Capita spesso che le persone arrivino allo studio dello Psicologo perché sopraffatte dalle mille richieste che gli vengono rivolte, trovandosi intrappolate in un circolo vizioso dove dire di “no” sembra quasi impossibile. Come se quel “no” rappresentasse un’offesa per gli altri, qualcosa di inaccettabile.
È importante però riflettere su una questione: quando ci sostituiamo agli altri, gli stiamo dando o togliendo la possibilità di imparare qualcosa?
Infatti, se da una parte essere di aiuto per qualcuno è gratificante e ci dà l’illusione di poter dare a quella persona un esempio, dall’altra, proprio in virtù dell’esserci sempre, quella persona non imparerà mai a risolvere da sola i propri problemi. E questo, inevitabilmente, finirà anche con l’indebolire le sue capacità di superare le difficoltà che si presentano nella vita.
Ma si può dire di “no” senza offendere?
La risposta è sì.
E la Terapia Breve in questo ci viene in aiuto, fornendo delle utili strategie per uscire dalla condizione di “Cane Sanbernardo” e riacquisire il potere di scegliere quali richieste accogliere.
Le persone che non sanno dire di no, spesso, tendono a confondere un punto essenziale della relazione con gli altri: si dice di “no” ad una domanda non ad una persona.
È chiaro che aiutare gli altri ed andare in loro soccorso, proprio come fa il Cane Sanbernardo, è gratificante, perché conferma la nostra idea di essere utili e di essere capaci di fare qualcosa di buono per gli altri. Attenzione, però, a non confondere l’altruismo con l’essere impegnati costantemente e, soprattutto, a proprio discapito, in interrotte “operazioni di salvataggio”.
Imparare a dire di “no” step by step
Dal momento che dire di “no” è un apprendimento, si può allenare partendo da dei semplici piccoli passi:
- Prova per un mese, una volta al giorno, a rispondere ad una richiesta da parte degli altri in una maniera standard: “Scusa, vorrei tanto, ma non posso”. Così facendo potrai permetterti di rifiutare una richiesta puntando sul fatto che non dipende dalla tua volontà, quanto piuttosto da un impegno o un impedimento, come spiegato in un precedente articolo.
- Quando poi ti sentirai fluido e abile ad utilizzare questo tipo di risposta, puoi passare, dopo un mese, ad una formulazione che si trova ad un gradino più in su: “Scusa, potrei farlo, ma in questo momento ho cose più importanti di cui occuparmi”. In questa risposta permane sempre un impedimento, ma fa sì che tu inserisca anche degli elementi di scelta, perché dai priorità alle cose di cui devi occuparti, piuttosto che altro.
- Infine, dopo un altro mese, potrebbe anche essere ormai giunto per te il momento di utilizzare una terza e definitiva modalità di reazione: “Potrei aiutarti, ma non mi va”, mettendo a tacere il Cane Sanbernardo che è (o era) in te, svincolandoti dall’aiuto a tutti i costi.
Con l’esercizio costante e con il tempo vedrai che anche gli altri manifesteranno nei tuoi confronti un cambiamento radicale del loro atteggiamento, perché si mostreranno finalmente sensibili anche nei confronti di quelle che sono le tue esigenze.
E se dite “no” ricordatevi che non sarete giudicate come persone cattive!
Se ti rendi conto che le cose non migliorano o che l’apprendimento del dire “no” sta avendo qualche complicazione, puoi sempre contattare uno Psicologo.
La Terapia Breve può essere davvero di aiuto in questi casi, poiché attraverso semplici e specifiche manovre può darti la possibilità di migliorare la tua situazione anche a partire da un singolo incontro.
Se vuoi, puoi usufruire anche della Terapia Online, che è efficace come la terapia in studio. Contattami per avere maggiori informazioni.