Terapia Breve per l’anoressia: rompere l’armatura

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Terapia Breve Per L’anoressia: Rompere L’armatura Come superare l’anoressia con la psicoterapia breve?

L’anoressia è come un male che divora da dentro, consumando la persona, minandone le capacità. E il problema principale non è il non mangiare: il problema è la mente anoressizzante.

È uno dei problemi psicologici più temuti, perché può portare facilmente alla morte: si stima che 1 anoressica su 10 morirà entro dieci anni dall’esordio del problema; 2 su 20 entro i vent’anni. E l’anoressia, insieme alla bulimia, è la prima causa di morte delle ragazze italiane tra i 12 e i 25 anni. E sta aumentando anche tra i ragazzi.

È possibile liberarsene con la terapia breve?

Agire subito sui sintomi dell’anoressia

Sicuramente è importante agire immediatamente. L’anoressia solitamente insorge più spesso tra i 15 e i 19 anni, anche se i casi a esordio precoce sono sempre più frequenti, così come quelli a esordio tardivo.

A volte insorge dopo un evento particolare, identificabile, più o meno traumatico.
A volte è diretta conseguenza di una storia di abusi di diverso genere (non necessariamente sessuali), seppure quest’ultima possibilità non è frequente come si crede.
Più spesso è insidiosa, e comincia apparentemente dal nulla, o con piccoli segni trascurati per lungo tempo, figlia di dinamiche continue e in apparenza più trascurabili, ma che sommate assieme hanno un elevato peso specifico.

Ad ogni modo, la cosa migliore da fare è agire velocemente, quando il problema è ai suoi esordi. Senza patologizzare, mi raccomando: il rapporto genitori-adolescenti può essere burrascoso, e anche in età adulta ci si può trovare in un momento difficile; se c’è un momento in cui la ragazza o il ragazzo non mangiano o sono eccessivamente preoccupati per il proprio peso, non bisogna intervenire necessariamente con psicologi e terapie.

Ma se il momento diventa un periodo più lungo di qualche settimana, allora è utile prendere qualche informazione e, se prosegue, rivolgersi a uno psicologo.

Si può guarire dall’anoressia?

Molti studi tendono a parlare di fattori genetici e familiari (per quanto non sia stato individuato ancora alcun gene specifico). Altri parlano di negative esperienze infantili o addirittura perinatali o intrauterine (cioè avvenute durante il parto o durante la gravidanza).

Questo però non deve allarmarci. Da un lato le influenze genetiche possono non aver alcun ruolo, e dall’altro seppure, in certi casi, a stimolare l’esordio di un’anoressia possano essersi messe in mezzo i geni o precoci fattori avversi, questi non vanno letti come condizioni di “immutabilità”.

Difatti in tutto ciò va sempre tenuto in considerazione il ruolo positivo delle risorse individuali: in altre parole, non conta solo ciò che siamo, ma anche e soprattutto ciò che facciamo con ciò che siamo; non conta solo ciò che ci accade, ma anche ciò che facciamo con ciò che ci accade.

La personalità anoressica

All’inizio ho detto che il problema principale è la mente anoressizante, o la personalità anoressica.

Infatti, di solito una ragazza anoressica, o un ragazzo anoressico, tendono ad avere alcuni tratti di personalità caratteristici. Senza voler dare una lista esaustiva, alcuni possono essere i seguenti:

  • perfezionismo e tratti  di personalità ossessiva
  • bisogno di controllo sugli altri
  • bisogno di controllo su se stessi e in particolare sulla propria vita emotiva
  • impulsività
  • tendenza all’ansia anticipatoria
  • bassa autostima – a volte mascherata

Tutto questo, contornato da una storia in cui a volte – sebbene non sempre – ci può essere stata obesità infantile, distorsione dell’immagine corporea (vedersi più grassi e in carne) e continuo ricorso a diete di ogni genere. Naturalmente ogni caratteristica varia di persona in persona.

Il punto, è che la parte più importante del lavoro su se stessi, anche quando fatto con un terapeuta, riguarda l’arrivare a cambiare il modo di percepirsi e di percepire la realtà; un modo che non fa altro che aumentare il problema.

La Terapia Breve per l’anoressia

Nonostante la gravità del problema, anche le psicoterapie brevi si sono da sempre interessate a questo problema, ottenendo grandi successi. Proprio in Italia, ad esempio, intorno agli anni ’60 il lavoro pioneristico del gruppo guidato da Mara Selvini-Palazzoli (conosciuto poi in tutto il mondo come la Scuola di Milano, o Milan Approach), servì a spianare largamente la strada in tal senso.

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Con la terapia breve si apprende ad aprire gradualmente l’armatura dell’anoressia.

E in generale, in diverse forme la terapia breve si è mostrata un ottimo strumento, efficace ed efficiente, per aiutare la persona con anoressia a venirne fuori in tempi accettabili, cioè senza dover passare necessariamente anni e anni di lunghe analisi.

Infatti, il lavoro da fare consiste in parte nell’aiutare la persona a cambiare mentalità e riscoprire il proprio rapporto con il corpo, con il cibo e con le emozioni. L’anoressia, difatti, spesso è un’armatura, una corazza che aiuta a proteggere la persona dalle emozioni più forti e difficili: avere il controllo sul proprio corpo dà l’illusione di poterlo avere completamente su se stessi, sul proprio vissuto, sulla propria vita e su quella degli altri.

Purtroppo quest’armatura diventa una trappola. Le emozioni, in effetti, vengono sedate, ma ovviamente il loro controllo è relativo, così come lo è quello sulla vita e sugli altri. E allora il tentativo di controllare meglio si spinge sempre più in là.

La psicoterapia breve per l’anoressia basa sicuramente parte del suo lavoro proprio sull’esperienza, sul far fare esperienze graduali che aiutino a far breccia in modo sicuro e non violento in quell’armatura, che guidino a un controllo che lascia andare il controllo, riscoprendo il rapporto positivo con le proprie emozioni. E, naturalmente, parallelamente a ristabilire il vitale rapporto con il cibo.

A volte, per far questo, può servire anche l’ausilio di un medico, psichiatra o neurologo: non è sempre obbligatorio, ma nei casi più gravi può essere una condizione indispensabile, ad esempio per aiutare a ridurre i tratti ossessivi o depressivi (non è raro che si instauri una depressione a partire dall’anoressia) quando questi sono eccessivamente presenti.

Cosa può fare la famiglia di un’anoressica o di un anoressico

La famiglia è un punto cardine nella vita di una ragazza o di un ragazzo con problemi di anoressia.

Per almeno 2 motivi:

  1. Probabilmente la famiglia è la prima a riconoscere che potrebbe esserci un problema su cui intervenire. La persona che soffre di anoressia, soprattutto all’inizio, può compiacersi della sua capacità di controllo sul suo corpo, alimentando l’illusione di avere controllo sulle sue emozioni e sulla sua vita. Difficilmente, allora, penserà di aver bisogno di rivolgersi a uno psicologo – il quale, paradossalmente, potrebbe proprio aiutarla a gestire meglio le emozioni. 
  2. Dall’altro lato, a volte, con le migliori intenzioni, la famiglia mette in atto una serie di comportamenti reattivi: obbligare il figlio o la figlia a mangiare, aumentare di nascosto le dosi del cibo, controllare abitudini alimentari e non… Purtroppo questi comportamenti, benché fatti per ragioni più che comprensibili, possono diventare un’arma a doppio taglio. Con il terapeuta, allora, bisogna andare a individuare quelli meno adatti – o che, addirittura, peggiorano il problema – e sostituirli con altri più utili e funzionali.
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Un libro semplice sull’anoressia e i disturbi alimentari.

Conclusioni

L’anoressia è un problema molto diffuso nel mondo occidentale ed è bene conoscerlo: le conseguenze, come detto, possono essere molto gravi. In realtà, la morte, è solo l’ultima di una serie di danni che la persona può subire; danni che possono essere di tipo fisico, ma anche psicologico e sociale.

Per avere un’idea più precisa, un libro interessante e semplice è Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. In modo molto pratico e con poche pagine, spiega l’anoressia (e altri disturbi del comportamento alimentare, come bulimia, binge eating e vomiting) dalla prospettiva di un particolare approccio di terapia breve, la Terapia Breve Strategica.

Chi invece volesse qualcosa di più avanzato, per capire il ruolo della TBS con questo problema, può leggere Le prigioni del cibo, dello stesso autore. Si tratta di un libro rivolto a terapeuti e anche un po’ datato (ha circa una quindicina di anni e nel frattempo ci sono state evoluzioni nella tecnica), ma molti principi rimangono i medesimi ed è di grande aiuto per capire diversi aspetti di questo problema.

Sicuramente può dare una mano iniziale, utile a capire le sottili dinamiche che si manifestano nell’anoressia e i primi passi da fare per liberarsene.

Se ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto in più, puoi rivolgerti ad uno Psicologo. Ricordati che puoi usufruire della terapia online, che ha la stessa efficacia di quella dal vivo.

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Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica
e Ipnosi

Per approfondimenti:
Nardone, G. (2005). Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., Verbitz, T. & Milanese, R. (2001). Le prigioni del cibo. Milano: Ponte alle Grazie.