Ai giorni nostri, si sente molto parlare di autostima al punto che questo termine è entrato a far parte del nostro linguaggio quotidiano.
Ma che significa “autostima”?
Parlare di autostima è tutt’altro che semplice, perché non esiste una definizione univoca e, soprattutto, non esiste una definizione che vada bene per tutti.
Limitiamoci quindi a indicare quello che è un errore comune spesso commesso, talmente dilagante da riflettersi persino nella parola stessa: auto-stima, cioè la capacità di dare una stima di se stessi.
Ma come si fa?
Come è possibile dare oggettivamente una stima di se stessi?
Entra in gioco la nostra parte emotiva, che non ci rende del tutto obiettivi.
Chiediamo allora l’intervento di chi ci sta intorno, interpellandolo rispetto al nostro valore. Ed anche qui ci sono dei problemi: infatti, uno dei rischi più frequenti è quello di avere due pesi e due misure per le stime positive e per quelle negative.
C’è chi tenderà a sminuire i giudizi positivi ed enfatizzare quelli negativi (“Sì è vero che Simona* ha detto che sono stata brava in quella situazione, ma Daniela* ha chiaramente espresso le sue perplessità sulla mia performance”).
Ancora peggio, si potrebbero scovare elementi negativi all’interno dei giudizi positivi, siano quelli latenti o del tutto inesistenti (“Elisabetta* ha detto che non sono andato per niente male l’altro giorno, ma di sicuro in parte lo dice solo perché mi vuole bene e non vuole ferirmi”).
Così facendo la tua autostima non solo ne risulta danneggiata, ma risulta anche peggiorata.
Quali sono, allora, le cose da evitare?
1. Evitare di…evitare
Immagino che ti sarà capitato di evitare delle situazioni perché “non ti sentivi sicuro, non ti sentivi abbastanza”.
Evitare quella situazione ti avrà certamente dato sollievo nell’immediato, ma a lungo andare che cosa ha confermato?
Il fatto che non fossi sicuro di te e che non fossi abbastanza. Con la conseguenza che a rimetterci è stata proprio la tua autostima.
Citando Fernando Pessoa “Porto addosso le ferite di tutte le battaglie che ho evitato” e le ferite delle battaglie evitate non cicatrizzano mai.
2. Richieste di aiuto e conferme
Sicuramente chiedere aiuto è rassicurante e ti conferma che accanto hai delle persone che ti vogliono bene e che sono disposte a darti una mano.
Se ricevi aiuto significa che la persona che ti “soccorre” tiene a te, ma senza volerlo ti sta inviando anche un altro messaggio: “ti aiuto perché da solo non sei in grado” e questo messaggio inizierà a lavorare come un tarlo nel legno, indebolendo il tuo mobile.
3. Dire sempre di sì
Nel tentativo di apparire amichevole, socievole e nel cercare di essere apprezzato dagli altri, puoi assecondare le loro richieste nell’illusione che dal loro consenso possa scaturire la tua autostima e quindi un giudizio positivo nei tuoi confronti ed una conferma del tuo valore.
Dire sempre di sì è in realtà un boomerang.
D’altronde immagina questo: ti chiedono una cosa, vorresti dire no… ma dici sì! Come ti senti dopo?
Se vuoi imparare a dire di “no” ti consiglio di leggere questo articolo.
Sai che non esistono delle ricette preconfezionate ed efficaci per tutti, ma sono convinto che già notando ed evitando questi errori, potrai sperimentare dei concreti benefici.
Se, poi, ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto più strutturato, puoi rivolgerti ad uno Psicologo esperto in Terapie Brevi, anche online, che con una serie di strategie e manovre ti permette di risolvere le tue difficoltà in un numero ristretto di incontri, a volte anche uno solo.
Comincia ad allenarti, ricordando che si “impara facendo” e, se ti va, dimmi come sta andando nei commenti.
“Se non credi in te stesso, chi ci crederà?”
(Kobe Bryant)
Bibliografia
Nardone, G. (2013). Psicotrappole. Milano: Adriano Salani.
Rampin, M. (2014). Nel mezzo del casin di nostra vita. Milano: Ponte alle Grazie.
Sellin, R. (2015). Le persone sensibili sanno dire no. Milano: Feltrinelli.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.