Leggi l’acuta accuratezza di questa descrizione:
“Ho un presentimento in me e non potrebbe essere diversamente! Posseggo ora quindici luigi e ho cominciato con quindici fiorini! Se si comincia con prudenza… E’ possibile, possibile che io sia così infantile? E’ possibile che io non capisca che sono un uomo rovinato? Ma perché non potrei risorgere? Basta essere, almeno una volta nella vita, avveduto e paziente, ecco tutto! […] Domani, domani tutto finirà!”
Così Aleksej Ivànovic, protagonista del bellissimo libro Il giocatore di Dostoevskij, riassume una gravosa verità del gioco d’azzardo, anzi, del giocatore d’azzardo.
Una verità che Dostoevskij conosceva più che bene, se pensiamo che lo scrisse per pagare i debiti del gioco, consegnandolo il giorno prima della scadenza prevista dal contratto, per il quale, se avesse ritardato, l’editore avrebbe avuto gratis e per nove anni ogni diritto sulle sue opere.
E oggi, la Terapia Breve si occupa spesso di questa problematica.
Digital gambling: il gioco virtuale
Da allora diverse cose sono cambiate, tanto che oggi il gioco d’azzardo non coinvolge più solo una ristretta élite benestante, ma gente comune, di ogni età, sesso ed estrazione sociale. Soprattutto, grazie all’evoluzione della tecnologia, oggi domina il gioco d’azzardo digitale (digital gambling). Pensiamo solo agli innumerevoli casinò online, che propongono convenienti promozioni e riducono le spese del giocatore (viaggio, pernotti, ristoranti, ecc.), amplificando il piacere, il godimento, l’eccitazione del gioco; o ai videopoker, in cui basta una moneta per tentare la (piccola) fortuna.
Quello del gioco d’azzardo si trasforma così in un mondo comodamente accessibile da casa o al bar. La virtualità favorisce sensazioni di anonimato e di invisibilità, con un forte peso della componente immaginativa, favorendo un senso di deresponsabilizzazione e distacco dalle proprie azioni. Le stesse spese sono percepite come virtuali, ma gli effetti sono concreti e ben visibili.
Dal gioco d’azzardo alla ludopatia
Quando si parla di gioco d’azzardo, però, si tende a farlo in toni assolutistici e moralizzanti. Un attimo. Stiamo parlando di un mezzo, di uno strumento evolutosi con la tecnologia, ma è l’uso che se ne fa a renderlo più o meno problematico. L’80% degli italiani ha giocato d’azzardo o scommesso almeno una volta nella vita. Il vero problema emerge per quel 3% per i quali il gioco assume una forma patologica, con conseguenze principalmente a livello psicologico, economico e relazionale:
- menzogne
- debiti
- isolamento
- problemi lavorativi e sociali
- crisi coniugali e familiari
Cause del gioco d’azzardo patologico
Alcuni autori hanno tentato di spiegarne le cause, individuando un iniziale desiderio di fuga da una realtà vissuta come pesante, stressante, noiosa, insoddisfacente. Giocare ripetutamente finirebbe anche per attivare reazioni neurologiche tipiche della dipendenza da sostanze, con coinvolgimento di neurotrasmettitori quali la dopamina e di aree cerebrali quali il nucleo striato, che influiscono sul senso di piacere e benessere.
Un libro che spiega diversi aspetti come questo è GAP. Il gioco d’azzardo patologico.
Altri autori parlano di una pregressa vulnerabilità, con pensieri disfunzionali e comportamenti disadattivi che vengono amplificati dal gioco.
Il tremendo piacere del gioco d’azzardo
Spostandosi dai perché ai come, viene spiegato che il gioco d’azzardo si innesca su una sensazione di base molto forte: il piacere. Le vincite garantiscono una forte soddisfazione, una vampata di calore, un’eccitazione che accende lo scommettitore.
Perdere non fa demordere perché, come crede Aleksej Ivànovic, “basta essere avveduti e pazienti”; e così l’idea che prima o poi la fortuna torni a girare domina il giocatore. D’altronde una delle più forti motivazioni a giocare è proprio quella di provare sensazioni intense. Al contrario della dipendenza da sostanze non c’è astinenza, cioè sofferenza data dalla mancata assunzione della sostanza, ma il puro piacere del giocare, la smaniosa ricerca delle sensazioni piacevoli date dal gioco, che finisce per sostituirne tante altre, divenendo così irrinunciabile.
La Terapia Breve per la ludopatia
L’interesse della psicoterapia per questo problema ha portato allo sviluppo di numerosi interventi. Quello cognitivo, per esempio, si centra sul far prendere consapevolezza del problema, operando un’iniziale “astinenza” dal gioco e proseguendo con la narrazione delle esperienze e delle emozioni correlate, per poi lavorare sulle cognizioni erronee e mettere a fuoco degli obiettivi da rispettare, favorendo l’autonomia.
La Terapia Breve, invece, interviene attraverso strategie graduali e calzate sulla persona, aiutandola a sbloccare le proprie risorse, interrompendo il circolo vizioso del gioco e aiutandola a liberarsene del tutto. La si aiuta a sentire, oltre che vedere, che quel piacere non è l’unico, permettendogli di affrontare i suoi problemi e liberarsi, una volta per tutte, del demone del gioco.
Dott. Flavio Cannistrà Psicologo, Psicoterapeuta Terapia Breve Terapia a Seduta Singola Ipnosi
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Riferimenti bibliografici
Cannistrà, F. (2010). Internet: come cadere nella rete. Piacere, dovere o dipendenza?. In Amepsi e Psiche, 1. Nardone, G. & Cagnoni, F. (2002). Perversioni in rete. Le psicopatologie da internet e il loro trattamento. Milano: Ponte alle Grazie. Patrizi, P. & Bussu, A. (2005). Giocare d’azzardo. Significati sociali e ragioni soggettive. In Psicologia & Giustizia, VI, 2.