Ti organizzi, senza che nessuno ti veda, senza che nessuno lo sappia, ti abbuffi di una quantità di cibi indescrivibile – o magari di alcuni specifici che sai tu – e poi… vomiti.
Tecnicamente questa viene chiamata “bulimia con condotte di eliminazione“, ma c’è chi l’ha definita a suo tempo “sindrome da vomito“, o vomiting (Nardone, Verbitz & Milanese, 1999), perché seppure ha un elemento in comune con la bulimia (l’abbuffata) la grande differenza è che il problema più che sull’abbuffata stessa si regge su un altro elemento: il vomito.
E se il problema è diverso, anche la soluzione dev’esserlo. Ed è di questo che si è occupata la Terapia Breve, andando a lavorare sulla condotta presente per estinguerla definitivamente.
Abbuffate bulimiche
Abbuffarsi significa ingerire una grande quantità di cibo in un lasso di tempo relativamente breve, più grande di quella che solitamente viene consumata dalle persone in quello stesso lasso di tempo. Ed è la caratteristica tipica della bulimia.
L’abbuffata viene vissuta come un impulso senza controllo, a cui non è possibile resistere. Chi ci prova, finisce poi irrimediabilmente, prima o poi, per cedere. Anzi, potremmo dire che spesso è proprio il tentativo di controllare l’impulso a renderlo più forte e quindi più irresistibile la volta successiva.
Chi soffre per la bulimia fa questo: si abbuffa di cibo. A volte è un cibo specifico, a volte tutto ciò che è al momento disponibile nel frigo e nella credenza; a volte si fa la spesa appositamente per abbuffarsi di qualcosa che si desidera in quel momento.
Anoressia e vomito
Il vomito è spesso associato anche all’anoressia.
Spesso si presenta in quelle persone con un problema di anoressia nervosa che, dopo una più o meno lunga astinenza alimentare, cedono all’abbuffata, e allora vomitano per poter tenere sotto controllo il peso.
Nei casi più gravi manca persino l’abbuffata, e la persona vomita anche il più piccolo cibo ingerito.
Dalle condotte di eliminazione al vomiting
Non tutte le abbuffate conducono al vomito. Ecco perché il vomiting viene considerata una categoria a sé.
Dopo un’abbuffata ci sono persone che, semplicemente, rimangono lì così. Magari vinte dai sensi di colpa, ma comunque non intenzionate a vomitare.
Altre, invece, mettono in atto delle condotte di compensazione: dallo sport (prima o dopo l’abbuffata – dove “prima” e “dopo” non significa necessariamente pochi minuti o ore, magari è anche il giorno dopo) all’uso di clisteri. Oppure, sì, vomitano, ma il vomito è ancora qualcosa di occasionale, raro.
E poi c’è chi vomita più o meno sistematicamente.
Spesso il vomito nasce per caso. A volte viene suggerito da un’amica (uso il femminile perché è un problema che riguarda soprattutto le donne), a volte viene quasi spontaneo dopo un’abbuffata ingestibile, altre volte viene provato per caso. Il problema è quando a quella prima volta ne segue una seconda, e una terza, e così via fino a diventare un’abitudine ricorrente: dopo ogni abbuffata, segue il vomito.
Potremmo dire, anzi, che l’abbuffata diventa solo la scusa per il vomito. C’è anche chi arriva a non abbuffarsi più, a non ingerire più grandissime quantità di cibo: in questi casi è più evidente come il vomito in sé sia il problema su cui bisogna lavorare.
Il piacere del vomitare
Sembra disgustoso e controintuitivo, ma per alcuni vomitare può diventare un piacere. Non deve sorprendere, poiché molti comportamenti dannosi o anche dolorosi possono assumere forme di piacere (tirare su dei pesi e sentire i muscoli dolere è un doloroso piacere socialmente accettato). Ricorda inoltre che nell’antichità, i Romani solevano vomitare durante un banchetto abbondante, per poter mangiare di più.
Nel suo Satyricon, Petronio Arbitro addirittura diceva: «Vomitano per poter mangiare e mangiano per poter vomitare.» Il piacere di vomitare ha quindi radici e ragioni più antiche di quelle che potremmo pensare. Sembra assurdo per chi non lo ha mai sperimentato ma non lo è per chi, ogni settimana, spesso più volte a settimana, lo ricerca e ne è vittima.
Ed è un piacere, sì, al punto che spesso chi ne è soggiogato da molto tempo, vive una vita in cui gli altri piaceri sono negati o trattenuti. E il vomito diventa come una delle poche forme di personale piacere che ci si può concedere. E un impulso a cui non si può più resistere.
Terapia Breve per chi vomita
La Terapia Breve, anche online, come sai, ha un’impostazione sul presente. Presunti problemi del passato, seppure possono esserci stati e possono aver condotto a una lunga catena di eventi che oggi si potrebbe forse ricollegare al vomiting, non sono la via maestra per liberarsi da questa condotta.
E se per affrontare la bulimia o l’anoressia ci sono specifiche strategie, lo stesso vale per affrontare il vomiting: ecco perché è considerato un problema a sé. Le tecniche usate con anoressia e bulimia, infatti, non funzionano con la sindrome da vomito, che ha una sua peculiarità strutturale, allo stesso modo in cui con persone vittime della depressione e persone schiacciate dagli attacchi di panico si utilizzano strategie differenti.
Ad esempio?
La tecnica dell’intervallo
Nel libro Al di là dell’odio e dell’amore per il cibo vengono descritti diversi disturbi del comportamento alimentare, tra cui anche la sindrome da vomiting. Si tratta di un libro divulgativo chiaro e veloce, con la descrizione di molti casi risolti, che rende l’idea di come funzionano questi problemi e di come si risolvono.
Benché siano problemi per i quali è bene rivolgersi a uno psicologo, viene descritta una tecnica che può essere facilmente messa in pratica. Tuttavia ti invito a considerare questa tecnica come un farmaco: non devi metterla in atto senza essere seguita da qualcuno, e soprattutto da sola difficilmente può sortire gli effetti desiderati.
Si chiama “tecnica dell’intervallo” e funziona così: se il tuo problema è la sindrome da vomito, puoi tranquillamente abbuffarti quando ne senti l’esigenza, ma devi poi aspettare un’ora prima di poter vomitare. In quell’ora puoi fare quello che vuoi, tranne vomitare. Terminata l’ora, se vuoi, puoi vomitare come hai sempre fatto.
La semplicità della tecnica ne nasconde l’alta efficacia, che in molti casi già dopo un paio di settimane porta alla quasi completa scomparsa dell’impulso a vomitare. Naturalmente, come detto, sebbene altamente efficace, è una tecnica: è lo psicologo, assieme a te, a dover comprendere se è adatta alla tua situazione, o se è necessario modificarla o fare qualcosa di diverso.
Le sindromi da vomito, come vedremo magari in un altro articolo, non sono tutte uguali. Tuttavia, la Terapia Breve si è dimostrata molto efficace la maggior parte delle volte nel poterle risolvere in poche sedute.
Se hai avuto esperienze di questo tipo mi farebbe piacere che commentassi qui sotto, così da aiutare altre persone a capire come vivi questa situazione e, se già ci sei riuscita, come ne sei venuta fuori.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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Riferimenti bibliografici
Nardone, G. (2003). Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Milano: BUR.
Nardone, G., Verbitz, T. & Milanese, R. (1999). Le prigioni del cibo. Milano: Ponte alle Grazie.