“Il fatto che una patologia sia sofferta da molti anni
non significa che la sua terapia debba essere altrettanto prolungata e sofferta”
P. Watzlawick
Ormai da tempo è in atto una controversa diatriba fra le Terapie Brevi e le Terapie tradizionali, soprattutto perché si discute sul fatto che le Terapie Brevi, in quanto tali, siano efficaci o meno rispetto alle altre terapie tradizionali, a lungo termine.
Due importanti ricercatori, (Asay, Lambert, 1999) sulla base di dati raccolti attraverso ricerche internazionali, hanno messo in luce come il 50% dei disturbi per cui è richiesta una terapia può essere risolto grazie ad un percorso con una durata inferiore a 10 sedute, il 25% con un numero di sedute inferiore a 25 ed il restante 25% con una psicoterapia più lunga.
Nonostante ciò, esiste e persiste nell’immaginario collettivo la convinzione che il cambiamento, la guarigione, la risoluzione del problema debba necessariamente richiedere tempi lunghi. Questo in parte può essere vero, ma non per la maggior parte delle problematiche a cui lo psicoterapeuta viene a contatto.
Come ci dimostrano i dati, infatti, solo un quarto dei pazienti ha bisogno di un percorso più lungo, mentre un alto quarto richiede un numero contenuto di sedute e, la maggior parte un numero limitato.
Come può una terapia essere breve e lunga allo stesso tempo?
Sfatiamo questo mito.
Un percorso di terapia può essere breve, perché svolto in un numero ristretto di sedute, e lungo, perché esteso nel tempo con sedute sempre più distanziate fra loro. Se si assume questa ottica si possono avere percorsi di terapia di due tipi: prolungata nel tempo, ma con incontri distanziati, oppure rapida nei tempi, ma con incontri molto ravvicinati.
Nei casi più gravi, come per esempio nei soggetti con agorafobia grave, nei casi di obesità o anoressia grave, con i disturbi di personalità, come borderline o psicotico, può essere necessario un periodo prolungato di terapia con lo scopo di portare la persona a rompere quegli schemi rigidi causati dalla sua sintomatologia, che diventano invalidanti in ogni area della sua vita. Dopodiché è necessario costruire un nuovo equilibrio psicologico, fatto soprattutto di esperienze reali di apprendimento e di potenziamento delle proprie risorse, soprattutto al di fuori dello studio del terapeuta.
Nardone chiama queste Terapie “Terapie Brevi a Lungo Termine” (Nardone, 2017).
Una precisazione, però, è doverosa.
Anche in questi casi, cosiddetti “gravi” non è richiesto un intervento che dura centinaia di sedute: infatti, si interviene per azzerare la sintomatologia attraverso strumenti e tecniche terapeutiche specifiche per quel disturbo, per poi passare alla stabilizzazione dei risultati attraverso un processo di monitoraggio nel corso del tempo, con incontri sempre più distanziati fra loro e con un follow-up di verifica.
Dall’equilibrio insano ad un nuovo sano equilibrio
Quando una patologia persiste da molti anni, è ormai diventata parte integrante della vita della persona, che vivrà e funzionerà sulla base di questo equilibrio insano, a volte resistente al cambiamento.
Pensiamo ad una persona con agorafobia grave. Per moltissimo tempo ha vissuto calibrando tutta la sua vita sulla base della sua sintomatologia: la paura di ritrovarsi in luoghi dai quali potesse essere difficile o imbarazzante uscire o chiedere aiuto, avrà senza dubbio imposto delle limitazioni a questa persona, impedendogli di fare cose comuni come la spesa, una passeggiata, guidare la macchina. E questo, a sua volta, avrà intensificato la necessità di dipendere costantemente dagli altri.
La Terapia Breve nelle prime sedute ha l’obiettivo di azzerare la sintomatologia fobica e riportare la persona a riconquistare la sua autonomia.
Attenzione, però!
La persona proprio in virtù di questa riconquista dell’autonomia, dovrà sovvertire tutti gli equilibri relazionali che fino a quel momento poggiavano le basi proprio sulla sua patologia e sul bisogno di dipendere dagli altri. E per convincersi di aver davvero superato quel problema, si metterà alla prova più e più volte, finché non avrà collezionato un numero tale di esperienze che confermeranno la sua vittoria.
Ricordiamoci che la persona passa un’ora a settimana nella stanza del terapeuta e le altre 167 al di fuori.
In virtù di ciò, possiamo adesso dare maggiore concretezza a cosa significhi Terapia Breve a Lungo Termine.
Infatti, la fase successiva a questo primo importante e fondamentale cambiamento è quella di accompagnare la persona a sperimentare la propria autonomia, la propria indipendenza e ad instaurare relazioni sane con gli altri e con il mondo. In questa fase le sedute sono sempre più distanziate nel tempo, fino ad un incontro conclusivo a distanza di circa 6 mesi dall’inizio del percorso.
In questo modo il paziente è sostenuto dalla figura del terapeuta, senza però esserne dipendente.
E gli approcci tradizionali?
Senza alcuna pretesa di sminuire o giudicare i cosiddetti “approcci tradizionali”, generalmente a lungo termine, ci limitiamo a sostenere che qualora una terapia non stia dando i risultati desiderati, qualunque terapia essa sia, andrebbe interrotta.
Infatti, le terapie inefficaci possono essere un rischio per il paziente, perché potrebbero cronicizzare il disturbo e peggiorarlo. Come avviene per le tentate soluzioni disfunzionali: una soluzione che non funziona, se messa in atto più e più volte, irrigidisce e mantiene il problema, peggiorandolo. Se vuoi approfondire questo argomento, puoi leggere questo articolo.
I terapeuti brevi, generalmente, interrompono la terapia se nell’arco di qualche mese non osservano miglioramenti di alcun tipo.
Qui emerge una netta distinzione fra le Terapie Brevi e le terapie tradizionali: nelle prime il presupposto è che se il cambiamento non è già avvenuto in quei mesi, non avverrà nemmeno in seguito insistendo con ciò che non ha funzionato; le seconde, invece, procedono per lunghi periodi perché vedono il cambiamento come risultato di un percorso duraturo.
Inoltre, per le Terapie Brevi il cambiamento è qualcosa di “causale e previso”, perché costruito e cucito specificatamente sul paziente in questione, fatto soprattutto di esperienze realizzate attraverso specifici strumenti e tecniche terapeutiche. Per le terapie tradizionali, invece, il cambiamento è “casuale e imprevedibile” e si verifica come un evento all’interno del percorso di terapia.
In conclusione, quindi, dal punto di vista delle Terapie Brevi è più opportuno parlare di una terapia a lungo termine come di un proseguimento di una terapia precedente che ha dato dei risultati nel breve termine.
Bibliografia
Asay T.P., Lambert (1999). The empirical case of the common factors in psychotherapy: quantitative findings. In M. A. Hubble, B. L. Duncan, & S. D. Miller (Eds.), The heart and soul of change: what works in therapy (pp. 23-55). Washington DC: American Psychological Association.
Nardone G. et al. (2017). Psicoterapia breve a lungo termine: Trattare con successo anche le psicopatologie maggiori. Milano: Ponte alle Grazie.
Watzlawick P., Nardone G. (1997). Terapia Breve Strategica. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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