Cancro: l’influenza delle aspettative

Giovani, belli, ricchi e destinati a morire. Sono i malati di cancro, ma solo quelli dei film. Perché nella realtà i malati sono perlopiù anziani, non ricchi e con una percentuale di sopravvivenza sopra il 60%.
E’ un confronto fatto da Giovanni Rosti e Luciano De Fiore, medici italiani che hanno analizzato 82 film dal ’39 ad oggi, per scoprire che i “finti” malati di cancro sono piuttosto lontani dalla realtà. Il rischio? Quello di dare un messaggio sbagliato. Per fortuna, nell’Era del reality, alcuni film più recenti stanno dando maggiore spazio a protagonisti oncologici più vicini alla realtà (pensiamo a “La prima cosa bella”, di Virzì).

Dott. Flavio Cannistrà, psicologo a Monterotondo e a RomaMa perché porre l’accento sul messaggio veicolato dai film?
L’idea del messaggio sbagliato va affrontata da diversi punti di vista, ma ha un nucleo importante: va a toccare il tasto delle aspettative. Aspettarsi una fine certa (come raccontano i film) porta ad affrontare male le situazioni, anche quelle che crediamo poco legate alla nostra volontà. Infatti sono numerosi i casi riportati in letteratura in cui atteggiamenti positivi o negativi hanno inciso drasticamente nel peggioramento o nella risoluzione di una malattia.

Ne leggevo uno tempo fa, a proposito di un signore affetto da una rara malattia. I medici sembravano scettici e l’uomo andava peggiorando, finché un giorno lesse per caso di una nuova cura che stava dando risultati sorprendenti. Si recò di corsa dagli specialisti articolo alla mano, ma quelli gli spiegarono che si trattava di dati preliminari, tutti da verificare. L’uomo non volle sentire storie e decise di sottoporsi alla cura. In breve tempo ottenne dei risultati a eccezionali, con un’inspiegabile remissione dei sintomi. In pochi mesi la malattia sembrava del tutto scomparsa e il signore tornò a fare la sua vita. Di lì a qualche tempo, però, gli capitò sotto gli occhi un giornale; uno degli articoli in prima pagina parlava proprio della cura che aveva sperimentato e spiegava che la sperimentazione era stata un totale fiasco e che tutti i risultati preliminari erano stati sconfessati e confutati. Tanto velocemente quanto era migliorato l’uomo precipitò in un riacuirsi dei sintomi, nello stesso inspiegabile modo in cui erano scomparsi, e purtroppo di lì a pochi mesi morì.

Siamo chiari, la mente è uno strumento potente ma non fa nessun miracolo: fa solo il suo lavoro. Sperimentalmente si è visto come avere l’aspettativa di potersi salvare permette di sopravvivere più a lungo in condizioni estreme rispetto a chi tale aspettativa non ce l’ha. Questo non vuol dire abbracciare incondizionatamente un cieco “pensare positivo”, ma affrontare le difficoltà – anche quelle più estreme, più dolorose, più buie – con l’atteggiamento di chi vuole combattere fino alla fine, di chi farà tutta la strada necessaria per arrivare alla meta, di chi tiene sempre alta la fiaccola della speranza per poter illuminare ogni possibile percorso, ogni strada, ogni possibilità.

La realtà è data dai fatti, e dai significati che diamo ai fatti. E se, come diceva Epitteto, ciò che più ci spaventa non sono le cose in sé, ma le opinioni che abbiamo di esse, assumere nuove prospettive, creare nuovi significati, può essere la strada per costruire nuove realtà.

Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia

Riferimenti bibliografici
D’Amico, A. (01 ottobre 2012). Cancro, si muore più al cinema che nella vita reale. Repubblica.it
Watzlawick, P. (1981). La realtà inventata. Milano: Feltrinelli, 1988.

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