Esiste un rimedio per il disturbo da accumulo?
Andy Warhol ne era affetto, Dante relegò gli accumulatori al quarto girone infernale (quello degli avari e dei prodighi), e i Fratelli Collyer di accumulo sono (indirettamente) morti: uno schiacciato dal peso degli oggetti accumulati nella loro casa e probabilmente crollatigli addosso, e l’altro presumibilmente di fame (si pensa che non riuscisse più ad uscire).
Se questi sono sicuramente casi estremi, estrema è la diffusione della disposofobia: negli Stati Uniti sembra essere diffusa tra il 2 e il 5% della popolazione. Significa che 2-5 persone ogni 100 ne soffrono: un numero considerevole, perché vuol dire che se pensi a 50 amici potrebbero esserci 1-2 accumulatori.
Ma si può risolvere la disposofobia con la Terapia Breve?
Dal consumismo all’accumulo patologico
Tutti quanti, nella nostra vita, compriamo cose di cui non abbiamo realmente bisogno. Dal gadget simpatico all’acquisto compulsivo, fino allo “sfizio” da togliersi. Comprare oggetti inutili, insomma, è più o meno la norma.
Il problema è farlo in maniera eccessiva. Quando il fine è comprare, ci troviamo di fronte allo “shopping compulsivo”. Ma quando non riusciamo più a separarci dall’oggetto, allora entra in gioco il disturbo da accumulo, o disposofobia (hoarding, in inglese).
Questo può essere limitato a specifiche cose, quasi fosse una sorta di collezionismo patologico (accumulare giornali, vestiti, persino animali – sì, si può arrivare ad “accumulare” decine, centinaia di animali vivi in casa), o più frequentemente ad accumulare di tutto, tutto insieme: carte, coperte, riviste, libri, sacchetti, bollette, bici, quadri, motori…
Ma perché non vengono mai buttati?
Mai senza di te
Chi soffre di disposofobia spesso vorrebbe eliminare tutto ciò che ingombra i suoi spazi (un appunto preso l’anno precedente, una bolletta scaduta quindici anni prima…), ma non riesce a farlo. Non con i propri oggetti!
Infatti, se chi è vittima del disturbo da accumulo viene invitato da un amico a fare ordine in casa di questo, può aiutarlo a sbarazzarsi del superfluo senza problemi.
Secondo Gail Steketee, della Boston University, l’hoarder (termine inglese) non riesce a liberarsi dell’oggetto dandosi 3 ragioni:
1) Ragioni affettive: “Questo oggetto ha un grande valore per me. Mi ricorda qualcosa di caro. Mi fa rivivere un momento particolare. Non potrei stare senza.”
2) Ragioni strumentali: “Potrebbe servirmi: non si sa mai! Potrebbe tornare utile in qualunque momento.”
3) Ragioni intrinsiche: “È un bell’oggetto! Pensa alle possibilità che ha. Guardalo: perché dovrei volerlo buttare?”
Secondo altri studiosi c’è poi una difficoltà nell’elaborare correttamente le informazioni, che si può manifestare in una comprensione del problema buona (“So di avere un problema, anche se non riesco a liberarmi di tutte queste cose”), povera (“Ho casa piena di roba e in effetti non è il top ma… è davvero un problema?”) o assente (“Non capisco di che problema stai parlando: quale accumulo? Sono cose che voglio avere a disposizione, non c’è niente che non va”).
Ma cosa causa la disposofobia?
Cause del disturbo da accumulo
Alcuni autori parlano di 3 cause principali:
1) Un trauma
2) Una condizione passata/presente di ristrettezza economica
3) Un’infanzia fatti di abusi e/o trascuratezza
Non sono affatto d’accordo. Queste tre condizioni possono portare a sviluppare praticamente qualunque problema o disturbo! E non è detto che lo facciano, peraltro. Non si tratta di cause, a mio parere, ma al massimo di vulnerabilità: condizioni che potrebbero facilitare l’insediarsi di una disposofobia.
È molto più probabile che l’accumulo sia un comportamento che insorge come reazione disfunzionale a qualcosa di negativo/positivo (non necessariamente un evento singolo), che poi si rinforza con se stessa. È un po’ come il Disturbo Ossessivo-Compulsivo, in cui la compulsione può essere un iniziale sedativo per l’ansia che, poi, va fuori controllo.
E in effetti c’è chi dice che DOC e disposofobia siano imparentati.
Un Disturbo Ossessivo-Compulsivo?
La scienza non è convinta.
Da un lato sembrano avere caratteristiche simili, e in effetti alcune persone che soffrono per un DOC soffrono anche per la disposofobia (1 su 3), ma non è altrettanto vero il contrario: solo 1 disposofobico su 4 presenta altre manifestazioni ossessive.
In più, neurologicamente, i meccanismi implicati sono diversi e i farmaci che aiutano a controllare il Disturbo Ossessivo-Compulsivo non sembrano funzionare con il disturbo da accumulo.
C’è così chi ritiene che possa essere più un Disturbo del controllo degli impulsi, o un Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità. Ma non è ancora chiaro.
Chi è il dispofobico?
Quello che possiamo dire di sapere finora è che si tratta spesso di persone molto intelligenti, capaci di cogliere molti più dettagli delle persone comuni, con una capacità mnestica (la memoria) notevole, in particolare per la funzione della memoria visiva.
Inoltre sembra che in una buona percentuale soffrano anche di Depressione, e in percentuali un po’ più ridotte di Disturbo d’ansia generalizzata, Fobia sociale e Disturbi dell’attenzione. Insomma, un quadro complesso.
Quello che è chiaro, però, sono le conseguenze.
Conseguenze del disturbo da accumulo
Ce ne sarebbero parecchie, ma per citarne alcune:
- rischio più elevato di incorrere in malattie croniche legate all’età
- impatto negativo sulle attività quotidiane: spostarsi da casa, trovare oggetti importanti, mangiare al tavolo, usare la cucina, preparare il cibo, dormire a letto. Ai primi posti tra gli oggetti comuni da usare ci sono: forno, frigo e lavello e vasca da bagno
- maggiori possibilità di finire in case di cura prematuramente
- isolamento sociale
- rottura di relazioni
- problemi finanziari e legali
Terapia breve per la disposofobia
Il trattamento del disturbo da accumulo può variare molto in relazione alla gravità del problema, ma come hanno mostrato Frost e colleghi (2003) l’approccio che dà migliori risultati va a lavorare proprio sui comportamenti.
Utilizzare tecniche tipiche di alcune Terapie Brevi può rivelarsi davvero utile (Morano, 2010; Pietrabissa et al., 2016).
Se vuoi, puoi usufruire anche della Terapia Online, che è efficace come la terapia in studio.
Una cosa che ad esempio può iniziare a fare chi soffre di questo problema è scegliere, tra tutti gli oggetti, il più “emotivamente piccolo”, il meno “affettivamente significativo”, quello che forse potrebbe gettare anche domani… e farlo. Questo aiuta a provocare una prima piccola breccia nel comportamento problematico.
Assieme può essere utilizzata anche l’ipnosi e le tecniche paradossali, per raggiungere un risultato in breve tempo. Generalmente, il 70% di chi soffre di questo problema lo risolve in tempi brevi seguendo una psicoterapia per la disposofobia (Tolin et al., 2009).
Conclusioni e letture sulla disposofobia
Un libro sul disturbo da accumulo è Tengo tutto. Perché non si riesce a buttare via niente, di Randy Frost e Gail Steketee, due autorità in materia. Dopo anni di ricerche i due hanno sintetizzato in modo chiaro e completo quello che sappiamo oggi sulla disposofobia. Il libro descrive molto bene il problema, parla di possibili cause e dà alcune indicazioni terapeutiche – sebbene non si concentri sulle le Terapie Brevi.
Può essere un buon punto di inizio per cominciare a risolverlo, ricordando naturalmente che uno psicologo è la figura di riferimento per chi ha bisogno di un supporto per liberarsi una volta per tutte del disturbo da accumulo.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia Seduta Singola
Ipnosi
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Riferimenti bibliografici
Frost, R. O., Steketee, G. & Greene, K.A. I. (2003). Cognitive and Behavioral Treatment of Compulsive Hoarding. Oxford University Press.
Morano, C. L. (2010). Hoarding: What we know and what we can do. Geriatric Mental Health Alliance of New York.
Pietrabissa, G. et al. (2016). Brief strategic therapy for obsessive–compulsive disorder: a clinical and research protocol of a one-group observational study. BMJ Open, 6(3).
Tolin, D.F., Frost, R.O., & Steketee, G. (2010). A brief interview for assessing compulsive hoarding: The Hoarding Rating Scale-Interview. Psychiatry Research, 178, 147-152.