La Terapia Breve per il Disturbo da Stress Post-Traumatico

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La Terapia Breve Per Il Disturbo Da Stress Post-Traumatico Il Disturbo da Stress Post Traumatico e la Terapia Breve.

Cos’è un trauma? E come può cambiarti la vita? E, in che modo, si trasforma nel famigerato Disturbo da Stress Post-Traumatico?

Vivere un trauma significa subire una ferita. Come tutte le ferite, anche quelle profonde si rimarginano. A volte possono lasciare segni più o meno evidenti, altre volte possono scomparire del tutto alla vista. Resta comunque il fatto inconfutabile che la ferita c’è stata e la nostra “pelle” è stato incisa.

E quando questo si trasforma in un “disturbo”, significa che la cicatrice non si è creata, e la ferita continua a sanguinare. Ecco il Disturbo da Stress Post-Traumatico. Vediamo come funziona e come affrontarlo con la Terapia Breve.

Traumi normali ed extra-normali

Ogni singolo episodio, anche il più banale, lascia un segno e contribuisce alla tua formazione. Ma il trauma si inserisce come elemento di contrasto che va a minare la tua struttura, la quale può vacillare, resistere o crollare… oppure addirittura rafforzarsi. Tante sono le reazioni quante sono le personalità.

Alcuni traumi fanno parte del normale ciclo di vita: pensa all’inevitabile momento della perdita di una persona cara. Altri entrano nella sfera degli “extra”: si legano a episodi che esulano dal normale corso degli eventi e che quindi, per loro stessa natura, coinvolgono solo ed esclusivamente un ristretto numero di persone, come catastrofi naturali, guerre, terrorismo, violenze.

In realtà, come vedremo, la differenza la fa la persona, più che il trauma.
Certo, subire una violenza sessuale è incommensurabilmente diverso dal perdere un parente anziano. Ma quello che voglio dire è che la ricerca ha mostrato come la differenza la fai tu: la tua persona, le tue risorse… chi sei. Questo ti spiega perché alcune vittime di violenza o di una catastrofe possono sviluppare un disturbo e altre, benché turbate, no.

Ma come si è arrivati a parlare di DSPT?

La guerra nel Disturbo da Stress Post-Traumatico

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Tutto ha inizio con il ritorno dei soldati dalla guerra.

Ok, adesso rispondo alla domanda che hai in testa da qualche minuto: “Ma non si chiamava Disturbo Post-Traumatico da Stress?”

Sì, fino a pochi anni fa la traduzione italiana di Post Traumatic Stress Disorder era questa. Ma da qualche anno, appunto, l’hanno aggiornata. Mentre prima l’accento era sul fatto che il disturbo post-traumatico era da stress, adesso si sottolinea che il disturbo da stress fa seguito a un trauma.

Comunque, una vera e propria definizione della patologia la si è avuta solo in tempi piuttosto recenti, nel 1980, indagando le reazioni dei reduci della guerra del Vietnam (sebbene già fosse stata osservata in quelli della Prima Guerra Mondiale e chiamata shellshock o, con termine italiano, “malattia degli obici”, proprio in riferimento all’onda d’urto delle esplosioni a cui i soldati erano stati sottoposti – l’obice è una sorta di cannone).

I soldati tornavano dalla guerra con tutta una serie di atteggiamenti e comportamenti dalle gravissime conseguenze. Se sei curioso, guardati Apocalypse Now o Il cacciatore, due storici film che ben mostrano gli effetti della guerra sui soldati.

Un dato su tutti: il DSPT ha causato fra i soldati più morti della guerra stessa, 60.000 i suicidi, anche a distanza di anni, contro i 50.000 morti sul campo della guerra in Vietnam. A questo aggiungi il fatto che fra i sopravvissuti è altissimo il numero di coloro che trascorrono un’esistenza fortemente disadattata e improntata alla violenza.
Lo studio mette inoltre in rilievo come il trauma da guerra produca i medesimi effetti che si riscontrano sulle donne che hanno subito violenza sessuale, assimilando così queste due categorie sociali agli antipodi.

 

Il sano sintomo

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Il sintomo è una risposta fisiologica autoprotettiva.

Come detto, non siamo macchine e quindi è decisamente sano avere una risposta estrema quando si subisce un evento estremo. Infatti, il tuo corpo e la tua mente mettono in atto alcune reazioni mirate a proteggerti dall’eventuale crollo.

Immagina la febbre, o la tosse: di sicuro non le vivi bene, ma sono delle risposte fisiologiche attraverso le quali il tuo corpo si autoprotegge e sottolinea un malessere o uno stato di particolare debolezza. E, in più, gli servono per rispondere e tentare di combattere quel malessere.

Il problema non è tanto l’avere determinate risposte, quando averle in almeno 3 modi particolari:

  • Risposte intense: cioè connotate da un’intensità superiore a quella che normalmente tolleriamo. Per esempio, un conto è avere dei ricordi poco piacevoli come un incidente, e un conto è rivivere l’incidente come se si stesse ripetendo.
  • Risposte durevoli: che, cioè, hanno una durata prolungata. Dopo una catastrofe o un evento traumatico potresti soffrire d’ansia per un po’ di settimane, ma se la cosa dura mesi e mesi allora c’è qualcosa che non va.
  • Risposte frequenti: cioè che si ripetono nel tempo. Magari l’ansia di cui sopra non dura che pochi giorni, però il problema è che ogni 2-3 settimane si ripete ancora, e ancora, e ancora…

Ma come reagiamo, nello specifico, a un evento traumatico?

Disturbo da Stress Post-Traumatico: sintomi

Senza scendere nelle classificazioni tecniche, e limitandoci a un linguaggio più chiaro e comune, possiamo dire che alcuni dei sintomi psicologici di questo disturbo sono:

  • difficoltà di concentrazione
  • insonnia
  • irritabilità
  • angoscia
  • rievocazioni dell’evento attraverso sogni e flashback
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Spesso evitiamo ricordi spiacevoli per il dolore che ci arrecano.

A questi si uniscono una serie di sintomi strettamente fisici, quali palpitazioni, tremori, dolori persistenti allo stomaco, eccessiva stanchezza alternata a eccitazione ecc. Si può però arrivare ad avere anche reazioni psicosomatiche.

Soprattutto, però, ci sono alcuni comportamenti che vengono messi in atto con sistematicità, come meccanismi di autoprotezione. Ad esempio l’evitamento di stimoli e situazioni associabili al trauma, o anche solo il tentativo di scacciare immagini, ricordi e pensieri collegati.

Ed è su questi che si va a lavorare con la Terapia Breve, perché permettono di sbloccare definitivamente il problema.

Terapia Breve per il disturbo da stress post-traumatico

Ma allora come se ne esce?

Innanzitutto dalla consapevolezza che uscirne è possibile, che passa attraverso il riconoscimento dell’esistenza del problema. Da soli è difficile perché si rischia di mettere in atto comportamenti che finiscono per acutizzarlo e incancrenirlo.

Devi capire che istintivamente si cerca un distacco da tutto ciò che è riconducibile all’evento: luoghi, azioni, persino odori che possano farlo riaffiorare alla mente, ma proprio attraverso questo meccanismo crei un fantasma che rimane sì occulto, ma pur sempre ossessivamente presente. Succede un po’ come se per togliere la polvere dal pavimento ti limitassi a nasconderla sotto al tappeto.

La Terapia Breve ha dimostrato ampiamente di poter risolvere il problema del DSPT in poche sedute. Addirittura, la ricerca ha mostrato che in una certa percentuale di casi può bastare anche un’unica seduta. Non è strano, perché, come detto, nel momento in cui si riescono a bloccare le risposte che mantengono in vita il problema questo si spegne velocemente: è come se quelle risposte fossero un ciocco di legno che ogni volta rinvigorisce il fuoco del disturbo. Bloccale, e il fuoco si spegnerà.

Con il terapeuta, allora, non si va tanto a identificare presunti conflitti inconsci, ma a sbloccare quei comportamenti ripetitivi che, come visto, tengono i sintomi e il problema stesso ancora in vita. Una volta visti, si arriva a usare delle strategie pratiche per andare oltre.

Ma c’è qualcosa che puoi fare da solo?

Una tecnica di Terapia Breve per il DSPT

Posto che questo non può sostituirsi alla valutazione e all’intervento di uno psicologo, possiamo farci un’idea di cosa può servire per affrontare il DSPT. Infatti, se evitare luoghi e pensieri non fa altro che mantenere il problema in vita, ciò che va fatto è… guardarli in faccia.

libro di Federica Cagnoni e Roberta Milanese
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Questo, per molti, è davvero difficile. D’altronde se così non fosse non scaccerebbero i pensieri, e non eviterebbero i luoghi. Però, la buona notizia è che è possibile farlo in una maniera controllata: raccontando in forma scritta lo svolgersi dei fatti. Deve essere una scrittura “di getto” e mirata all’evento stesso, in barba anche alle più elementari norme grammaticali: quando si parla di emozioni non ci sono regole.

Un libro molto interessante che spiega affondo questa tecnica, e ne mostra i risultati incredibili nel Disturbo da Stress Post-Traumatico (e in generale nelle situazioni in cui si è vissuto un trauma), si chiama proprio Cambiare il passato. Infatti, grazie allo scrivere, viene data nuova forma al ricordo traumatico, che perde i suoi connotati disturbanti.

Dare un nuovo senso al passato

Certo, cambiare il passato e cancellarne le porzioni che ti hanno ferito o lacerato non è possibile, ma farlo rientrare in carreggiata affinché ti resti alle spalle senza perseguitarti, sì. La riscrittura si pone in quest’ottica come vera e propria terapia strategica, efficace e risolutiva in ben l’89% dei casi.

Vale la pena anche rimarcare che i restanti insuccessi sono quasi sempre legati alla mancata osservazione del compito, spesso per paura di innescare un dolore ritenuto ingiustamente insopportabile. Ed è qui che la figura del terapeuta si fa importante, poiché aiuta la persona a sostenere quel dolore fino a vincerlo del tutto.

Sbloccare il passato, rompere le catene che vincolano a esso, esorcizzare il fantasma che tormenta la quotidianità è dunque l’unico modo per riappropriarsi della propria vita e della serenità, e la Terapia Breve, attraverso strategie mirate, rappresenta la soluzione più efficace.

Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola

Ipnosi

Riferimenti bibliografici:

Cagnoni, F. & Milanese, R. (2009). Cambiare il passato. Milano: Ponte alle Grazie.

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