L’ennesima notizia di una persona giovane che muore, quando chiedi com’è morta ti rispondono a causa del male del secolo: il cancro. E in te sale una doppia angoscia: una per il dolore di una vita strappata ingiustamente, brutalmente e precocemente ed un’altra perché pensi al tuo futuro infausto, immaginando lo stesso destino ed iniziando a percepire già i primi sintomi.
Ci immedesimiamo un po’ tutti in queste notizie, non è una brutta cosa, vuol dire che mostriamo empatia, ma chi ha la fobia delle malattie lo fa spesso, troppo spesso, fino a farlo diventare una vera e propria ossessione.
Per questo oggi voglio raccontarti un caso tratto dal mondo delle Terapie Brevi, contenuto nel libro di Nardone “Oltre i limiti della Paura”.
L’ipocondriaca alla ricerca della malattia
Una signora sulla cinquantina entrò nello studio, e ancor prima di sedersi cominciò a parlare con un eloquio che ricordava le cascate del Niagara. Ella, infatti, espose verbalmente e non verbalmente, in quanto smanettava e gesticolava mentre parlava, il suo disturbo come a volerlo gettare tutto addosso a chi la ascoltava. La sua patologia era una classica forma di fissazione ipocondriaca, focalizzata sul terrore di ammalarsi di cancro. Questo disturbo era apparso in conseguenza, lei riferiva, all’aver accudito fino alla morte il padre, ammalato per l’appunto di una forma terminale di tumore.
Da allora la paziente era entrata in uno stato di preoccupazione per la possibilità di avere lei stessa un cancro, e si era quindi sottoposta a tutti gli esami diagnostici del caso, senza per altro rilevare alcunché di patologico nel suo organismo. Ma, come di solito accade in questi casi, ella non era mai soddisfatta degli esami diagnostici e girovagava da uno specialista all’altro alla ricerca di esami diagnostici sempre più sofisticati. Oppure ripeteva lo stesso esame per il timore che non fosse stato realizzato adeguatamente, inoltre, comprava continuamente riviste di informazione medica e leggeva continuamente tutti gli aggiornamenti rispetto allo studio delle varie forme di tumore e la loro terapia.
Come si può ben capire tutto ciò aveva condotto negli anni la donna a vivere attanagliata dalla paura, e ad incrementare in modo esponenziale la sua fissazione ipocondriaca. A tal punto che sembrava che la sua vita fosse costruita tutta intorno a questa fobia. I familiari, lei riferì, erano giunti all’esasperazione poiché anche in famiglia non si parlava di altro che di tumori.
Come interviene, solitamente, un terapeuta nei casi di ipocondria?
Come di consueto, il terapeuta chiese alla signora se sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa per liberarsi dalla sua fobia, lei rispose affermativamente. Il terapeuta cercò da subito di interrompere la sua verbalizzazione con tutti circa la sua paura, dicendole: “In realtà quando lei ne parla per cercare rassicurazione, senza rendersene conto, motivata dalle migliori intenzioni, produce gli effetti peggiori, poiché così facendo complica ulteriormente la sua situazione. Quando ne parla… ne parla… è come se annaffiasse una pianta con uno speciale fertilizzante……, la fa crescere di più. Pertanto vorrei che lei cominciasse a pensare che ogni qual volta parla del suo problema lei lo fa aumentare, così come ha fatto in tutti questi anni. Quindi ciò che le chiedo come prima cosa da fare è quella di costruire intorno al suo disturbo, quella che io definisco congiura del silenzio. Ossia l’interruzione di qualunque conversazione intorno al problema, ciò non le sarà difficile pensando che se ne parla fa peggiorare la sua fobia.” La paziente guardò il terapeuta con gli occhi sgranati e disse: “Dio mio, mi tapperò la bocca!”
Dopo aver così replicato, si passò alla prescrizione fondamentale per questi casi. “Di qui alla prossima volta che la vedo, oltre alla congiura del silenzio, vorrei che lei facesse un’altra cosa: 3 volte al giorno, la mattina appena alzata, subito dopo pranzo e la notte prima di dormire, vada nel suo bagno, si metta davanti allo specchio, ispezioni tutto il suo corpo. Vada alla ricerca di qualunque indicatore preoccupante e lo scriva. In altri termini voglio che lei 3 volte al giorno si faccia un attento check-up e cerchi tutti i sintomi indicatori di una formazione cancerogena nel suo corpo.”
Conclusione
Dopo una settimana, la travolgente paziente entrò nello studio con uno stranamente pacato aspetto, e riferì: “Alla faccia…..! come funziona bene non parlarne! Sa, avevo talmente paura a parlare della mia fobia, dopo aver incontrato lei, che appena sono arrivata a casa ho detto a tutti che da allora in avanti avremo dovuto assolutamente tacere riguardo a ciò. Ma la cosa davvero strana è che io in questa settimana non ho mai pensato ai tumori, alla possibilità di ammalarmi…..e come se tutto fosse svanito.” A tale affermazione il terapeuta replicò: “Beh almeno 3 volte al giorno eseguendo l’altro compitino avrà avuto la sua paura?”. La donna sorridendo rispose: “No, assolutamente no……. Mi veniva da ridere e mi sentivo decisamente stupida……i primi 2 giorni toccandomi sentivo delle sensazioni che li per lì mi preoccupavano ma poi scrivendole il timore svaniva. Ho fatto sempre come lei mi ha detto 3 volte al giorno, ma non ho più avuto alcuna paura, infatti, non ho scritto più nulla.“
“Evocare il fantasma volontariamente per poi toccarlo e farlo svanire” e “sbattere l’erba per far scappare i serpenti” sono i due motti vincenti nei casi di ipocondria.
Il mese dopo la signora tornò tutta rilassata e sorridente ed affermò di aver vissuto molto bene senza alcun problema e che quindi, siccome riteneva di non aver più necessità per se stessa, aveva condotto l’amica a prendere il suo posto per la seduta programmata.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Nardone G., Oltre i limiti della Paura, BUR Rizzoli, 2000.
Nardone, G. (2013). Psicotrappole. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Milano: Ponte alle Grazie.
Watzlawick, P. et al. (1974). Change. Sulla Formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio, 1975.