Attualmente in 7.500 hanno preso parte alla misura sul benessere nazionale, proposta dall’Office for National Statistics su richiesta del governo britannico.
Lo scopo è quello di elaborare un indice di benessere che aiuti a capire cosa rende davvero felici gli abitanti del Regno Unito – speriamo con conseguente interesse e movimento a livello istituzionale.
L’idea di misurare la felicità di un Paese la conosciamo ed è sempre ben accolta. È da un po’ che alcune nazioni studiano il proprio benessere, affiancando a misure come il PIL (il Prodotto Interno Lordo, cioè la crescita economica) altre come il GPI (il Genuine Progress Indicator, l’indicatore del progresso reale), che valuta l’aumento della qualità della vita e che può trovarsi in contrasto col primo, ad esempio misurando la differenza tra “spese positive” (cioè orientate a produrre benessere, come quelle per beni e servizi) e “spese negative” (orientate a diminuire il malessere, come quelle per inquinamento, criminalità, ecc.).
Un’altra misura interessante è il FIL, la Felicità Interna Lorda (o Gross National Happines). Il termine fu coniato negli anni settanta da re del Bhutan, Jigme Singye Wangchuck, che si impegnò a costruire un’economica coerente con i valori spirituali buddhisti per valutare e soddisfare la felicità degli abitanti e dare più interesse al benessere concreto che ai consumi: la risonanza fu tale da portare, nel 2005, a una conferenza internazionale tenuta in Canada.
Ma perché è importante parlare di felicità?
Come considerare la felicità?
Queste iniziative mostrano come la felicità possa essere considerata base per la crescita e lo sviluppo di un Paese.
Nella ricerca britannica, la Top Ten attuale appare meno scontata di quanto si pensi.
- Al primo posto troviamo “Vivere vicino a un parco o a una piscina“
- e al secondo “Avere accesso a servizi culturali come le biblioteche“.
- La salute fisica è al terzo posto
- e il “Tempo per divertirsi e rilassarsi” al quarto,
- mentre la necessità di “Vivere in una società equa” si pone nella mediana dei desideri
- e solo dopo si pensa al bisogno di “Avere i soldi per fare ciò che si vuole“.
A seguire l'”Essere liberi“, “Essere soddisfatti della propria vita“, “Prendersi cura gli uni degli altri” e, a sorpresa, “L’odore di un barattolo di caffè appena aperto” (decimo posto).
Cosa ci rende felici?
Tirando le somme, è ammirevole scoprire una lista che includa valori condivisi quali libertà, soddisfazione e amore per il prossimo, relegando al sesto posto l’importanza del denaro; come dire: i soldi aiutano, ma è confermato che non fanno (il grosso de) la felicità – e in un periodo di crisi economica è una verità molto poco scontata.
Ciò che colpisce di più, inoltre, è trovare ai primi posti valori sociali e culturali assieme a bisogni concreti quali divertimento e relax, fino ad arrivare a un desiderio molto materiale: vivere vicino a un parco o a una piscina. Se da un lato può essere indicativo di una società e di una cultura in cui le persone necessitano esplicitamente dei propri spazi individuali, dall’altro sembra mostrare un’altra importante realtà.
La felicità ideale
Pensiamoci un attimo.
La felicità è una condizione ideale, che si esprime in diversi modi e in diversi contesti. È più uno stato temporaneo che un’acquisizione permanente, dato da tante cose di cui molte piccole e materiali. Nel cercare di raggiungere qualcosa è molto importante definire degli obiettivi concreti e delle mete intermedie.
Se ciò è già detto da tanti, acquista maggior credito notando che è il modo di lavorare di molte professioni di aiuto, dal coaching, al counseling, alla consulenza psicologica, fino alla psicoterapia.
Sì, anche nel raggiungimento di un migliore equilibrio individuale, di un benessere personale, o nella risoluzione di un problema psicologico, lavorare per obiettivi, procedendo per piccoli passi anziché tentando di scalare subito tutta la montagna, porta a risultati più concreti e anche più veloci. In alcune terapie brevi (che appunto risolvono il problema in 10-15 sedute di media) si parla paradossalmente della “tecnica del go slow“, andare piano, senza accelerare, identificata nell’aforisma del “Partire dopo per arrivare prima“.
Quale obiettivi darsi per essere felici
Oggi, l’idea di porsi obiettivi concreti per raggiungere il risultato la troviamo ad esempio nel concetto di obiettivo SMART, che dev’essere:
- Specifico (chiaro, ben definito, non vago),
- Misurabile (per capire quanta strada abbiamo fatto e quanta ne manca per raggiungerlo),
- Accessibile (realizzabile in base a risorse e capacità disponibili),
- Realistico (più concreto, che ideale e lontano dalla realtà)
- e legato a un Tempo preciso in cui realizzarlo (totalmente o in parte).
Così, una felicità costruita a partire da divertimento, relax, passeggiate nei parchi, nuotate in piscina fino al piacere di assaporare l’odore e il sapore del cibo, diviene una costruzione possibile, una catena di momenti e sensazioni raggiungibili da chiunque, con un approccio che anziché guardare alla cima mira ai primi metri da percorrere e solo dopo a quelli successivi, portandoci di giorno in giorno alla scalata della vetta.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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Riferimenti bibliografici
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Cannistrà, F. (2010). La ricerca della felicità. In Psicologia in movimento, n°60/61, p. 3.
Office for National Statistics (consultato il 30/3/2011). Well-being
Segal, L. (1981). Terapia breve: il modello del Mental Research Institute. In A.S. Gurman e D.P. Kniskern (a cura di), Manuale di terapia della famiglia. Torino: Bollati Boringhieri.