Multitasking? No grazie: il rischio benessere è grosso.
Sottoposti quotidianamente ai bombardamenti di stimoli eterogenei (il trillo di una chiama incombente, lo squittio di una notifica su Facebook, l’ultima mail che sgattaiola nella Posta in Arrivo, e poi news, tweet, like, +1…) gli effetti li conosciamo:
- sovraccarico cognitivo
- riduzione della creatività
- difficoltà nella capacità di risolvere i problemi (problem solving)
«In altre parole?».
In altre parole confusione, difficoltà a concentrarsi e a mantenere l’attenzione, idee povere o nebulose, soluzioni difficili da trovare anche per problemi apparentemente semplici.
Che fare?
Una soluzione la conosciamo: un tuffo nella natura.
«Bene, oggi un articolo da presentare alla Fiera delle Ovvietà…».
Mica tanto. Che immergersi nel verde, nel fresco del sottobosco, all’ombra di silenziosi giganti di legno, col sottile mormorio di migliaia di creaturine nascoste sia un calmante naturale e un’iniezione di sano relax lo sapevamo tutti. Prima di me l’hanno anticipato poeti e scrittori, con opere e considerazioni magistrali.
Anche in psicologia e nel self-help sta avendo un ritorno di fiamma la Mindfulness, anche per via degli aspetti di rilassamento, distacco e comprensione più vasta del momento presente che offre.
Ora però c’è una novità.
Infatti un conto è fare un’affermazione basata sulle proprie sensazioni e percezioni o sul sentore comune, un altro è dimostrarne la veridicità in modo scientifico. Ed è ciò che ha fatto il gruppo di David Strayer, psicologo dell’Università dello Utah che si è interessato a più riprese di multitasking (in breve, la capacità di gestire insieme più compiti adeguatamente) e che è tornato con uno studio pilota che dimostra scientificamente alcuni degli effetti benefici di qualche giorno di tranquillità nella natura.
Ecco l’esperimento.
Sono state prese una cinquantina di persone e sono state portate a fare un’escursione di 4-6 giorni in un luogo sperduto e selvaggio: niente telefonini, niente internet, niente tecnologia. All’inizio e alla fine del viaggio gli è stato somministrato un test per valutare due caratteristiche: il pensiero creativo e la capacità di problem solving.
Risultato: al secondo test le prestazioni sono migliorate del 50%!
Un punto rimane oscuro: il miglioramento è dato dal contatto con la natura, dal distacco dalla tecnologia, o da entrambe le cose? Non è chiaro, ma pare che le abilità creative e di risoluzione dei problemi siano localizzate nelle stesse aree cerebrali che vengono costantemente stimolate dall’attenzione che ci richiede il mondo digitale attorno a noi. Immagina l’effetto che può avere, soprattutto su chi passa 5, 7, 9 o più ore tra TV, PC, smartphone e tablet.
Sarebbe interessante ora studiare quanto dura l’effetto di quell’incredibile 50% in più di prestazioni: questo ci aiuterebbe a capire con più precisione qual è il limite di tempo oltre il quale è indispensabile prendersi una pausa di qualche giorno dalla tecnologia, tornando a vivere in modi più analogici.
E tu? Ti concedi qualche giorno lontano dal fracasso digitale? Sicuramente ognuno di noi può elaborare strategie personali per distaccarsene e trovare giovamento. Condividi qui sotto le tue lasciando un commento, o scrivendo nella Pagina Facebook del sito.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia
Per approfondimenti:
Atchley, R.A., Strayer, D.L., Atchley, P. (2012). Creativity in the Wild: Improving Creative Reasoning through Immersion in Natural Settings. In PLoS ONE 7(12): e51474. doi:10.1371/journal.pone.0051474.
Sanbonmatsu, D.M., Strayer, D.L., Medeiros-Ward, N., Watson, J.M. (2013). Who Multi-Tasks and Why? Multi-Tasking Ability, Perceived Multi-Tasking Ability, Impulsivity, and Sensation Seeking. In PLoS ONE, 2013; 8 (1): e54402. doi:10.1371/journal.pone.0054402.
University of Utah (2012). David Strayer: Nature nurtures creativity. FYI News.
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