Come Superare L’ipocondria Superare l’ipocondria è possibile: ecco 3 comportamenti da evitare.
Sai che ci sono 3 comportamenti che causano e mantengono l’ipocondria?
L’ipocondria è quel disturbo per cui si è fortemente convinti di avere una malattia, un malanno o un problema di tipo medico – o più di uno – sebbene analisi e controlli non rivelino niente.
Ne soffrono tra l’1 e il 5% delle persone, uomini e donne, ma pochi sanno che questo problema è mantenuto, e spesso causato, da 3 particolari comportamenti.
Non c’è bisogno di scavare nel passato
Chiariamo subito una cosa.
Quando dico che l’ipocondria è “causata” da certi comportamenti non intendo la “causa primaria”. In generale, le psicoterapie brevi non sono interessate a scoprire questo tipo di cause, semplicemente perché… farlo è impossibile!
Alcune psicoterapie sostengono di poter arrivare all’origine di un problema, identificando tale origine con qualcosa avvenuto nel remoto passato della persona.
Beh, non è così.
Salvo rari casi evidenti, non è facile risalire alla vera causa di un problema. La memoria non è come un video di YouTube, non basta cliccare su Play e vedere il ricordo così com’è. Già pochi secondi dopo l’evento avvengono distorsioni, modificazioni, cancellazioni… E chi lo dice che la causa si una unica? In realtà ormai la psicologia ha assodato che è molto raro.
Ma, soprattutto, svelare il passato – se anche fosse possibile – non è utile a risolvere il presente.
Facendo un esempio è come se, per cambiare la ruota di una macchina, dovessi prima capire dove, quando, come e perché l’ho bucata. Passerei giorni a scervellarmi, non riuscirei a rispondere alla maggior parte delle domande, e soprattutto avrei ancora una ruota da cambiare!
Quindi, cosa significa che alcuni comportamenti causano l’ipocondria?
Che in certe persone, più facilmente soggette a sviluppare questo problema, attuare e ripetere certi comportamenti li può portare con più facilità a svilupparlo.
3 cose da evitare se non vuoi diventare ipocondriaco
L’ipocondriaco è una persona eccessivamente preoccupata per la propria salute. Questo può portarla a vivere qualunque segnale del corpo come un chiaro sintomo di malattia, o addirittura, nei casi più gravi, a sentire sintomi e segnali che non ci sono affatto.
Tipicamente, a fronte di questo mette in atto 3 comportamenti che in realtà non fanno altro che mantenere vivo il problema.
Vediamoli:
1) Continui controlli medici: se temi che un sintomo – come una fitta, un formicolio, un capogiro o altro – possa essere segno di una qualche malattia, è probabile che tu cerchi il riscontro di un medico. Molte persone, in realtà, di fronte a sintomi simili, che fanno parte della normale fisiologia del corpo, lasciano correre. Altre, però, cercano il parere dell’esperto.
E qui sorge il problema.
Se l’esito negativo bastasse a tranquillizzare la persona sarebbe tutto ok. Per alcune persone, però, questo non basta e infatti accadono due cose: o la persona si tranquillizza lì per lì ma poco dopo (settimane, giorni, a volte solo poche ore) la sua preoccupazione torna sotto forma di un nuovo sintomo (“Mi hanno detto che quel formicolio non è nulla, ma che dire di questa tensione muscolare che sto avvertendo adesso?”), oppure può convincersi che il medico non è stato abbastanza bravo o l’apparecchio abbastanza sofisticato da individuare la malattia sottostante.
Come spiega Daniela Leveni nel libro Ipocondria. Guida per il clinico e manuale per chi soffre del disturbo, il problema, purtroppo, è che ogni controllo non spazza via il dubbio, lo alimenta.
Il semplice fatto di sottoporsi a un controllo medico indica che c’è qualcosa di cui preoccuparsi, e dato che tanto l’uomo quanto le macchine possono sbagliarsi, la persona non raggiungerà mai una certezza definitiva.
2) Richiesta di rassicurazioni: spesso, di fronte all’idea di avere una malattia, vengono richieste rassicurazioni ad amici e parenti. Purtroppo queste non funzionano, o al massimo funzionano lì per lì, esattamente come i controlli medici.
Come spiega Nardone nel suo libro Non c’è notte che non veda il giorno (centrato sul panico, ma in cui dedica spazio anche alle fissazioni ipocondriache), parlare di qualcosa che genera ansia non la riduce, la fa aumentare (nell’immediato o poco dopo).
D’altronde se io sono certo di avere un problema (soprattutto perché provo delle sensazioni), difficilmente qualcun’altro potrà convincermi del contrario.
Un’altra tipologia di persone non chiede rassicurazioni ma è quasi tormentata da dubbi continui e ricorrenti, che la perseguitano tutto il giorno come fantasmi eterei che non lasciano riposare la mente (sul dubbio e sui suoi spossanti effetti un bel libro, semplice e chiaro, è Cogito Ergo Soffro, sempre di Nardone).
3) Ricerca di informazioni: probabilmente questo terzo comportamento è stato ampiamente alimentato dai media moderni.
Quante volte ti è capitato di cercare su internet un sintomo fisico?
Dita gonfie, giramenti di testa, dolori articolari, colorazione della pelle e chissà cos’altro. E spesso, oltre a descrizioni puntuali che sembrano parlare proprio di ciò che provi tu, ci sono anche foto che mostrano condizioni del tutto identiche alla tua. Questo e altro ti potrebbe convincere di avere la malattia – spesso disastrosa – identificata su internet.
Peccato che il medico non usa Google quando andiamo da lui lamentando dei sintomi. Inoltre raramente una malattia è data da un solo sintomo.
Questi tre comportamenti non fanno altro che rafforzare l’ipocondria.
Essere una persona tendenzialmente ansiosa per la propria salute non è necessariamente un problema. Insomma, nel mondo ci sono persone ansiose per questo o per quello, e non sempre è necessario uno psicologo.
Ma se lo sei e metti in atto questi tre comportamenti, a lungo andare potresti incorrere nel rischio di incastrarti nella tela dell’ipocondria, dove più cerchi di risolvere il problema, più ti intrappoli in esso.
Se poi sei già avvinghiato nelle sue spire, metterli in atto è il modo migliore per farle stringere ancora di più!
Sebbene uno psicologo o uno psicoterapeuta siano l’ideale per uscire da questo problema, cominciare con l’allentare questi tre comportamenti è il modo migliore per vincere l’ipocondria definitivamente.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia
Letture consigliate:
Nardone, G. (2005). Non c’è notte che non veda il giorno. Milano: TEA.
Nardone, G., De Santis, C. (2011). Cogito Ergo Soffro. Milano: Ponte alle Grazie.
Leveni, D., Lussetti, M., Piacentini, D. (2011). Ipocondria. Guida per il clinico e manuale per chi soffre del disturbo. Trento: Erickson.