Ti sarai sicuramente posto tante domande riguardo alla figura dello psicologo, ma sono certo che non ti sei mai chiesto la cosa più semplice: “Cosa desidera il paziente che va dallo psicologo?”. La risposta è semplice quanto la domanda: “Per risolvere il suo problema”.
Il paziente cerca soluzioni, anche se la maggior parte delle volte, al primo incontro, inizia a parlare del problema.
In virtù di ciò oggi voglio dirti cosa accade in una seduta di Terapia Breve Centrata sulla Soluzione. Mi sono formato al BRIEF di Londra, ad oggi uno dei centri più importanti di TBCS, e quello che voglio raccontarti è il loro metodo, rivisto alla luce degli studi del nostro Italian Center for Single Session Therapy.
Cosa ti aspetti dalla Terapia Breve Centrata Sulla Soluzione?
La prima cosa che si fa nel modello TBCS è definire le “Migliori Aspettative” e si fa proprio ponendo questa domanda: “Quali sono le tue migliori aspettative dall’incontro di oggi?”. Questa domanda serve per definire l’obiettivo, ma anche per sbarazzarsi del problema. La TBCS si orienta a creare un dialogo in cui dare viene dato sempre meno spazio al problema e più spazio a ciò che funziona. Detto in altri termini, durante l’ora con il paziente si cercherà il più possibile, senza ovviamente trascurare le sue preferenze, di parlare di cosa ha funzionato, di cosa funziona e di cosa funzionerà.
Non ci si focalizza sulla “soluzione” intesa come “ciò che bisogna fare per risolvere il problema”. Ci si focalizza sul “soluto”, su ciò che si è notato quando il problema non c’era, o che si nota quando il problema non c’è, e che si noterà quando il problema non ci sarà più. Ci si focalizza su ciò che funziona, proprio perché al “problema” viene dato meno spazio possibile.
Ma perché non bisognerebbe parlare del problema da uno psicologo? De Shazer era convinto che il linguaggio creasse delle realtà, infatti disse: “Parlare dei problemi porta ai problemi. Parlare delle soluzioni conduce alle soluzioni”. Inoltre anche lo stesso Wittgenstein disse: “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”. Una bellissima frase che spiega come i limiti del linguaggio mostrano i limiti del mondo, ma che, al tempo stesso, danno anche un significato ai limiti del mio mondo. Per questo chiedendo alla persona: “Quali sono le migliori aspettative che hai da questo incontro?” si chiede alla persona di dire, e quindi di pensare, a cosa vorrà notare una volta uscita da quell’incontro. Non le chiedi di pensare, parlare del problema, che è una cosa che già vede e conosce: le chiedi di guardare oltre, per iniziare un nuovo processo, un processo di costruzione di una realtà diversa.
Con la Terapia Breve Centrata Sulla Soluzione si fanno miracoli e scale
Spesso le aspettative del paziente in terapia sono: “Non vorrei più gli attacchi di panico” o “Non vorrei più litigare con mia moglie”. Ma se non vuoi questo, cosa vorresti, invece? “Sentirmi più sicura in certe situazioni” o “Avere un sano rapporto di coppia”. Queste risposte aprono la strada ad un vero e proprio miracolo, anzi, alla “Domanda del Miracolo”: “Immagina che stanotte avvenga un miracolo e che domani tu ti senti più sicura. Il miracolo è avvenuto di notte e tu non te ne sei resa conto. Che cosa inizieresti a notare domani mattina che ti farebbe dire che il miracolo è avvenuto?”. A questo punto tutto quello che il paziente dice rappresenta il suo “futuro desiderato”.
Ogni dettaglio del suo futuro desiderato è la fotografia del suo futuro senza problemi e se, riesco a capire quel futuro, se ho la possibilità di capire come sarà fatto, cosa farò e noterò di diverso, allora sarà più facile cominciare a fare quelle cose. Questo dà alla persona la possibilità di dettagliare ancora di più quel futuro desiderato, a immaginarlo e a immaginare se stessa compiere azioni che fino a quel momento non aveva pensato. Se “i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”, come disse Wittgenstein, un linguaggio in cui mi descrivo a fare determinate cose, rappresenta un mondo in cui ciò è possibile.
E le scale? “Immagina una scala di 10 gradini, dove 10 è il giorno dopo il miracolo che mi hai appena descritto, e 0 è l’esatto opposto. Tu, ora, dove ti senti?” Questa Scala, che noi chiamiamo “Scala del presente”, fa vedere alla persona cosa funziona ora. La scala è uno strumento molto potente, perché consente alla persona di mettere sul tavolo le risorse di cui già dispone. Ma le scale non finiscono mai, come quando scali una cupola, per questo dopo la Scala del Presente c’è quella del Futuro: “Immagina, nei prossimi giorni, di essere un gradino più in su. Cosa noterai e farai di diverso, che ti farà dire di essere salita di un gradino?”. Con questa scala ci si proietta nel futuro, ma solo di un gradino più in alto, per renderlo concreto e tangibile.
Interessante, vero? E allora iniziamo: “Quali sono le tue migliori aspettative dall’incontro di oggi?”.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
De Shazer, S.(1985) Keys to Solution in Brief Therapy. New York: W. W.
Cannistrà F., Piccirilli F. (2021). Terapia Breve Centrata sulla Soluzione. Principi e pratiche. Roma: EPC editore.
Macdonald, A. (2011) Website of Alasdair Macdonald.
Macdonald, A. (2005) Broef therapy in adult psychiatry: further outcomes. Journal of Family Therapy, 19: 213-222.
O’Connell B., Palmer S. (2014). Manuale di Terapia Centrata sulla Soluzione. Libri Liberi: Firenze.