Inside-out e le 4 (non 5) emozioni di base

psicoterapeuta roma
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Inside Out è il nuovo, bellissimo, film animato della Disney, dove i protagonisti sono le quatt… pardon, cinque emozioni di base.

No, non ho sbagliato: quattro emozioni, non cinque.

Lo so, ahimé, mio malgrado ho dovuto far fuori uno dei simpaticissimi personaggi di Inside Out, ma la ragione, come vi presenterò, è più che motivata.

Tuttavia, per non rientrare tra i criticoni di quello che è uno dei migliori film di animazione di sempre, posso dirvi che seppure le emozioni base che vi riporto sono quattro Inside Out ha comunque ragione.

Com’è possibile?

Cominciamo da un presupposto: come dico nel mio libro, non esiste la psicologia, ma le psicologie.
Visto che nessuno può fisicamente entrare nella testa delle persone per vedere “la mente” siamo costretti a creare delle teorie su come essa funzioni (in realtà questo vale anche per molti fenomeni fisici, cosa che riguarda anche un aspetto delle emozioni, ma eviterò di addentrarmi in questa selva oscura).
Quindi, se non abbiamo la risposta definitiva ne deriva che sullo stesso argomento possono esserci diverse teorie.

Se hai visto Inside Out ti sarà chiara una cosa: c’è un certo accordo, nella comunità scientifica, nel sostenere l’esistenza di alcune emozioni basilari. Da queste e dalla loro unione derivano tutte le altre. Né più né meno come da i tre colori primari derivano tutti gli altri.

Ora, abbiamo capito che ci sono le emozioni di base; la domanda è: quante sono?!
E qui la risposta è meno chiara…

Secondo Plutchik sono 8. Per Scott sono 7. Epstein ne identifica 4. Mentre Izard ne ha contate 10. Paul Ekman, ormai lo sapete, ne ha trovate 6 (sebbene abbia fatto da consulente per gli sceneggiatori di Inside Out, che ne hanno poi messe in scena 5). Ma Sroufe ne ha constatate solo 3. E per Brenner sono addirittura unicamente 2.

No, non ho sparato dei nomi a caso. Sono tutti nomi di (alcuni) autorevoli studiosi delle emozioni, che hanno fatto le loro dovute ricerche giungendo a questi risultati.

Chi ha ragione?

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Gli autori di Inside Out rappresentano cinque emozioni base: gioia, tristezza, disgusto, rabbia e paura.

Lo so che Paul Ekman ci piace tanto e che è stato addirittura considerato una delle 100 persone più influenti del Pianeta, però mi spiace, non ha ragione lui. In realtà non ha ragione nessuno.

Quando si tratta di teorie di solito ce n’è una più forte delle altre, ma anche quella viene sottoposta a critiche, e ad ogni modo la comunità scientifica sa che la teoria in questione è solo una… teoria. Il passare del tempo deciderà quanto è solida, ma si ha sempre l’aspettativa che il progredire delle conoscenze presto o tardi la sostituirà con un’altra.

«Ok, fantastico. Ho visto Inside Out e credevo di avere finalmente una certezza nella vita: le emozioni di base sono cinque. Poi arrivi tu e mi dici che no, è solo una teoria, le cose non stanno esattamente così.»
Suvvia, diciamo che le cose stanno anche così: dipende a quale teoria ti affidi; per questo ho detto che Inside Out ha comunque ragione nel rappresentare cinque emozioni di base. Lo scopo di una teoria dovrebbe essere quello di aiutare a capire in modo convincente “come funzionano le cose”. E Inside Out resta un validissimo lungometraggio che ti straconsiglio di vedere, dato che meglio di tanti altri è riuscito a spiegare come funzioniamo (anzi, io sono in totale disaccordo con chi lo critica di approssimazione, visto che invece è molto preciso e visto che, soprattutto, non si tratta di un documentario scientifico!).

Ma veniamo a noi: perché sostenere che le emozioni di base sono quattro e non cinque (o sei, o sette, o dieci)?.

Prima di tutto chiariamo una cosa: ovviamente lo stesso punto di vista che sto per proporvi è… un punto di vista. Quindi non andate in giro a dire “Cannistrà ha parlato: le emozioni di base sono quattro!”. Anche perché a parlare non sono stato io, ma Kemper.

Il Prof. Theodore D. Kemper, un sociologo, studiò a lungo le emozioni e nel 1985 diede la sua risposta su quali fossero quelle di base:

  • rabbia
  • paura
  • dolore
  • piacere

Ahimé, addio cara Disgusto.

Subito una precisazione, però: per il “piacere” Kemper parlò di “satisfaction”, che può essere tradotto anche come “piacere”, mentre per il dolore usò “depression”, che letteralmente può essere tradotto anche come “sconforto”. In altra sede magari spiegherò perché ho preferito il termine “dolore”. Qui basti dire che se sulle emozioni non c’è un accordo definitivo, su quale sia il loro nome corretto ce n’è ancora meno.

Ma perché Kemper dovrebbe avere ragione sugli altri (posto che, come ci siamo detti, hanno un po’ tutti ragione)?

Diciamo che semplicemente parte del lavoro di Kemper si basò su questa constatazione: riprendendo gli studi di più di una quindicina di autorevolissimi autori, venne fuori che tutti comprendevano alcune o tutte le quattro emozioni sopra indicate.
In altre parole, poteva non esserci accordo su quante fossero, ma tutti erano d’accordo che queste quattro (o almeno alcune di esse) lo erano senz’altro!

A quel punto Kemper fece due più due.
Beh, in realtà i suoi studi sono un po’ più rigorosi di un “due più due”, ma evito di sviscerarli qui.

«Ok, ho capito: hai eliminato il disgusto…»
Sì, aspetta, non è che l’ho eliminato io. Peraltro il disgusto non viene eliminato: semplicemente viene considerata un’emozione non primaria, ma derivata da altre (secondo alcuni studi sarebbe un mix di rabbia e paura).

«Beh, comunque sia hai tolto di mezzo uno dei miei personaggi preferiti di Inside Out. Ora però ti chiedo: di quando sono gli studi di Kemper?»
Quello in cui pubblicò questi risultati è del 1987.

«Ma è vecchio!»
Uhm, non è una critica insensata, visto il progredire delle ricerche scientifiche. Tieni comunque conto che tutti gli studi considerati storici a cui usualmente si fa riferimento quando si parla di emozioni viaggiano attorno agli anni ’60-’80 (con le dovute eccezioni, ovviamente, e considerando che comunque la ricerca scientifica non si è affatto fermata lì, anzi).

Lo stesso Paul Ekman pubblicò uno dei suoi studi più importanti nel 1973, parlando di sei emozioni base; inoltre nel 1992 ne propose tre ulteriori, e nel 1999 ne aggiunse altre sei, per un totale di quindici.

Comunque sia, una recente ricerca di Rachael Jack sembra proprio supportare l’idea che le emozioni di base siano quattro.

«E se volessi saperne di più sull’argomento?»
Su quale? Quello delle emozioni? Non saprei davvero che libro consigliarti talmente ce ne sono…
Uno, però, l’ho trovato piuttosto interessante e di facile approccio (benché rigoroso): Introduzione alla psicologia delle emozioni, di Valentina D’Urso, grande studiosa italiana delle emozioni.

Comunque sia, l’importante è ricordare che stiamo parlando di teorie, o comunque di osservazioni fatte da esseri umani: è importante che siano utili, prima che “vere”.

Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia

Per approfondimenti:
D’Urso, V., Trentin, R. (2001). Introduzione alla psicologia delle emozioni. Roma: Laterza.
Ekman, P. (1973). Darwin and Facial Expressions. New York: Academic.
Kemper, T. D. (1987). How Many Emotions Are There? Wedding the Social and the Autonomic Components. The American Journal of Sociology, Vol. 93, No. 2., 263-289.
Jack, R. E., Garrod, O. G. B. & Schyns, P. G. (2014). Dynamic Facial Expressions of Emotion Transmit an Evolving Hierarchy of Signals over Time. Current Biology, 24(2), 187-92