Titolo: Cent’anni di psicanalisi e il mondo va sempre peggio
Autore: James Hillman, Michael Ventura
Editore: Rizzoli
Anno: 2005
Costo: 17,00 €
Voto:
Difficoltà:
James Hillman è complesso, e affascinante. Psicoanalista junghiano, ha dedicato buona parte della sua vita all’analisi profonda dell’essere umano e alle sue connessioni con la società. Forse col tempo ha prevalso il suo ruolo di filosofo, piuttosto che di terapeuta, e questo piacerà a qualcuno e dispiacerà a qualcun’altro.
Ero curioso di un libro dal titolo così provocatorio e le prime pagine spiegano velocemente perché lo è. Hillman e Ventura (scrittore e giornalista) mostrano come la psicoanalisi, che decadi fa si diceva avrebbe dovuto liberare il mondo grazie al suo lavoro di svelamento delle dinamiche psichiche profonde, abbia in realtà prodotto l’effetto contrario. L’uomo in analisi si concentra sempre più su di sé e sempre meno sull’esterno, sulla società, sul luogo in cui vive, in un percorso individuale che si dimentica del collettivo…
Precisiamo: benché l’abbia studiata a lungo io non sono uno psicoanalista, ma non mi piacciono le critiche sterili. Non credo che Hillman e Ventura in questo libro sparino a zero sulla psicoanalisi. Piuttosto ne mettono in luce un aspetto interessante, che va valutato dal punto di vista dei due autori. Hillman in particolare era molto sensibile alla connessione tra uomo e società, poiché vedeva giustamente l’una in funzione dell’altro, ed era convinto che la patologia si situasse anche all’interno di questo rapporto. È comprensibile, allora, che dopo cento anni di psicoanalisi abbia tirato su gli occhi, gettato uno sguardo su quella società, e scosso amaramente la testa.
Il libro diviene perciò una testimonianza ragionata di questo sguardo.
La struttura è divisa in tre parti: la prima e la terza assumono la forma di un dialogo, in cui Hillman e Ventura parlano dell’oggetto del loro discorso. La seconda invece è composta da una serie di lettere che i due si sono scritti, sempre sull’argomento.
“Argomento”, però, è piuttosto riduttivo come termine, perché gli autori spaziano notevolmente. A volte i confini sono labili e, come in un vero e proprio dialogo, si aprono parentesi che ci si dimentica di chiudere, o si prendono sbocchi e sottopassaggi che non facilitano la lettura. In più, i dialoghi sfociano spesso nella filosofia e in particolare toccano, a volte senza spiegarli per bene, i temi cari al pensiero di Hillman. Inoltre, ma questo personalmente non lo considero un limite, il libro è uscito originariamente nel 1992, ed è quello il periodo storico in cui si ambientano i dialoghi.
Io che sono più orientato a una psicologia pragmatica lo consiglio a chi già conosce e apprezza Hillman e a chi piace cimentarsi in letture più complesse e teoriche sulla natura dell’uomo.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia
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