dell’idraulico

Dopo due settimane madre e figlio tornano in seduta, il figlio aveva tassativamente eseguito il compito, ma ammise, implorandomi: “Dottore io delle volte non volevo nemmeno spenderli quei 5 euro, ma lei mi hai detto di farlo per forza ed inoltre anche mia madre mi obbligava a farlo, però io non vorrei più farlo”.
In maniera paradossale, da bravo strategico, l’ho invece esortato a continuare, ma dandogli un’opzione di scelta: di farlo o di non farlo. Qualora avesse deciso di farlo, avrebbe dovuto farlo con sua madre, qualora invece non lo avesse fatto, avrebbe dovuto mettere da parte quei soldi, che avrebbe destinato, ogni fine settimana, ad un regalo per sua madre.

Il paziente diminuì la frequenza delle giocate alle slot e riuscì a mettere qualche soldo da parte, riuscendo addirittura a portare più volte sua madre a cena fuori. Il suo comportamento disfunzionale era quindi ridotto, seppur non azzerato, ma c’era ancora qualcosa da fare: ricostruire la sua vita, perché questa persona non aveva una vita. I suoi “amici” erano limitati ai colleghi di lavoro e alle persone nella sala slot, dato che la sua vita era stata fino a quel momento un pendolo oscillante tra il lavoro, la sala slot e la tv. La sua era una vita senza piaceri, quindi ho continuato a fargli scegliere tra le due opzioni precedenti riguardo alla decisione di giocare alle slot: farlo o non farlo. Qualora avesse deciso di farlo, avrebbe dovuto farlo con sua madre, qualora invece non lo avesse fatto, avrebbe dovuto mettere da parte quei soldi, ma stavolta non per fare un regalo destinato a sua madre, ma a se stesso. Mi disse, da subito, che non aveva la minima di idea di cosa comprare per se stesso, allora gli dissi che lo avrebbe aiutato sua mamma.

Dopo altre due sedute lui ridusse sempre di più la sua frequenza alle slot, per quanto invece riguardava gli auto-regali, gradualmente iniziò, attraverso i regali a capire quali fossero le cose che davvero gli piacevano e che lo gratificavano. Proprio questa progressiva gradualità fece sfumare il problema del gioco d’azzardo e il percorso terapeutico si concluse con una grande vincita: la ripesa in mano della sua vita, finalmente contornata di nuovi piaceri funzionali al suo benessere psicologico.

Dr Flavio Cannistrà

Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy

co-Direttore dell’Istituto ICNOS

Terapia Breve

Terapia a Seduta Singola

Ipnosi

Bibliografia

Nardone, G. & Cagnoni, F. (2002). Perversioni in rete. Le psicopatologie da internet e il loro trattamento. Milano: Ponte alle Grazie. 

Patrizi, P. & Bussu, A. (2005). Giocare d’azzardo. Significati sociali e ragioni soggettive. In Psicologia & Giustizia, VI, 2.

Portelli C. &  Papantuono M., Le nuove dipendenze. Riconoscerle, capirle, superarle. San Paolo Edizioni, 2017

Toneatto, T. (2015) Single-session interventions for problem gambling may be as effective as longer treatments. Addictive Behaviors, 52, 58–65.

*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.