L’anoressia è sicuramente una delle forme di problematiche comportamentali più preoccupanti. Percepire il proprio corpo in una maniera distorta può portare un rischio serio: infatti, una persona su dieci muore, e le altre vanno spesso incontro a problemi articolari, muscolari, scheletrici, metabolici… Per non parlare del fatto che con anoressia non parliamo semplicemente del “non mangiare”: si tratta di un rapporto col cibo, ma anche con gli altri, con se stessi, con il controllo, che finisce per dipingere le pareti della gabbia, in cui la persona viene intrappolata.
Peraltro è un problema spesso altamente egosintonico, infatti la persona non percepisce il suo comportamento come problematico, oppure tende a minimizzarlo, questo anche a fronte di un corpo scheletrico.
Come ci si lavora? Ci sono tante psicoterapie, ma naturalmente qui parleremo delle Terapie Brevi.
Parole, percezioni e realtà: ricorda che non sei anoressica, hai l’anoressia nervosa
Generalmente non parlo né di “persone anoressiche” né di “anoressia”. Perché entrambe le definizioni conducono a pesanti fraintendimenti. “Non sei anoressica, hai l’anoressia nervosa” recita la quarta di copertina del libro “Il coraggio di avere fame, di Rosa Iatomassi”. E io sono d’accordo… al 50%.
Parlare di “anoressica”, oltre all’evidente stereotipia di genere, identifica la persona con il disturbo: è una cosa orribile! Dovremmo smetterla con queste etichette diagnostiche alla “Tizio è un narcisista”, “Caio è un borderline”, “Sempronio è un anoressico”. La persona è la persona, il problema è il problema. Anche se anche dire “Hai l’anoressia nervosa” è confusivo, dato che conduce all’idea che la persona sia portatrice di un qualcosa di materiale, di reale, di fisico.
Si parla di “reificazione”, cioè la tendenza a rendere materiale. Si tende a pensare che sia materiale, una cosa astratta.
Infatti puoi avere il diabete, nel senso che hai una condizione organica e metabolica oggettivamente rilevabile, ma non puoi avere allo stesso modo l’anoressia nervosa: perché con “anoressia nervosa” identifichiamo una serie di comportamenti, e al massimo le conseguenze di quei comportamenti, e tu i comportamenti non li puoi avere, li puoi solo fare.
Ovviamente non diciamo “fai l’anoressica”, perché potrebbe avere una connotazione giudicante: dovremmo dire “Fai l’anoressia”, ma questa cosa sintatticamente non funziona bene… Però mi preme questa questione linguistica, dato che sappiamo che le parole creano la realtà.
Cosa fa chi HA l’anoressia nervosa
Il disturbo si manifesta con il mettere in pratica restrizione e rifiuto nei confronti del cibo, una restrizione ed un rifiuto così rigidi e prolungati nel tempo, che nei casi più gravi determinano importanti conseguenze fisiche e fisiologiche che portano il soggetto a ricoveri coatti, durante i quali spesso i sanitari sono costretti ad effettuare alimentazione forzata consistente in liquidi pregni di sostanze nutritive tramite un sondino.
Con il passare del tempo il soggetto che ha l’anoressia nervosa, che ricorre oltre all’astinenza dal cibo, all’uso di lassativi, all’over exercising e altri fantasiosi stratagemmi per non ingrassare, perde completamente la percezione del proprio corpo e comincia ad indossare delle ‘lenti deformanti’ per cui più dimagrisce più si vede in sovrappeso, perdendo completamente il senso della misura ed ignorando il fatto che si sta ammalando, cosa di cui, invece, chi si gli sta intorno, spesso, anche se con ritardo, nota.
E invece quando si parla di anoressia, è fondamentale agire rapidamente, fin dalle prime battute d’esordio se possibile :sia perché più passa il tempo e più diventerà complicato il lavoro e sia perché più passa il tempo, e più il corpo sarà sottoposto a stress fisiologici anche irreversibili.
Come intervenire con chi ha l’anoressia nervosa
Nel mio articolo “Liberati dalla prigione dell’anoressia nervosa con la Terapia Breve” approfondisco meglio l’argomento, ma sicuramente il mio suggerimento è quello di, se sei a contatto con una persona che ha l’anoressia nervosa, non arrabbiarti con quella persona, perché non vede il proprio corpo come lo vedi tu, quindi non devi continuarle a dire: “Ma non ti rendi conto che sei magra?”, perchè questo significa fare i conti solo con la nostra percezione, senza considerare come funzioni quella dell’altro.
Quello che invece puoi fare è accorgerti per prima che c’è un problema, su cui è necessario intervenire. Infatti, chi soffre di anoressia, soprattutto all’inizio, mettendo in atto delle dinamiche di controllo sul suo corpo, ha l’illusione di controllare tutta la sua vita. Questo lo porterà difficilmente ad ammettere di avere bisogno di aiuto e, quindi, di rivolgersi ad uno Psicologo. Pensare che sia “un problema passeggero” può essere vero, ma può essere anche un rischio. E nel caso dei disturbi alimentari, “qualche mese” può essere già troppo.
E se invece sei tu la persona che ha l’anoressia nervosa, informati, capisci meglio come funziona questo problema e come affrontarlo, ma non sottovalutare la cosa e ricorda che lo Psicologo è ad oggi la migliore figura di riferimento per affrontare e superare i disturbi o i disagi alimentari, anche in tempi brevi.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Nardone, G. (2005). Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., Verbitz, T. & Milanese, R. (2001). Le prigioni del cibo. Milano: Ponte alle Grazie.