Da sempre l’uomo esprime le proprie emozioni anche attraverso l’alimentazione. Basti pensare alle occasioni conviviali, ai banchetti nell’antichità o, nella nostra epoca, ai matrimoni, alle cerimonie in generale, ai momenti di festeggiamento singolare o collettivo, come cene di gruppo e sagre di paese. Mangiare insieme è universalmente inteso come un momento di ritrovo, l’occasione per chiacchierare, discutere e anche confrontarsi sui temi più vari, come ad esempio la politica, il lavoro e lo sport.
Raccontato in questo modo il cibo sembra presentarsi come un “fatto sociale”, ma il cibo è ancora di più, perché ci parla anche del rapporto e della percezione con noi stessi. E in questo articolo di oggi voglio trattare proprio questa delicata tematica, sempre attraverso le Terapie Brevi.
Infatti, al giorno d’oggi, si è più attenti a cosa si mangia piuttosto che a come si mangia. Invece mangiare con piacere significa, non solo prestare attenzione a ciò che mangiamo, ma anche a come lo mangiamo. Per questo la prima cosa da fare è quella di considerare il cibo come un alleato importantissimo per il nostro benessere fisico e mentale, evitando di considerarlo un nemico!
Cos’è il comfort food?
Come detto precedentemente il modo in cui si mangia, e il mangiare in maniera sana, sono importanti quanto la consapevolezza che si ha di ciò che si sta mangiando. Sicuramente l’auto-osservazione ci può rendere coscienti delle nostre abitudini alimentari e ci può mettere nelle condizioni di identificare le nostre emozioni. Diventando più consapevoli sarà più semplice costruire delle nuove abitudini alimentari in modo da prendersi cura di se stessi.
Quello che succede a molte persone è avere un rapporto con il cibo basato sul “comfort food”. Espressione che assume una nota disfunzionale, perché è intesa nel senso di alimentarsi per superare un momento di tristezza, di dispiacere, oppure di rabbia. Il cibo diventa un mezzo per cercare di superare un momento di difficoltà, magari anche abusandone, e trovando nell’eccesso una effimera sensazione di pace. Con l’atroce conseguenza di sentirsi in colpa e soffrire emozioni ancora più negative.
Ed anche qui il fattore sociale gioca un ruolo importante, dato che la nostra società ci pone di fronte ad una sovrabbondanza di cibo, motivo per cui non si mangia più per soddisfare la propria fame, piuttosto si mangia per noia, per stress, perché troppo nervosi, perché troppo tristi, perché troppo soli e per tanti altri motivi per cui mangiare è diventato uno stimolo mentale che ha comportato nel tempo un rapporto poco sano con il cibo facendo sì che diventassimo sempre meno consapevoli di quella che è l’esperienza del mangiare.
Alla (ri)scoperta del piacere del cibo
Il rapporto che abbiamo con il cibo in alcuni casi può essere di difficile gestione, può diventare un pensiero fisso, fino ad assumere le caratteristiche di un’ossessione vera e propria.
Infatti dagli studi del gruppo di ricerca del centro di terapia strategica di Arezzo, attualmente i disordini alimentari maggiormente diffusi risultano: l’anoressia nervosa (tendenza a restrizioni alimentari), la bulimia (tendenza ad abbuffate incontrollate) e il binge eating (tendenza ad alternare periodi di abbuffate a periodi di restrizioni), ai quali si è aggiunta negli ultimi anni il vomiting (tendenza a mangiare e vomitare, dove il problema, che inizialmente è il controllo del peso attraverso questa condotta d’eliminazione, col passare del tempo, da tentata soluzione finisce per diventare il problema).
Affinché avvenga un reale e duraturo cambiamento è molto importante prendere in considerazione la persona nella sua totalità, dove la mente e il corpo sono entrambe parti del gioco. Infatti la persona con un disordine di tipo alimentare, infatti, tende ad osservare se stessa con delle “lenti deformanti”: chi è molto magro non si percepisce mai abbastanza magro e chi è sovrappeso tende a negare i suoi chili di troppo. Anche le relazioni sociali tendono a perdere valore, passando in secondo piano, poiché tutto ruota intorno all’ossessione per il cibo.
È per questo motivo che nel mio articolo “Come migliorare il mio rapporto con il cibo? Le Terapie Brevi rispondono” ti spiegherò in che modo può essere possibile intraprendere un percorso, volto al cambiamento, per potersi sentire nuovamente liberi e per darsi la possibilità di recuperare un rapporto positivo con il cibo e con se stessi. Il lavoro terapeutico prevede, infatti, di occuparsi parallelamente sia del problema del cibo sia di tutto quello che sottende ad esso.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Nardone, G (2007) La Dieta Paradossale: sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di dimagrire e mantenersi in forma, Ponte delle Grazie
Nardone, G (2011)Uscire dalla Trappola: Abbuffarsi vomitare torturarsi: la terapia in tempi brevi, Ponte delle Grazie.