“E’ possibile che io non capisca che sono un uomo rovinato? Ma perché non potrei risorgere? Basta essere, almeno una volta nella vita, avveduto e paziente, ecco tutto! […] Domani, domani tutto finirà!”. Così Aleksej Ivànovic, protagonista del bellissimo libro Il giocatore di Dostoevskij, riassume una gravosa verità del gioco d’azzardo, anzi, del giocatore d’azzardo.
Nel mio articolo “Non ti azzardare: cos’è la ludopatia?” è stato sottolineato quanto chi ha la dipendenza dal gioco sottovaluti le probabilità. Tuttavia quel dubbio rivestito di speranza che, con insistenza, dice: “Ok, i vincitori sono pochi, ma perché non potrei essere io?”, suona prepotente in ogni giocatore.
Ogni gioco d’azzardo si basa sulla probabilità di vincere o di perdere. La probabilità di perdere è molto maggiore di quella di vincere, di solito di qualche milione di volte: come la differenza di peso tra una formica e un essere umano ad esempio. Ma noi comprendiamo a fatica queste grandezze. Uscire da certi labirinti della mente è difficile, quando ci si trova in questi circoli viziosi, ma con la Terapia Breve non è impossibile.
La “sconfitta” del giocatore d’azzardo
La mente umana si è evoluta in un contesto in cui non era necessario comprendere grandi numeri: la vita era fatta di poche decine di persone, oggetti o cibi. Per questo non siamo in grado di capire le grandezze numeriche connesse ai giochi più comuni in commercio e tendiamo a:
– Sopravvalutare le probabilità di vincere;
– Selezionare i casi di vincita e non confrontarli con il numero di giocatori che hanno tentato e perso;
– Non informarci sulle reali probabilità di vincita di un gioco prima di giocarlo.
Davanti a ciò mi sento di ribadire il concetto che chiunque potrebbe essere il prossimo vincitore, anche tu, ma le probabilità di vincere con un 6 al SuperEnalotto sono solamente una su 622 milioni (per l’esattezza una su 622.614.630, fonte: sito ufficiale SuperEnalotto).
Per farti un esempio, pescando a caso una moneta da un euro in una fila lunga dall’Italia all’Australia, potresti imbatterti nella tua giocata vincente. Ma penso una cosa: quando ci si incastra in certi problemi le chiacchiere servono poco, potrei parlarti per ore ed ore, citando le fonti più note ed illustri per farti comprendere, ma tu sai già tutto questo, e quello di cui hai bisogno è soltanto “una buona mano” per uscire da questo problema.
Quante probabilità ci sono che una sola seduta risolva la ludopatia?
Una singola seduta può essere sufficiente per migliorare in modo significativo i problemi del gioco d’azzardo patologico? E può essere altrettanto efficace quanto i trattamenti più lunghi?
Se lo è chiesto Tony Toneatto, del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Toronto (Canada), che ha condotto una ricerca approvata dal Research Ethics Board del Center for Addiction and Mental Health, e che è stata poi pubblicata nel 2016 su Addictive behaviors, con il titolo “Single session interventions for problem gambling may be as effective as longer treatments: Results of a randomized control trial”.
Grazie a questo studio si è osservato che l’efficacia del trattamento era la stessa per ognuno dei quattro gruppi, testati con approcci terapetutici differenti. Questo significa che i partecipanti del gruppo di terapia in una sola seduta hanno percepito il trattamento efficace e utile come gli individui che avevano ricevuto uno dei trattamenti più lunghi. Ci stai ancora pensando? “Giocati” questa possibilità, per essere finalmente libero dalla schiavitù del gioco.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Nardone, G. & Cagnoni, F. (2002). Perversioni in rete. Le psicopatologie da internet e il loro trattamento. Milano: Ponte alle Grazie.
Patrizi, P. & Bussu, A. (2005). Giocare d’azzardo. Significati sociali e ragioni soggettive. In Psicologia & Giustizia, VI, 2.
Portelli C. & Papantuono M., Le nuove dipendenze. Riconoscerle, capirle, superarle. San Paolo Edizioni, 2017
Toneatto, T. (2015) Single-session interventions for problem gambling may be as effective as longer treatments. Addictive Behaviors, 52, 58–65.