Figli che non rispettano i genitori, figli che odiano i genitori, figli irriconoscenti, figli ribelli e maleducati. Quando scoppia un conflitto familiare è così che i genitori descrivono i loro figli.
E per questo imparare come gestire i conflitti con i propri figli è una richiesta che arriva molto frequentemente da padri e madri di figli piccoli, adolescenti o anche adulti.
Ma prima, vorrei soffermarmi sull’etimologia della parola conflitto, che deriva dal latino cum- fligere: un interessante vocabolo che porta con sé due significati opposti, ma molto interessanti nel loro insieme. Se da un lato infatti possiamo parlare di scontro, dall’altro lato la parola conflitto può essere interpretata con il significato di confrontare, far incontrare.
Infatti un conflitto in famiglia viene spesso associato a dinamiche familiari disfunzionali e problematiche mentre invece le relazioni sane non sono caratterizzate dalla mancanza del conflitto, ma dalla sua gestione efficace.
Per questa ragione in questo articolo voglio aiutare i genitori che si trovano in un conflitto familiare a gestire al meglio la situazione con il supporto delle Terapie Brevi.
Abbassare le armi ed aumentare gli strumenti
Per ogni fascia di età i problemi da gestire sono differenti, mentre è identica la sensazione di disarmo, di inefficacia e di impotenza che hanno i genitori sentendo di non avere le “armi” giuste per affrontare situazioni più o meno complesse che sfuggono al loro controllo e che non mostrano miglioramenti nonostante gli sforzi messi in atto.
Le difficoltà che riscontrano gran parte dei genitori di bambini con un’età compresa tra i 6 e gli 11 anni sono i capricci, le difficoltà nel mangiare e nel dormire, paure, ansie, panico, aggressività, problemi scolastici ( di studio, di socializzazione, difficoltà nel distacco con la madre e i familiari e nell’affrontare lutti, separazioni ed eventi traumatici.
Le difficoltà che riscontrano gran parte dei genitori di adolescenti sono rabbia e aggressività esagerate, problemi scolastici, paure, ansia, panico, l’approccio alle relazioni con l’altro sesso e alla sessualità, difficoltà nell’affrontare lutti, separazioni, eventi traumatici, disturbi dell’alimentazione, bugie, ribellione, comportamenti violenti o autolesionistici, dipendenze, isolamento e chiusura.
Le difficoltà che riscontrano gran parte dei genitori di figli adulti sono dipendenze affettive ed incapacità di staccarsi dalla famiglia, conflittualità persistente verso i genitori, problemi di lavoro o di studio.
Come già detto, in tutti questi casi i genitori sentono di non avere le “armi” giuste, ma in realtà ciò che davvero servirebbe non sono delle armi, ma degli strumenti per affrontare efficacemente queste difficoltà.
La quiete dopo il conflitto
Nei casi di conflitti tra genitori ed un figlio di tenera età bisogna considerare che in questa fascia di età i genitori hanno un ruolo fondamentale sia educativo che normativo, allo stesso tempo, però, il bambino inizia a confrontarsi con il mondo scolastico organizzato e con il concetto di performance attraverso i compiti in classe e interrogazioni. Il bambino, all’interno di questi cambiamenti, deve trovare un nuovo equilibrio tra il gioco, lo studio, la socializzazione e la vita familiare e può accadere che qualche meccanismo si “intoppi”.
Con le Terapie Brevi si tende, almeno in una prima fase a lavorare esclusivamente con i genitori, evitando al bambino l’esperienza della terapia, se non strettamente necessaria. Questo sulla base del presupposto sistemico secondo il quale il cambiamento di un elemento del sistema crea una modificazione in tutti gli altri elementi del sistema stesso.
Aiutando i genitori ad affrontare il problema con strategie e soluzioni diverse rispetto a quelle che hanno già tentato di mettere in atto, e che non hanno funzionato, molto spesso il bambino modifica la propria reazione e percezione della situazione problematica e questo crea uno sblocco. Si tende a privilegiare la “terapia indiretta” (ovvero una terapia svolta solo con i genitori e senza il bambino) almeno fino ai 10/11 anni del bambino per evitare di “medicalizzare” il bambino stesso, di farlo sentire “diverso “ “malato” o “sbagliato”.
Con i figli adolescenti invece i genitori si trovano ancora in un ruolo “forte” in cui hanno la piena responsabilità sia legale che educativa dei loro figli, ma iniziano a fare i conti con la loro “ribellione”, fase naturale della crescita in cui vengono messi in discussione dai ragazzi tutti gli insegnamenti dati in famiglia poiché si sente una forte apertura verso l’esterno e la pressione sociale del gruppo dei pari assume un’importanza assoluta nella definizione di se stesso.
I genitori possono trovarsi ad avere difficoltà a seguire i figli in questo processo di cambiamento (“non li riconosco più” è una frase tipica dei genitori di figli adolescenti). In questa fascia d’età, se si stratta di un problema relazionale e conflittuale tra i genitori e il figlio/a, allora si può procedere anche con una terapia indiretta andando a modificare la comunicazione e le strategie messe in atto dai genitori. Se il problema, invece, è personale ( attacchi di panico, doc, autolesionismo, anoressia ecc…) sarà importate e necessario coinvolgere anche il diretto interessato all’interno della terapia.
Infine con i figli adulti termina la responsabilità legale che i genitori hanno, per quanto questo non modifichi la “responsabilità” percepita del genitore stesso e l’affettività nei confronti dei figli e delle scelte che iniziano a compiere. E’ una fase molto particolare poiché, molto spesso, ad una pretesa di autonomia da parte dei figli non corrisponde però, una reale autonomia, soprattutto economica, cosa che porta i genitori ad avere ancora un ruolo preminente e “forte” che viene percepito dai figli come “invasivo”.
I genitori possono essere aiutati e sostenuti a rivedere il proprio ruolo, a rivedere eventuali rigidità nelle proprie aspettative, ad elaborare il lutto di un figlio che va via di casa, a ricreare una nuova dinamica nella coppia che si ritrova dopo la crescita dei figli.
E’ facile che si creino conflitti, anche di grande portata. Anche in questa fascia d’età, se il problema è relazionale, si può impostare una terapia indiretta per operare cambiamenti nella strategia e nella comunicazione. Se, poi, il figlio è collaborativo, ovviamente può partecipare e trasformare la terapia indiretta in una terapia familiare.
Alcuni strumenti preziosi da utilizzare nel percorso
A prescindere dalla età e dai motivi del conflitto le “regole” genitoriali devono essere sempre chiare, espresse in positivo, sintetiche, poche ma buone e coerenti. Devono esprimere fiducia, sicurezza e motivazione: ingredienti per creare un clima di equilibrio in famiglia.
In questo modo i figli possono sentire sostegno, presenza, punti di riferimento, ma senza mai perdere la possibilità di sviluppare la loro autonomia.
I genitori devono sempre sapere ascoltare gli altri e se stessi e devono sapere esprimere le emozioni. Inoltre devono, a volte, saper dire di no. Poche volte, ma quando lo diranno, dovrà essere chiaro, fermo e rispettato.
Il conflitto è inevitabile, fare pace è indispensabile. Come infatti ci ricorda Isabelle Filliozat: “Nel conflitto, l’altro mi obbliga a considerarlo, mi invita a vedere un punto di vista che non sia il mio, amplia il mio campo di comprensione del mondo. La felicità non dipende dalle circostanze piacevoli o spiacevoli, ma dal nostro atteggiamento di fronte a queste circostanze”.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Giannotti E., Nardone G., Rocchi R., Modelli di famiglia, Ponte alle Grazie, Milano, 2001.
Nardone G., Aiutare i genitori ad aiutare i figli, Ponte alle Grazie, Milano, 2002.