“L’altro giorno mi sono resa conto di una cosa inquietante…mi sembra che in ufficio tutti siano poco gentili con me. Non solo non mi aiutano, ma spesso penso che vogliano mettermi in difficoltà di proposito”
Elisa* viene da me perché da quando ha cambiato lavoro, ha molti pensieri e non si sente a suo agio nell’andare in ufficio e nel lavorare a stretto contatto con i colleghi. Si rende conto che questi pensieri la portano ad isolarsi, a rimuginare spesso su cosa gli altri pensino di lei e sul perché si comportino “male” nei suoi confronti, senza che lei abbia fatto loro nulla.
Ogni giorno i sospetti aumentano, fino ad arrivare alla convinzione che gli altri ce l’hanno con lei e che stanno facendo di tutto per farla cacciare dall’ufficio.
Sembra proprio che Elisa abbia sviluppato una mania di persecuzione: è costituita dalla credenza delirante per effetto della quale si sente al centro di un complotto a suo danno. Questa credenza viene alimentata dalla costruzione di un pensiero volto a confermare in ogni modo le proprie credenze e pronto a cogliere in ogni gesto e comportamento un segno rivelatore del complotto.
Prima di vedere come ho aiutato Elisa a risolvere questo problema, occorre fare chiarezza sulle caratteristiche principali della mania di persecuzione.
Quali sono?
Chi soffre di questa difficoltà vive costantemente nella convinzione che ci sia un nemico da combattere. Si sente spesso sotto accusa, sotto giudizio e sotto attacco…e così, spesso, per non farsi attaccare, attacca lui per primo. La persona con manie di persecuzione vive sempre in allarme ed appare spesso distaccato o ostile.
Gli eventi che accadono intorno a lui vengono deformati e travisati: l’ironia è percepita come un volontario colpo contro se stessi; la proposta di aiuto come una maniera subdola per sottolineare una propria incapacità; un complimento come un modo per squalificare. Azioni e comunicazioni vengono percepite come la conferma delle proprie convinzioni.
Che cosa ha fatto Elisa per risolvere questo problema?
Come spesso accade, quando abbiamo un problema cerchiamo con tutte le nostre forze di risolverlo. Ma può succedere che questo impegno non sia risolutivo.
In Terapia Breve si parla di “tentate soluzioni disfunzionali” per indicare i tentativi da parte della persona di cercare di risolvere il problema, senza riuscirci; anzi, i suoi tentativi altro non fanno che mantenere in vita il problema o addirittura peggiorarlo.
Elisa prima di arrivare nel mio studio ha cercato di risolvere il problema in 3 modi:
1. Il controllo della realtà esterna
Per difendersi dal continuo attacco che sente nei suoi confronti, Elisa cerca di controllare tutto e tutti. Ma nel tentativo di questo estremo controllo, gli altri percepiscono la sua diffidenza e diventano, a loro volta, diffidenti con lei. Questo altro non fa che confermare i sospetti di Elisa, alimentando il circolo vizioso della diffidenza, che viene appunto confermata. “Ho il sospetto sugli altri e li controllo, ma ciò fa sì che gli altri sospettino di me”.
2. Chi cerca…trova!
Il dubitare di tutto e tutti porta Elisa a vivere costantemente nel dubbio. Da una parte ci sono gli altri che cercano di farla ragionare, di razionalizzare e di far notare ad Elisa la stranezza dei suoi comportamenti, dall’altra ci sono i pensieri basati sul sospetto – “se anche tu non mi capisci, vuol dire che trami contro di me”.
E così, in ogni situazione Elisa si sforza di ricercare tutte le informazioni, i dettagli, i comportamenti, le parole degli altri che possano andare a confermare la sua idea di minaccia.
E si sa…chi cerca, trova!
3. Il coinvolgimento della famiglia
Per potersi difendere (ed anche giustificare) da un possibile licenziamento da lavoro o attacco da parte dei colleghi, Elisa chiama in gioco la sua famiglia. Racconta loro la situazione, i tentativi da parte dei colleghi di farla fuori dall’ufficio e cerca di accaparrarsi la loro comprensione. Dando adito ai suoi pensieri, i familiari di Elisa non hanno fatto altro che rinforzare la sua difficoltà: tutti si sono uniti nel tentativo di trovare una soluzione ma hanno finito per unirsi nel problema!
Uno stratagemma di Terapia Breve
Sia chiaro, la Terapia Breve non si riduce a “semplici stratagemmi”. Quello che sto per proporti è uno degli elementi che ho usato per aiutare Elisa a liberarsi da questa sensazione di essere giudicata o ingiustamente trattati dagli altri, quindi non confonderlo con l’intera terapia: se anche tu hai questa difficoltà e questo stratagemma da solo non basta, chiedi supporto a uno psicologo.
Lo stratagemma in realtà è molto semplice, e si divide in due parti.
La prima è quella di scrivere, la mattina, tutte le diffidenze e i sospetti di cui ti senti vittima. Fai proprio una sorta di diario, come se dovessi descrivere oggettivamente a qualcuno tutti i pensieri che hai in mente rispetto a questa difficoltà: perché sei diffidente, quali comportamenti non ti tornano, quali situazioni ti hanno messa in difficoltà ecc.
Una volta scritto, lascialo lì, oppure butta il foglio, strappalo, brucialo: è fondamentale, infatti, che tu non lo rilegga più.
La seconda parte è sempre scritta, ma diversa. Dovrai infatti appuntarti, giorno per giorno, tutti i comportamenti e atteggiamenti di cui diffiderai realmente. Dovrai, insomma, segnarti su un blocco note tutti i comportamenti che ritieni essere effettivamente degni di diffidenza e sospetto. Durante il giorno, ogni volta che ne noti uno, te lo segni (subito o appena hai tempo). Questo ti aiuterà a discernere meglio quelli oggettivamente reali da quelli più relativi al tuo pensiero.
Se la tua diffidenza è solo temporanea o a un livello molto base, in un paio di settimane di applicazione costante vedrai subito dei risultati. Se così non fosse, il suggerimento è di nuovo quello di rivolgerti a un professionista. Ricordati che puoi usufruire anche della terapia online, che ha la stessa efficacia di quella dal vivo.
Bibliografia
Muriana, E., Verbitz, T. (2017), Se sei paranoico non sei mai solo! Dalla diffidenza al delirio paranoico, Alpes, Roma.
Nardone G. (2013), Psicotrappole, ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle, Ponte alle Grazie, Milano.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.