La scorsa settimana abbiamo visto come alcuni psicologi parlino di un particolare tipo di persona definita Perfezionista. Chiariamo subito che un po’ di Perfezionista è presente in molti di noi.
Come ogni tipizzazione si sono prese delle caratteristiche comuni (puntualità, valori, organizzazione, precisione, ecc.), si è creato un nesso tra esse e si è identificato un tipo ideale di persona in cui sono estremizzate.
Dopotutto, già Freud ci diceva che ciò che consideriamo problematico altro non è che un’estremizzazione di aspetti e caratteristiche tipici. Capiamolo meglio con le Terapie Brevi.
Perfezionismo e Disturbo Ossessivo Compulsivo
Facilmente collegabile al Perfezionista è una categoria diagnostica descritta dal DSM IV, il manuale di riferimento degli psic- per la classificazione dei disturbi mentali. La categoria in questione è detta Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità e si basa su un fin troppo semplice schema di inclusione/esclusione di criteri.
Se la descrizione generale del DOCdP è “un quadro pervasivo di preoccupazione per l’ordine, perfezionismo e controllo mentale e interpersonale, a spese di flessibilità, apertura ed efficienza, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti”, nello specifico si pone diagnosi quando sono presenti almeno 4 di questi criteri:
- attenzione per i dettagli, le regole, le liste, l’ordine, l’organizzazione o gli schemi, al punto da perdere lo scopo principale dell’attività;
- perfezionismo che interferisce con il completamento dei compiti (per es. è incapace di completare un progetto perché non risultano soddisfatti i suoi standard oltremodo rigidi);
- eccessiva dedizione al lavoro e alla produttività, fino all’esclusione delle attività di svago e delle amicizie;
- esageratamente coscienzioso, scrupoloso, inflessibile in tema di moralità, etica o valori (non giustificato dall’appartenenza culturale o religiosa);
- incapacità di gettare via oggetti consumati o di nessun valore, anche quando non hanno alcun significato affettivo;
- riluttanza a delegare compiti o a lavorare con altri, a meno che non si sottomettano esattamente al suo modo di fare le cose;
- modalità di spesa improntata all’avarizia, sia per sé che per gli altri, o denaro visto come qualcosa da accumulare in vista di catastrofi future;
- manifesta rigidità e testardaggine.
Quanti di noi si sentono un po’ più ossessivo-compulsivi?
Insomma, quel peluche vecchio e spelacchiato appollaiato sul letto a prender polvere ormai è una presenza stabile della nostra camera e buttarlo sarebbe quasi traumatico; e chi ci può biasimare se, coi tempi che corrono, accumuliamo il denaro in vista di vacche magre e ci dedichiamo talmente tanto al lavoro da non riuscire più a vedere nessuno?
In più, diciamocelo, non siamo noi ad essere testardi e non voler delegare: sono gli altri che non riescono a capire!
Quello che vorrei mostrare è che, nei fatti, ciò che è problematico non è un comportamento in sé, ma una serie di atteggiamenti e azioni che insieme compongono una dinamica di sofferenza individuale, relazionale e/o sociale. In particolare, in questo caso si è visto che si crea un vero e proprio paradosso: poiché il mondo è incontrollabile cerco di controllarlo (con l’ordine, le liste, i valori da rispettare, la coscienziosità, la parsimonia, la rigidità…), ma più cerco di controllarlo, più mi confronto con la sua incontrollabilità, e così cerco di controllarlo ancora meglio!
Il bisogno di controllo
Spesso la sensazione alla base di questo forte controllo è il timore, una sottile paura che può diventare ansia quando le previsioni si infrangono, o che magari sfocia nella depressione quando la rotta appare irrimediabilmente perduta.
Dovremmo ricordarci che, come diceva Buddha, l’unica costante del mondo è il cambiamento. Un cambiamento che permea nelle piccole come nelle grandi cose. Per farsi trovare pronti ciò che occorre è allenarsi poco per volta, come in una palestra: puoi scegliere di lasciare nella tua vita piccoli spazi di incontrollabilità, che è in realtà un non-controllo controllato, poiché deciso da te.
Parcheggiare in un posto diverso quando possibile, regolare la sveglia ogni volta qualche minuto prima o dopo il solito, cambiare spesso biscotti, pasta o altri cibi, nonché bar, ristoranti o locali in cui sei solito andare, permetterti qualche piccolo svago o piacere fuori dall’ordinario, rivedere l’ordine con cui ti prepari la mattina, smontare insomma piccole parti delle tue abitudini. Imparare a fare piccole cose nuove e a far fare agli altri ciò che prima volevamo fare sempre e solo noi è il miglior apprendimento per una flessibile solidità.
La mente, come il corpo, impara dagli allenamenti, fino ad arrivare a nuovi e più sani equilibri spontanei, poiché come diceva Wittgenstein, la spontaneità non è altro che l’ultimo apprendimento divenuto acquisizione.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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