Nel 1957 lo psicologo Leon Festinger illustrò in un libro come funziona un meccanismo psicologico molto particolare, alla base di molti nostri atteggiamenti e comportamenti, e non di rado fonte di dubbi, malintesi e insoddisfazioni personali.
Il libro è Teoria della Dissonanza Cognitiva e il meccanismo è quello di “raccontarsela in modo che i conti tornino“.
Oggi vediamo come funziona per renderci più consapevoli di questo meccanismo psicologico tipico di tutte le persone.
Perché finisci per farti piacere ciò che non ti piace
Marta* odia il calcio, però ama Simone*, il quale ogni domenica, da sempre, va allo stadio. La storia finirà così: Marta lascerà Simone, oppure comincerà ad amare il calcio.
Ok, l’ho fatta un po’ semplice, ma il meccanismo funziona pressappoco così e Leon Festinger fu il primo a spiegarlo dettagliatamente chiamandolo dissonanza cognitiva.
Facciamo un altro esempio, più vicino alla realtà quotidiana.
È agosto. Mentre passeggiamo per strada vediamo una gelateria e ci viene una gran voglia di gelato al pistacchio e cioccolato. Così entriamo, facciamo lo scontrino e ci dirigiamo al bancone. Ma una volta lì, con orrendo stupore, ci accorgiamo di una disastrosa verità: il pistacchio è finito.
Cosa fare? La gelataia è lì dietro, col cono in mano, che aspetta di sapere quali gusti vogliamo. Così, prede del tempo che scorre e delle occhiate maldisposte degli altri clienti in attesa, diciamo d’impulso: “Cioccolato e… limone“.
Prendiamo il cono, usciamo, cominciamo a leccare… e mano a mano si fanno strada in noi delle nuove realtà.
Ad esempio:
- ci rendiamo conto che cioccolato e limone stanno proprio bene insieme;
- notiamo che prima non avevamo mai provato questo abbinamento e ci diciamo, non senza una punta d’orgoglio, che nella vita è importante sperimentare e che abbiamo dimostrato d’essere dotati di apertura mentale;
- per non parlare del nostro sottile acume: il limone, si sa, è rinfrescante, e in una giornata come questa è molto meglio del pistacchio;
- senza considerare che, d’improvviso, ci viene in mente quel ricordo di un amico che anni addietro ci aveva detto che il tipico colore verde del gelato al pistacchio è frutto di una massiccia dose di coloranti (mentre il bianco del limone è senz’altro quanto di più naturale ci si possa aspettare).
E così, leccata dopo leccata, giungiamo a una nuova conclusione: abbiamo fatto bene a prendere il gelato al limone e cioccolato, e in fondo quello al pistacchio fa pure un po’ schifo.
Una questione di coerenza
Qualcuno avrà visto in questa descrizione un’analogia con una nota storiella di Esopo, quella de la Volpe e l’Uva.
Ebbene, la dissonanza cognitiva funziona proprio così.
Festinger, a cui seguirono le riflessioni di altri autori, spiegò che l’uomo ha bisogno di sentire una coerenza tra:
- comportamenti (ciò che facciamo)
- atteggiamenti (ciò che pensiamo – e in generale le nostre tendenze, attitudini, idee verso qualcosa)
- ed emozioni (ciò che proviamo)
Sarebbe difficile, ad esempio, odiare il calcio, sostenere di tifare Roma e indossare la sciarpa della Lazio. L’uomo ha bisogno di coerenza e perciò tende ad aggiustare, a equilibrare, a risistemare tutto ciò che è incoerente (per lui).
Così la nostra cara Marta, che in realtà non vuole affatto lasciare Simone, comincia a sostenere che il calcio non è così male, che dopotutto non l’aveva mai degnato di vere e concrete considerazioni e che, anzi, proprio Simone le ha permesso di vedere tale sport con nuovi occhi.
Effetto della dissonanza cognitiva.
Perché la dissonanza cognitiva è utile…
«Ma è un effetto sempre così estremo?»
In realtà no, perché può essere anche molto più sottile di così. Marta potrebbe continuare a non amare il calcio, ma una volta cominciata la sua storia con Simone potrebbe iniziare a dire (soprattutto a se stessa) che “Non è che odio il calcio, semplicemente non mi fa impazzire”, e a sostenere che il modo in cui Simone lo segue e ne parla è da vero sportivo, mentre ciò che a lei non piace è la violenza e gli estremismi che “con il calcio” sostiene, “in realtà non hanno davvero nulla a che fare”.
E così la dissonanza cognitiva le permette di vivere in un mondo coerente.
«Ma è pericoloso avere queste dissonanze e aggiustarle in questo modo quasi inconsapevole?»
No, non necessariamente; anzi, la maggior parte delle volte la dissonanza cognitiva non è affatto pericolosa e può addirittura essere positiva.
Marta, nel nostro esempio, potrebbe effettivamente aprirsi a certi aspetti del calcio che potrebbero piacerle (come le serate a cena con amici per vedere la partita, dove mentre i ragazzi rimangono imbambolati davanti alla TV, lei e le ragazze si concedono un momento per loro) e convincere Simone a portarla una volta al mese in una SPA dato che “Tu ogni domenica te ne vai allo stadio”.
Scherzi a parte, la dissonanza cognitiva ci permette di rimettere in ordine pensieri, azioni ed emozioni, impedendoci di vivere in un disequilibrio incoerente che provoca dubbi e sofferenza.
…e quando può non esserlo
Il lato oscuro, naturalmente, si presenta quando gli aggiustamenti divengono un po’ troppo forzati, e cominciamo a convincerci di cose che non ci fanno stare bene o che distorcono in modo improduttivo la realtà dei fatti.
Così, ad esempio, di fronte a una persona che stimiamo e ammiriamo, che sia un leader, un mentore o un amico, potremmo far rientrare i suoi errori e sbagli in delle narrazioni coerenti, dicendoci che non si tratta di errori ma di strategie messe volutamente appunto dalla sua mente geniale; o che non si è comportato male nei nostri confronti, ma ci ha voluto insegnare una lezione; o che non ha tradito ripetutamente la nostra fiducia ma è “semplicemente umano”, e come tutti gli uomini può sbagliare.
2 cose di cui ora sarai consapevole
Ho voluto ovviamente fare esempi semplici e evitare di approfondire certi aspetti, ma riconoscere gli effetti della dissonanza cognitiva ci permette di capire almeno 2 cose.
- Alcune volte stiamo dando il proverbiale colpo alla botte e al cerchio, non accorgendoci che lo stiamo facendo in vista di un altrettanto proverbiale desiderio: quello di avere la botte piena (a cui abbiamo appena dato un colpo) e la moglie ubriaca. O, in termini ancora più netti, ci stiamo convincendo che l’uva è acerba semplicemente perché non arriviamo a raggiungerla (o che è dolce e succosa solo perché l’abbiamo raggiunta).
- Da un altro punto di vista, contraddicendo solo in apparenza ciò che abbiamo appena detto, che l’incoerenza è umana, uno stato di funzionale disequilibrio temporaneo che ti permette di muovere un passo in avanti, verso un nuovo e, si spera, migliore equilibrio.
Il problema, semmai, è quando l’equilibrio nuovo non è migliore e il passo in realtà è stato fatto indietro: allora sì, che appellarsi alla teoria della dissonanza cognitiva è un modo elegante di raccontarsi una balla.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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Per approfondimenti:
Amerio, P., Bosotti, E., Amione, F. (1978). La dissonanza cognitiva. Teoria e sperimentazione. Torino: Bollati Boringhieri.
Festinger, L. (1957). Teoria della dissonanza cognitiva. Milano: Franco Angeli, 1997.
*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.