[Speciale Pensare Troppo]: Il dubbio che tormenta la mente

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[Speciale Pensare Troppo]: La Trappola Dei Pensieri Ripetitivi Come risolvere un dubbio insistente?

A volte un dubbio equivale a un diamante: è per sempre.

A partire da oggi e per tutto marzo scriverò rispetto a un problema diffuso: pensare troppo, e male.

E comincio da quello che è può rivelarsi come uno dei peggiori nemici di noi stessi: il dubbio.

Se non sai come dissiparlo, come sciogliere i suoi artigli di nebbia, finirà per soffocarti, e per non lasciare spazio nella tua mente, e nella tua vita, a nessun altro pensiero.

Ma quali sono le forme più comuni del dubbio?

Cogito ergo soffro libro
Ti interessa il libro? Clicca sull’immagine.

Giorgio Nardone ha dedicato un libro all’argomento: Cogito ergo soffro.
Il libro è alla portata di tutti e centra un punto strategico: il dubbio come forma comune di sofferenza modernaCosa significa? Che pensare troppo fa male, un male di cui oggi soffre una moltitudine di gente.

Nel libro vengono identificate 5 tipologie di dubbio patologico:

  1. L’iper-razionalizzazione: rientrano in questa categorie le persone che, in virtù del dubbio su cosa sia giusto o sbagliato fare, non riescono più ad agire.
    Cerchi di analizzare un fenomeno da più punti di vista, magari arrivando anche a conclusioni corrette e a scelte idonee, eppure questo non basta: trovata una possibile soluzione ecco che naufraghi su un’altra possibilità: “Eppure si potrebbe fare anche così…”.
    Non c’è porto in cui il tuo pensiero riesca a fermarsi, finché ti blocchi quasi del tutto incapace di fare la scelta “giusta”.
  2. La perversione della ragione: dove “perversione” non ha nulla a che fare con “depravato”, “immorale”, “aberrante”, ma indica invece l’esasperazione di un’attività normale: il ragionamento.
    In questa categoria rientra chi utilizza il rigore logico fino al logorio mentale: si cerca cioè di usare la ragione per spiegare l’irragionabile, cioè ciò che non può essere ragionato.
    Un esempio: “Lo amo o no?”, oppure “Sono omosessuale?”. In casi come questi non si può trovare una risposta razionale, poiché quel tipo di risposta attiene solo ai sensi e all’esperienza.
    È un po’ lo stesso che cercare di capire con la ragione il gusto esatto di una pietanza.
  3. L’inquisitore interno: qui rientrano quelle persone il cui dubbio costante riguarda il senso di colpa, reale o immaginario. La persona è vittima di un inquisitore che lo inchioda alle sue colpe, passate o future: “Se solo avessi fatto diversamente… Facendo così ho rovinato per sempre la sua vita… Come ho potuto non accorgermi di…”.
    Dubbi simili sono perpetui colpi che la mente autoinfligge a se stessa, straziando i pensieri della vittima. Nei casi più gravi, questi possono essere i pensieri che più affliggono alcune persone a rischio suicidio.
  4. Il persecutore interno: una forma diversa dalla precedente è quella di chi è assillato da continui pensieri del tipo: “Non ce la posso fare… Non sono capace… Non sono abbastanza bravo… Non me la sento…”. Come descritto in Cogito ergo soffro, il persecutore interno è quel dubbio che fa sentire costantemente “sbagliati”; o, in altri termini, “non abbastanza”: non sei abbastanza bravo, abbastanza bello, abbastanza capace, abbastanza preparato, abbastanza estroverso, abbastanza…
    Il persecutore ti pone in uno stato di continua incertezza e il fatto di andare a cercare prove razionali per sconfiggere questo dubbio irrazionale non è altro che un tentativo destinato al fallimento: come diceva Sally Kempton, è difficile vincere il nemico quando ha avamposti nella tua testa.
  5. Il sabotatore interno: il sabotatore è colui che dice: “Hai fatto male”. Puoi fare, provare, persino riuscire, ma tanto ti dirai che non hai fatto bene, che non era la cosa giusta, che avresti dovuto agire diversamente. Anche qui c’è una ricerca di sicurezza, una ricerca destinata al fallimento: sono rare le situazioni in cui riesci ad essere certo di aver agito per il meglio.
    E anche quando questo tipo di persona ha successo in un’attività, il sabotatore mette in risalto il fatto che avrebbe potuto agire ancora meglio, producendo comunque un costante senso di insoddisfazione. Queste persone a volte possono persino essere scambiate per depressi.

Le categorie riportate sono degli espedienti descrittivi, servono cioè a dare un’idea, ma in effetti identificano delle forme di dubbio patologico piuttosto comuni

Qual è la soluzione?

Il bello è che a volte lo stesso psicoterapeuta inesperto potrebbe cadere in un errore grossolano: dare risposta ai dubbi del cliente.

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Sembra banale, ma l’unico modo per fermare il dubbio è smettere di cercare di rispondergli.

L’unica soluzione possibile è quella di bloccare il circolo vizioso di dubbi & risposte, poiché quest’ultime, da sole, non fanno altro che creare il terreno per il dubbio successivo.

Nella mia pratica di Terapia breve spesso suggerisco un piccolo espediente che il cliente può mettere in pratica tra una seduta e l’altra: quando il dubbio bussa alla porta con una delle sue melliflue domande, anziché rispondere (aprendo così la porta al dubbio e permettendogli d’insediarsi nella tua mente), schiocca le dita, dì il tuo nome e ri-orientati al momento presente.

Ad esempio, nel momento in cui il dubbio irragionevole si affaccia alla tua mente potresti schioccare le dita e dire: “Carla!* Torna qui!”. Un po’ come se ti stessi richiamando, quasi rimproverandoti, dall’andare ad aprire la porta.

Le persone che riescono ad attuare con costanza questo semplice espediente tornano alla seduta successiva con un senso di leggerezza mentale, avendo sperimentato per la prima volta dei felici momenti di “pausa dai pensieri”.

Spezzare il circolo vizioso di dubbi & risposte è il modo migliore per far inaridire il dubbio stesso, privandolo dell’unica fonte che lo tiene in vita: le tue risposte.

Se ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto in più, puoi rivolgerti ad uno Psicologo. Ricordati che puoi usufruire della terapia online, che ha la stessa efficacia di quella dal vivo.

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Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia Seduta Singola

Ipnosi

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Riferimenti bibliografici

Nardone, G., De Santis, C. (2011). Cogito ergo soffro. Quando pensare troppo fa male. Milano: Ponte alle Grazie.

*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.