Superare la psicosi: ripristinare l’equilibrio con la Terapia Strategica Familiare

Nell’articolo “Cos’è la psicosi: questione di autonomia in un’ottica sistemica” ho parlato di quanto la Terapia Strategica Familiare possa essere utile ed efficace con le psicosi. Infatti con un paziente psicotico si può valutare l’evenienza di fare un tipo di intervento sistemico con tutta la famiglia, che può essere declinato in tanti modi: vedere il paziente con la famiglia, vedere il paziente e la famiglia, vederli sempre insieme oppure no.

Ma una volta che la famiglia viene in seduta, cosa succede? Succede che si dovrebbe lavorare sulle tentate soluzioni disfunzionali della famiglia, ovvero tutte quelle risposte e reazioni intraprese dalla famiglia nel tentativo di migliorare il problema, che però, seppur fatte con le migliori intenzioni, non hanno funzionato.

Quindi dovremmo bloccarle, perché se il problema è ancora in essere o perlomeno non è comunque migliorato, probabilmente non stanno funzionando. Sono, infatti, tentativi di risposta che però mantengono invece in vita il problema. Vediamo quindi, a partire da questa logica, cos’altro si può fare attraverso le Terapie Brevi.

Riportare l’ordine nella famiglia del paziente psicotico

Le tentate soluzioni disfunzionali della famiglia del paziente psicotico si manifestano soprattutto nelle relazioni familiari. Per questo è bene valutare cosa fa la famiglia. Per farla molto semplice: quali sono le diverse interazioni che i vari membri della famiglia hanno con il paziente disegnato e viceversa? Anche questo serve per valutare cosa funziona e cosa invece no.

Haley ed Erickson ricordano che spesso, in questi casi, la famiglia si appiattisce, diventa morbida e gelatinosa di fronte ai comportamenti del membro psicotico, mentre invece può rivelarsi, a volte, utile essere fermi che decisi come genitori e membri della famiglia. A volte addirittura a mettere dei paletti netti e duri, nulla di pericoloso ovviamente, per esempio se il paziente degli scatti per il quale diventa violento verso gli oggetti di casa e lo si può prendere schiaffare in camera sua e dire: “Se vuoi distruggere qualcosa, distruggi la tua camera.”

Un altro esempio è quando la famiglia cerca di fornire delle spiegazioni razionali di fronte ai deliri, a volte questo può addirittura peggiorare il problema e può portare a delle crisi acute. Invece in casi come questo si possono fare diverse cose: chiedere per esempio di tacere di fronte al delirio, di ascoltarlo in silenzio, dire qualcosa come “quando fai così non ti capisco”, o “ma perché ti comporti in questo modo?” o persino cambiare stanza e uscire di casa. Questo, chiaramente, può avvenire attraverso un lavoro di minuziosa psico-educazione e contenimento con il supporto di un professionista.

E se in seduta c’è anche il paziente psicotico?

Se abbiamo di fronte un cliente con una diagnosi di disturbo psicotico, non ci soffermeremo eccessivamente sull’etichetta, ma cercheremo di capire come funziona il problema per quella determinata persona. Si parte dal presupposto che sia più semplice ed efficace lavorare con “Marco” o “Anna” piuttosto che con un disturbo psicotico caratterizzato da deliri erotomanici.

Nelle terapie brevi post strutturali si tende ad accettare la realtà del paziente senza sfidarla cercando di fargli mettere in discussione l’infondatezza della sua visione. Si parte dal presupposto che la realtà che percepiamo è determinata dal punto di osservazione, dagli strumenti utilizzati e dal linguaggio che utilizziamo per comunicarla. Il modo in cui un paziente descrive una realtà la cambia, se cambia la cornice del problema anche il problema cambia. In quest’ottica durante la terapia il paziente e il terapeuta co-costruiscono una visione differente della realtà passando anche attraverso l’utilizzo di prescrizioni che aiutino il cliente a sperimentare nuovi modi di essere e di vedere la realtà e il problema.

Quando si tratta di psicosi, la tendenza della maggior parte dei terapeuti è quella di intervenire cercando di far comprendere al paziente l’assurdità del suo comportamento con domande che inquadrano implicitamente la manifestazione psicotica come un prodotto del disturbo mentale. Alla base spesso c’è proprio la convinzione che non sia possibile intervenire se il paziente non raggiunge la consapevolezza dell’infondatezza delle sue credenze. Nelle terapie brevi post strutturali il terapeuta abbandona questa soluzione arrivando addirittura, in molti casi, ad assumere un atteggiamento che sottintenda che la convinzione del paziente è valida.

Dr Flavio Cannistrà

Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy

co-Direttore dell’Istituto ICNOS

Terapia Breve

Terapia a Seduta Singola

Ipnosi

Bibliografia

Fisch, R. & Schlanger, K. (2002). Cambiare l’immutabile. Terapia breve per i casi difficili. Milano: Raffaello Cortina, 2003.

Nardone, G. (1998). Psicosoluzioni. Milano: BUR.

Nardone G., Balbi E., Vallarino A., Bartoletti M. (2017). Psicoterapia breve a lungo termine. Ponte alle Grazie.