Ci sono ferite che non sanguinano, ma urlano. Ferite che non si vedono sulla pelle, ma che si insinuano nell’anima, nei pensieri, nella fiducia che riponiamo negli altri e in noi stessi. Il revenge porn – la diffusione non consensuale di immagini intime – è una di queste ferite invisibili, profonde, spesso silenziose.
Chi lo subisce si trova improvvisamente catapultato in un deserto emotivo. Come se la propria intimità fosse stata rubata, esposta al mondo, senza possibilità di protezione. La vergogna, la rabbia, il senso di impotenza e la paura si mescolano come onde che si infrangono violentemente contro gli scogli della nostra identità.
Ma non tutto è perduto. Anche in mezzo al dolore, è possibile trovare una direzione, una via per ricostruire. E qui le Terapie Brevi possono diventare un faro nella nebbia.
Le Terapie Brevi sono approcci psicoterapeutici orientati al cambiamento rapido e concreto. Non perché vogliano “correre”, ma perché mirano a trovare leve di trasformazione anche quando sembra non esserci via d’uscita. Utilizzano strumenti mirati, linguaggio simbolico, domande potenti e tecniche esperienziali per aiutare la persona a uscire dalla paralisi emotiva.
In particolare offrono strumenti efficaci per affrontare traumi relazionali e situazioni di esposizione pubblica forzata.
Il trauma del revenge porn: non sei quello che ti è accaduto
Ti svegli con un nodo allo stomaco che non sai spiegare. Hai il cuore che batte troppo forte, troppo in fretta, come se sapesse già qualcosa che tu non sai. Poi apri il telefono, e lo scopri: immagini tue, intime, private, buttate nel mondo come se fossero niente. Come se tu fossi niente.
Ti senti come se qualcuno ti avesse strappato i vestiti, ma non il corpo: l’anima. Come se fossi stata messa nuda in mezzo a una piazza, mentre tutti guardano, giudicano, commentano. Non importa se ti conoscono davvero: ora credono di sapere chi sei. E questa idea ti si attacca addosso come una pelle che non ti appartiene.
Hai voglia di sparire. Di cancellarti. Di chiudere tutto: il telefono, il mondo, la tua voce. Ti chiedi se hai sbagliato tu, se avresti dovuto proteggerti di più, se fidarti è stato un errore. Ma nel profondo sai che non è colpa tua, anche se ogni parte di te urla il contrario.
Ti senti tradita. Violata. Esiliata da te stessa. Vorresti urlare, ma la voce si inceppa nella gola. Hai paura che nessuno capisca. Hai paura di non essere creduta, o peggio, di essere giudicata. Ti sembra che il tuo corpo non ti appartenga più, che la tua immagine sia stata rubata e usata come un’arma.
A volte ti fermi davanti allo specchio e non ti riconosci. Altre volte lo eviti del tutto, perché guardarti fa troppo male. Ti senti sporca, anche se non lo sei. Senti il bisogno di spiegarti, di giustificarti, ma poi ti chiedi: Perché devo farlo? Perché il dolore di ciò che ho subito sembra dover essere anche una mia colpa?
Eppure, nel silenzio più nero, c’è una parte di te che ancora resiste. Una voce flebile che sussurra che sei molto più di ciò che è stato mostrato. Che il tuo valore non può essere scalfito da un gesto vile. Che non sei sola, anche se ti senti così.
E magari un giorno, quella voce diventerà più forte. Ti ricorderà che puoi ricominciare. Che sei sopravvissuta. Che hai diritto a riscrivere la tua storia.
Immagina il tuo mondo interiore come una casa. Il revenge porn è come un furto con scasso: qualcuno è entrato senza permesso, ha violato lo spazio più intimo, e poi ha lasciato la porta aperta, esponendo ciò che doveva restare al sicuro. La reazione naturale è voler chiudere tutto, sparire, nascondersi. Eppure, l’identità non è ciò che viene mostrato, ma ciò che scegli di diventare.
Le Terapie Brevi aiutano proprio in questo: restituire potere alla persona, farle scoprire che, anche in mezzo alla frattura, esiste un sé che può essere ascoltato, protetto, ricostruito.
Suggerimenti pratici per affrontare il dolore
1. Non sei solo/a
Il primo passo è uscire dall’isolamento. Parlane con qualcuno di fiducia o con un professionista. La vergogna si nutre di silenzio. Il coraggio non è non avere paura, ma scegliere comunque di farsi vedere. Inoltre puoi chiedere aiuto a Centri antiviolenza locali o nazionali e Associazioni per la tutela della privacy online, sportelli per il supporto legale (molti offrono consulenze gratuite).
2. Dai un nome al dolore
Spesso si prova una miscela confusa di emozioni. Le Terapie Brevi aiutano a “mettere ordine”, a distinguere tra rabbia, colpa, vergogna, paura. Dare un nome al dolore è come accendere una luce in una stanza buia.
3. Costruisci micro-vittorie quotidiane
Un obiettivo terapeutico può essere anche solo riuscire a uscire di casa, mandare una mail, parlarsi con gentilezza allo specchio. Ogni gesto conta. Come piccole pietre su cui posare il piede per attraversare un fiume in piena.
4. Recupera il controllo con rituali di ripresa e riformula la narrazione
Scrivere una lettera aiuta a ricomporre la frattura tra corpo e mente, tra passato e presente. In terapia si lavora molto sul linguaggio. “Mi hanno distrutta” può trasformarsi in “Sto ricostruendo me stessa”. Non si tratta di negare il dolore, ma di scegliere una storia che ti restituisca dignità.
Una carezza per chi legge
Se stai leggendo questo articolo e hai subito revenge porn, sappi che non sei sbagliato/a. Il tuo corpo non è colpa. La tua intimità non è vergogna. Quello che è successo dice molto di chi ha scelto di ferire, ma non definisce chi sei.
Come dice un antico proverbio giapponese:
“Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e bello di tutti.”
Il dolore può essere reale, lacerante, ma non è la fine della tua storia. Con il giusto aiuto, con tempo e rispetto dei tuoi ritmi, puoi riscoprire il valore profondo di chi sei. E forse, un giorno, potrai guardarti allo specchio e vedere non la vittima, ma la sopravvissuta, la persona che ha scelto di ricominciare.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Cagnoni, F. & Milanese, R. (2009). Cambiare il passato. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone G., Cagnoni F. (2002). Perversioni in rete, Psicopatologie da Internet e loro trattamento, Ponte alle Grazie.
Portelli C. & Papantuono M., (2017). Le nuove dipendenze. Riconoscerle, capirle, superarle. San Paolo Edizioni.