* “Il peso. Fosse quello il problema. Posso mangiare quanto basta e riuscire a fare tutto quello che devo fare: lavoro, sport, hobby…
Non sempre, a volte non sono al top, ma nessuno lo è.
Lo so, il modo in cui mi nutro è visto come un problema. Ma per lo più è un problema loro, non mio.
No, il mio problema è che questa cosa, questa cosa che chiamano “anoressia”, forse mi ha imprigionata; forse mi dà meno, a volte, di quello che vorrei, o forse mi ha tolto cose che avrei voluto; forse ha una catena, una catena che non avevo visto, celata dall’ombra, ma di cui, adesso, sento tutto il peso”.
Il peso dell’anoressia
Il peso dell’anoressia non ha niente a che vedere col peso del corpo.
Dicono che possono morire – io dico che non sanno ciò che dicono.
Lo so che di anoressia si muore, circa il 10-15%. Non è il mio caso.
Non so come chiamare il peso dell’anoressia: “solitudine”, a tratti, “vuoto”, ad altri. La mancanza di alcune persone, a volte.
Non ho troppe amiche: “il giusto”, direi. O amici. E mi va bene così, credo. Pochi ma buoni, no? Ma a volte manca qualcosa – o “quasi sempre”, manca.
Il fastidio del ‘Ci facciamo una pizza?‘ forse l’ho messo da parte – se voglio, poi, posso sempre farmela.
Il punto è quello: non voglio.
Ma il punto è anche lo sguardo. Il punto nei loro occhi. O in quello che ci vedo io; nella consapevolezza di non poter dire tutto, di non poter condividere tutto, di non poter amare come amano loro, come vorrei amare io. Credo.
Cosa manca all’anoressia per essere perfetta
Gli psicologi insistono sul prendere peso, sul non morire, alcuni addirittura sui ricoveri, sui farmaci! – quando mai ti hanno davvero aiutata, i farmaci, sei stai con l’anoressia?!
Gli amici, i genitori prima di loro, i colleghi, ti chiedono – o sai che vorrebbero chiederti – se non ti manca la pizza (la pizza, sempre la pizza!), una “bella” pasta al ragù di cinghiale, un barattolo di Nutella.
Ma che ne sapete, voi!?
Sono tutte cose, che, per inciso, no, _non mi mancano_.
Posso “volerle”, posso “desiderarle”, alcune mi potrebbero pure piacere. Ma non è quello che mi manca.
E’ difficile spiegarlo.
Mi verrebbe da dire che all’anoressia, per essere perfetta, manca il sapore. O forse il gusto, la sensazione.
E’ qualcosa di tenue, come quei profumi trasparenti, impercettibili, che metti addosso ma nessuno sente – finché non si avvicina troppo. Però tu sai che sono lì, come brina nelle ore più tiepide della mattina: in evaporazione, ma ancora, segretamente, lì.
Manca la percezione. Ma non dei sentimenti – a volte, quelli, mi sembra di sentirli come una valanga che ti travolge, come una cascata di pietre, come una discesa di lampi e colori buttata addosso, su di te, solo per te. A volte, confesso, mi chiedo se – gli altri – davvero percepiscano i sentimenti, se – davvero – sappiano cosa sono, di cosa stanno parlando.
Dicono a me che sono “arida”, ma… a volte a me sembra esattamente il contrario.
Quello che manca all’anoressia sono delle parole, ma non sono sicura di saper esprimere bene quali.
Sono infelice nell’anoressia?
Non lo so. Mi sembra di no. Ma a volte devo dire di sì.
In realtà non so se sono infelice “nell’anoressia” o “per via dell’anoressia” – non sono nemmeno troppo sicura di cosa voglia dire questa frase.
Però a volte sono infelice, sì. E penso di saper capire abbastanza bene i sentimenti (appunto) da poter dire che è un’infelicità che ti spezza il cuore; più alta, più forte di quello che dovrebbe essere.
E, sì, è legata alla mia vita. Non so – non sono sicura – se centri l’anoressia (non mi piace nemmeno chiamarla “l’anoressia”, come se fosse una cosa tipo “il cancro”), ma di sicuro c’è qualcosa che non va, e che dovrebbe cambiare. Che vorrei che cambiasse.
Questo è un articolo sull’anoressia, no? Quindi tu pensi che sia per via dell’anoressia, giusto?”
– “Più o meno.”
Oltre l’anoressia
– “Che significa ‘più o meno'”?
– “Non mi piacciono le etichette. Non do colpa a ‘l’anoressia’ – non è nemmeno una cosa, l’anoressia. Ma ciò che fa l’uomo è tracciare differenze e creare insiemi. Così, finiamo per prendere una serie di comportamenti, catalogarli insieme e dire: ‘Ecco, questa è l’anoressia.”
– “Insomma, ho un problema o no?”
– “Questo me lo dirai tu: non credo di aver mai detto a qualcuno ‘Tu hai un problema.'”
– “Classica risposta da psicologo.”
– “Vuoi che ti dica che hai un problema? E poi? Tu ci crederai? Lo pensi anche tu? Il punto è che non importano le categorie diagnostiche: importa come ti senti tu. Questa cosa chiamata ‘anoressia’ è un problema? O è un problema quello che, come effetto collaterale, causa?”
– “Cioè?”
– “Sei stanca di vederti sempre magra, o sei stanca di vivere una vita che non ti piace?”
– “Mi piace la mia vita.”
– “Tutta?”
– “A nessuno piace _tutta_ la propria vita.”
– “E a te quanto non ti piace?”
– “…”
– “…”
– “E tu puoi darmi una mano?”
– “Non lo so. A volte sì. A volte no.”
– “Onesto. Ma non ho voglia di fare terapie infinite.”
– “Io ne ho meno voglia di te, pensa: non le faccio con nessuno.”
– “Vediamo?”
– “Vediamo.”
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.