Se ho paura delle malattie sono ipocondriaco? Quando ti trovi di fronte a un ipocondriaco c’è una cosa semplice ma efficace che puoi fare per aiutarlo: smettila di chiamarlo ipocondriaco! Questo termine infatti ha un paio di millenni: il termine ipocondria risale a Ippocrate che descrisse il “male degli ipocondri”, un disordine dello stomaco e della mente, che procurava problemi digestivi, grande melanconia e paura di morire.
Infatti i greci credevano che nell’addome fosse situata la sede dei sentimenti e delle passioni umane. Gli ipocondri, d’altronde, sono porzioni dell’addome, situate dietro le ultime costole e sottostanti alla porzione laterale del diaframma (il fegato si trova nell’ipocondrio destro e la milza nell’ipocondrio sinistro). Quindi se vuoi aiutare un ipocondriaco smettila di chiamarlo ipocondriaco.
Scherzo! Cioè no, non scherzo, sono serio, però c’è un’altra cosa semplice ma efficace che puoi fare per aiutarlo. Per aiutare un ipocondriaco (ma anche tutti le altre “etichette” patologiche) bisogna concentrarsi su quello che la persona effettivamente fa e non su quello che è. Ma partiamo dalle origini: perché le malattie spaventano fino “all’ipocondria”?
Una, nessuna, centomila ipocondrie
L’ipocondria si basa sulla paura, però, la paura ha diverse sfaccettature: paura delle malattie, della morte, della sofferenza fisica, di sintomi fisici dolorosi, fastidiosi e persistenti. In tutto ciò non c’è nulla di immaginario: la sofferenza è reale, vera, genuina. Piuttosto, è fondamentale essere aiutati a superare l’ansia e la paura per i sintomi e per le malattie soprattutto nei casi in cui, dopo ripetuti accertamenti medici con esito negativo, permane l’idea di soffrire di qualche malattia.
Tuttavia quando si pensa all’ipocondria si pensa quasi sempre alla generica paura delle malattie. Questa condizione è in effetti la più comune. La caratteristica principale dell’ipocondria generalizzata è la sua mutevolezza: la paura è cangiante, passa, infatti, da periodi in cui si è focalizzati su un aspetto a periodi in cui la paura prende un’altra forma o un’altra localizzazione corporea. Quindi si assiste a una continua “migrazione” dei sintomi e delle cause del problema.
Le malattie più gettonate sono i tumori (in tutte le sue forme e varianti); i disturbi cardiocircolatori (ictus, infarto del miocardio…); le malattie autoimmuni (sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, leucemia…); le malattie virali o batteriche (Ebola, Hiv, sifilide, Covid-19…); ma si può essere terrorizzati anche all’idea di soffrire di malattie sconosciute (sintomi generici come spossatezza, sensazioni vaghe e indecifrabi).
Le paure ipocondriache non sono tutte uguali. Alcuni timori possono modificarsi nel tempo, altri rimangono fissi negli anni. Per alcune persone l’idea di soffrire potenzialmente di qualche problema fisico è il vero terrore, altri sono invece sfiniti da un sintomo fisico persistente, doloroso, fastidioso, pur continuando a sentirsi dire da medici o parenti «non è niente». Frase che fa pensare: “Oltre al danno, la beffa”.
Scoppiare di salute: quando le tentate soluzioni diventano la malattia
Marcel Proust disse: “Quell’agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi, l’idea di essere malati”. Infatti a volte le persone sono così tanto preoccupate per la loro salute, da interpretare ogni segnale o variazione del corpo come conferma di una grave malattia. Le persone sono costantemente spaventate dall’esistenza di una malattia nel proprio organismo, per questo si sottopongono a ripetute visite specialistiche ed esami diagnostici, fino a veri e propri check up. Oppure attraverso «compulsive» ricerche su Internet, la cosiddetta cybercondria, ovvero il ricorso al “medico digitale: il dottor Google”.
I dubbi più frequenti sono per esempio del tipo “E se , come ho letto su internet, questa spossatezza fosse l’inizio di una sclerosi?” “E se le vertigini indicassero che sto avendo un ictus o che si sta formando un tumore nel mio cervello?”. Ma il dubbio è il principale germe del catastrofismo. Consiste nel prevedere, immaginare e percepire i più foschi e mortali scenari di malattia.
I dubbi possono diventare così ingestibili a tal punto da ricercare conferme e rassicurazioni dagli altri. Per questo molte persone tendono a parlare delle loro ansie con gli altri, ma paradossalmente la socializzazione delle preoccupazioni e dei sintomi percepiti come segnali di malattia funge da amplificatore che incrementa la preoccupazione ossessiva. I tentativi di rassicurazione da parte degli altri, anziché rassicurare la persona, insinueranno nuovi dubbi che lei tenterà di sedare con nuove richieste di rassicurazioni, intrappolandosi in un circolo vizioso disfunzionale e ricorsivo. Ma quindi come si esce da questo circolo vizioso? Lo spiego nell’articolo “Come uscire dall’ipocondria? Le Terapie Brevi rispondono”.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
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