Se nell’Per Chi Pensa Troppo: 4 Articoli Chiari E 2 Libri Pratici abbiamo parlato di quei pensieri che si affacciano incessabilmente alla mente, senza apparente possibilità di controllo o di freno, una loro contropartita “agita” è quella serie di comportamenti irrefrenabili che hanno ispirato tanti film e libri, ma che hanno anche segnato la vita di tanti personaggi conosciuti: i rituali ossessivo compulsivi.
Esempi di Disturbo Ossessivo-Compulsivo
Se vuoi avere un’idea di come funzionano e di come limitano e condizionano un’intera vita, potresti guardare un bellissimo film come Qualcosa è cambiato, con Jack Nicholson, oppure la divertente serie TV Monk; oppure potresti leggere Toc, il romanzo di Nathalie Ours dove protagonista è una brillante bambina intrappolata in una serie di comportamenti ritualizzati.
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è stato descritto in tante forme e libri e film come questi aiutano davvero a capirlo e apprezzarne le sfumature.
Ho pensato però che in quest’occasione una storia di un caso clinico reale, italiano, avrebbe potuto aiutare ancora di più a toccarne con mano la problematicità e anche la risoluzione. Il caso è uno dei vari descritti da Giorgio Nardone e Claudette Portelli nel loro libro Ossessioni. Compulsioni. Manie, dove gli autori mostrano gli ultimi sviluppi della terapia breve strategica applicata a questo tipo di problematiche. Il libro, come molti di Nardone, è pensato per terapeuti ma in realtà è facilmente comprensibile da chiunque, e la nutrita serie di casi clinici aiuta a capire le diverse sfaccettature di questa problematica.
Un caso di Disturbo Ossessivo-Compulsivo
Di seguito vi ricopio il caso descritto nelle pp. 81-83. Lo trovo molto interessante, perché mostra come i rituali compulsivi possano essere comportamentali, ma anche solo mentali (pensieri, idee ecc.): in ogni caso c’è una ritualizzazione, di un’azione o di un pensiero.
Inoltre descrive chiaramente come è nato e come si è evoluto il disturbo fino alla forma attuale, nonché, ovviamente, come con un intervento tanto semplice quanto elegante si sia riuscito a sbloccarlo ed eliminarlo completamente in poche rapide sedute: d’altronde i disturbi fobici (come attacchi di panico) e ossessivi (come appunto il DOC) sono uno dei cavalli di battaglia della terapia breve strategica.
Ovviamente, come deve avvenire sempre quando si riportano casi clinici (che si tratti di racconti, come questo, o di fedeli trascrizioni), i dati e le informazioni sensibili sono stati mascherati, in modo da garantire la privacy assoluta della persona.
“Un ragazzo di diciassette anni, accompagnato dalla madre, si presenta nel mio studio dietro indicazione di una mia allieva e collaboratrice che lo sta seguendo per una forma estremamente grave di DOC. Il paziente è costretto a eseguire una complicata sequenza di rituali mentali di conteggio e ordinamento dei pensieri, delle parole e degli oggetti che percepisce. Il disturbo, che è iniziato qualche anno prima con la ripetizione di sequenze numeriche come rituale propiziatorio prima delle prove scolastiche, si è lentamente trasformato in un conteggio e un riordinamento ripetuto non solo di numeri, ma anche di ogni parola che gli viene in mente, suddividendola in vocali e consonanti, prima di iniziare qualunque attività importante. Tutto ciò si è trasformato rapidamente in una serie di loop mentali che impediscono al ragazzo di fare qualunque cosa. La dottoressa ha cercato di usare alcune tecniche apprese presso la nostra scuola, ma gli esiti non sono stati positivi. Dopo aver indagato attentamente il problema propongo al ragazzo di condurre un esperimento terapeutico: verificare se è in grado una volta al giorno di posporre di quindici minuti l’esecuzione del rito mentale: «Una volta al giorno decidi, quando hai l’esigenza di mettere in atto la tua compulsione a contare e ordinare, di rimandarla a quindici minuti più tardi, poi puoi fare tutto come al solito». Il ragazzo mi guarda e dice: «Tutto qui? Sono sicuro di riuscire a farlo. Posso tranquillamente rimandare di quindici minuti, sapendo di poterlo fare dopo».
La settimana successiva il giovane incontra la dottoressa, che è stata avvisata sulla strategia e su come procedere sulla base degli effetti provocati. Il ragazzo le riferisce che, come previsto, è stato in grado di rimandare di quindici minuti una volta al giorno il rituale compulsivo. La dottoressa, come accordato, gli chiede di verificare se è in grado di rimandare di mezz’ora; il giovane accetta di buon grado. All’incontro successivo il ragazzo riferisce di essere stato capace di rimandare anche di mezz’ora. La successiva proposta terapeutica è quella di arrivare a un’ora. Curiosamente il ragazzo si rende conto che eseguendo una volta al giorno tale compito comincia a sentire che dopo un’ora non è così indispensabile mettere in atto il rito. Come abbiamo già spiegato nel capitolo precedente, la soluzione terapeutica del posporre non è semplicemente orientata al controllo del sintomo, bensì a far scoprire al soggetto che può farne a meno. Infatti, anche in questo caso, ampliando progressivamente il tempo della posticipazione il giovane ha scoperto di poter evitare del tutto i riti propiziatori”.
Nardone, G., Portelli, C. (2013). Ossessioni. Compulsioni. Manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi. Milano: Ponte alle Grazie, pp. 81-83.
Commento
Questo tipo di soluzioni potrebbero sembrare apparentemente banali, oppure si potrebbe pensare che il disturbo in questione non era poi “chissaché”. In realtà bisogna considerare che per arrivare a questi risultati ci sono voluti anni di studi e (letteralmente) decine di migliaia di casi con cui si è lavorato nel corso degli ultimi trentanni. E questo solo se prendiamo in considerazione il lavoro del Centro di Terapia Strategica (CTS) e dei suoi affiliati, di cui Nardone è direttore.
In realtà dovremmo perlomeno considerare tutta la tradizione di studi da cui deriva anche il lavoro svolto al CTS, iniziata negli anni ’50 al Mental Research Institute di Palo Alto, California (i più coraggiosi possono approfondire temi e sviluppi nel libro di Paul Watzlawick Guardarsi dentro rende ciechi o in quello assieme a John Weakland La prospettiva relazionale, dove sono raccolti una serie di contributi che delineano chiaramente e approfonditamente l’approccio del Mental Research Institute).
Alla luce di questo diventa più facile capire come oggi si sia potuti arrivare a risultati simili, frutto di studi, elaborazioni, applicazioni e raffinazioni degli interventi su questo tipo di problematiche.
Ossessioni. Compulsioni. Manie è un ottimo libro per capire gli sviluppi più recenti e aggiornati, sia da un punto di vista della comprensione (per capire cioè il DOC e le sue forme), sia dal punto di vista delle tecniche attualmente adottate per risolvere questo problema.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia Seduta Singola
Ipnosi
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