C’è un tempo sospeso nel cuore di chi lotta con il cibo.
Un tempo fatto di sguardi allo specchio e battaglie silenziose.
Ma dentro ogni frammento, c’è una voce che chiede aiuto.
E nella rapidità gentile di una Terapia Breve, a volte, si trova l’ascolto che cura.
Le Terapie Brevi accolgono chi soffre di disturbi alimentari con uno sguardo diverso: uno sguardo che non giudica, non etichetta, ma ascolta il linguaggio del sintomo con rispetto e curiosità.
Chi arriva in terapia spesso ha già vissuto il peso del giudizio: medico, familiare, sociale.
La Terapia Breve inizia non chiedendo “cos’hai”, ma “come vivi” ciò che ti accade.
“Se sei qui, è perché qualcosa dentro di te vuole cambiare. Partiamo da lì.”
L’attenzione si sposta dal disturbo alla persona intera, al suo funzionamento, alle sue risorse già presenti.
Una delle forze delle Terapie Brevi è la definizione chiara di una meta:
- “Come sarà la tua vita quando il problema non ci sarà più?”
- “Cosa vuoi ottenere da questi incontri?”
Questo aiuta chi è confuso, smarrito, a riappropriarsi della direzione. Inoltre ogni parola è pensata. Ogni tecnica è costruita sulla persona, non sul protocollo.
Le Terapie Brevi non chiedono “perché”, ma “a cosa serve” questo comportamento?
Cosa protegge? Da cosa distrae? Cosa cerca di comunicare?
Le Terapie Brevi non tagliano corto: condensano l’efficacia.
Attraverso la costruzione rapida di fiducia, si crea uno spazio in cui anche chi ha sempre avuto paura di parlare, inizia a raccontarsi.
Al di là dei disturbi alimentari
Le Terapie Brevi non sono una corsa. Sono una danza. Non rincorrono il sintomo, ma ne colgono il significato. Nate per aiutare in tempi contenuti, non si accontentano della superficie: sanno che, anche in pochi incontri, si può aprire un varco verso il cambiamento.
Quando si parla di disturbi alimentari – anoressia, bulimia, binge eating – si pensa spesso a lunghi percorsi. Ma in molti casi, le Terapie Brevi possono offrire una prima scintilla, un momento di risveglio, un’esperienza trasformativa.
Chi vive un disturbo alimentare spesso parla senza parole. Il corpo diventa messaggero. Il cibo, codice. E il terapeuta, un traduttore.
Chi vive un disturbo alimentare spesso si sente invisibile e, allo stesso tempo, esposto.
È una contraddizione che lacera: voler scomparire, ma sperare di essere finalmente visti.
Alcune delle emozioni, delle sensazioni e delle azioni più comuni — anche se spesso non dette sono:
– Vergogna
“Non dovrei essere così.”
Il corpo diventa un campo di battaglia.
Ogni pasto è una prova. Ogni specchio, un giudice.
Chi vive questa difficoltà spesso si vergogna non solo del proprio aspetto, ma anche delle proprie emozioni, dei pensieri, della fame stessa.
– Controllo come unica sicurezza
“Se perdo il controllo sul cibo, perdo tutto.”
Il cibo è usato come strumento:
- per calmare l’ansia
- per punirsi
- per sentirsi forti in un mondo che sembra ingestibile
Ma il controllo si trasforma presto in una prigione.
– Caos interiore
“Non so più cosa sento, non so chi sono.”
Molte persone con DCA raccontano una confusione emotiva profonda:
non sanno se sono tristi, arrabbiate, impaurite. Sentono solo il bisogno urgente di agire: abbuffarsi, digiunare, compensare.
La mente si difende dal dolore mettendo tutto nel corpo.
– Solitudine
“Nessuno può capire davvero.”
Anche in mezzo a persone care, ci si sente lontani.
La vergogna, la difficoltà a spiegare il proprio comportamento, portano a isolarsi.
E spesso, chi cerca di aiutare, finisce per ferire:
“Mangia.”
“Sei bellissima così.”
“Devi solo accettarti.”
…ma non è così semplice.
– Un conflitto profondo tra desiderio di guarire e paura di cambiare
“Voglio uscirne, ma non so chi sarò senza questo dolore.”
Il disturbo, per quanto doloroso, diventa una parte identitaria.
Guarire non è solo “sm smettere di fare certe cose”, è riscoprire chi si è senza quel copione.
E fa paura. Perché spesso si è vissuto anni senza mai conoscersi davvero.
Il corpo come alleato, non come nemico
Chi si guarda allo specchio con rabbia non ha bisogno di uno specchio più grande.
Ha bisogno di uno sguardo più piccolo, intimo, gentile.
Le Terapie Brevi aiutano a costruire una nuova narrativa corporea. Non si lavora sul peso, ma sul valore. Non si misura l’efficacia con chili persi, ma con gradi di libertà conquistati.
Nel cuore del disturbo alimentare non c’è solo una lotta con il corpo. C’è una richiesta profonda di essere accettati, amati, riconosciuti, contenuti.
I disturbi alimentari sono pesi dell’anima, ma anche i pesi possono essere ascoltati, compresi, lasciati andare. Le Terapie Brevi non vogliono portarti via il dolore: vogliono restituirti una via per attraversarlo.
E quando il cambiamento avviene, non è una rivoluzione fragorosa. È come il battito d’ali di una farfalla. Silenzioso. Leggero. Ma capace di spostare il vento.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Nardone, G. (2005). Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., Verbitz, T. & Milanese, R. (2001). Le prigioni del cibo. Milano: Ponte alle Grazie.
