Overthinking: quando pensare troppo fa male

Overthinking: Quando Pensare Troppo Fa Male Overthinking, ovvero: il troppo pensare che ci fa male

A volte pensiamo davvero troppo. Ma perché? E come puoi migliorare?

Due delle nostre grandi conquiste sono la razionalità e la logica: partire da una causa, seguire il dispiegarsi degli eventi e arrivare ai suoi effetti.
Oppure, cosa che a molti piace ancora di più, il processo inverso: dagli effetti crediamo di poter riavvolgere facilmente il nastro fino a scoprire le cause più remote.

Ma c’è un problema.

Se già Nietzsche diceva che “il perché delle cose ci aiuta a sopportare meglio il come“, sottolineando così che a volte andiamo alla ricerca delle cause più perché ne abbiamo bisogno che per la possibilità di trovarle e risolvere il problema, gli studi della psicologia moderna sfatano un diffuso mito e svelano i “perché” di una realtà ben nota: pensare troppo, fa male.

 

Ruminazioni mentali

Lei si chiamava Susan Nolen-Hoeksema e purtroppo l’abbiamo persa il 2 gennaio dello scorso anno. È stata una ricercatrice che ha studiato a lungo una piaga dell’era moderna: il rimuginio o ruminazione mentale. In inglese, overthinking.

Capita a tutti, no?
Insomma, soprattutto in questi lunghi anni di crisi chi è che non si è trovato a rimuginare su qualche problema? Passare giornate a trascinare un pensiero dietro l’altro, come avere un baule di perline da infilare lungo un filo sottilissimo: c’è da impazzire.

A volte sono reti di pensieri collegati tra loro, che si inseguono, si incontrano e si scontrano quasi senza un legame: una trama di preoccupazioni ampia e distesa dentro la nostra mente.

Altre volte è un pensiero solo, fisso: il famoso tarlo. Scava, rode, morde gli altri pensieri e si nutre di loro, appropriandosi di tutto lo spazio della nostra mente, piazzandosi in mezzo con la sua stazza pesante, sempre più invadente, che finisce per inondare ogni minuto della giornata, stremandoci e consumando le nostre energie mentali.

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«Sembra quasi un disturbo.»
E a volte lo diventa: è quello che alcuni psicoterapeuti chiamano dubbio patologico. Ad esempio, nel libro Cogito ergo soffro vengono descritte alcune declinazioni di questo problema, alcuni dei modi più tipici in cui si manifesta – e alcune delle strategie della Terapia Breve utili per liberarsene.

Susan Nolen-Hoeksema ha sfatato un mito figlio della razionalità umana e ben nutrito dal secolo in cui viviamo: pensare alle cause risolve i problemi.

Beh, non è affatto così.

Mettersi lì, incastrare i pensieri uno dopo l’altro come mille tasselli di un puzzle, cercare di farli combaciare a tutti i costi, spingerli, schiacciarli, forzarli finché non s’incastrano o finché, stanchi, non cerchiamo un altro pensiero, un altro tassello, magari tornando poi subito dopo a quello prima, sperando, prima o poi, di riuscire a completare il quadro generale.
Tutto questo processo non aiuta. Anzi, peggiora la situazione.

Quando la domanda non è intelligente

«Quindi non devo più pensare a cause ed effetti?»
Sai, c’è una frase che ho letto una volta, e che a molti non piace, dà fastidio, eppure dice una cosa sensata: “Non esistono risposte intelligenti a domande poco intelligenti“.

 

Psicoterapia breve strategica
Il ruminio mentale finisce per condizionare il nostro stato d’animo

«E quand’è che una domanda non è intelligente?»
Ecco, questa è una domanda intelligente: una domanda non è intelligente quando non ha risposta. Non parlo solo delle domande a cui non sappiamo rispondere, ma anche di quelle per le quali non possiamo farlo. Te ne accorgi, perché ci torni e ritorni sempre su.

 

Ci sono domande di cui non conosciamo la risposta, ma ce ne sono altre che semplicemente non ce l’hanno. A volte non ce l’hanno mai, a volte non ce l’hanno in quel momento. E a volte, semplicemente, la risposta non si trova “domandando”, ma “facendo”. Una cosa che ci dimentichiamo spesso, infatti, è che ci sono almeno 2 modi di sapere le cose: “conoscendo” e “facendo”. Alcune risposte, cioè, ce le dà il ragionamento, ma molte altre ce le può dare solo l’esperienza.

«Cioè stai dicendo che, per alcuni dubbi e domande, l’unica cosa che posso fare è sperimentare? Che pensarci e ripensarci non mi porterà a nessuna risposta?»
Esatto.

Lo psicoterapeuta Matteo Rampin ha descritto chiaramente questa realtà quando ha detto che non puoi sapere prima se sei pronto o meno: lo puoi sapere solo dopo.

L’overthinking, i disturbi psicologici e le donne

 

Psicologo Monterotondo
Le donne sono abili pensatrici, ma a volte può ritorcersi contro di loro.

Tornando alle ricerche di Nolen-Hoeksema, il rimuginio costante sembra essere correlato a una serie di problematiche e di disturbi, tra cui la depressione e addirittura la bulimia, l’abuso di sostanze e varie sindromi ansiose, per non parlare dello stress e delle notti insonni.

Pare, inoltre, che le donne siano soggette più degli uomini a questo tipo di problematica.

Secondo alcuni autori questo sarebbe dovuto almeno in parte al fatto che i bambini maschi vengono educati a non mostrare troppo le emozioni; quindi, di fronte a un problema, gli viene insegnato a cercare o a usare delle strategie di risoluzione. Come dire: “Anziché stare lì a pensarci datti da fare per risolverlo”.

Le bambine invece, per le quali viene accettato senza troppi problemi l’espressione di emozioni e sentimenti, finirebbero indirettamente per non ricevere adeguati consigli su come fronteggiare i problemi… finendo per pensarci e ripensarci.

In aggiunta, alcuni autori sostengono che le donne tendono ad avere un locus of control più rivolto all’esterno.
«Che significa?»

In poche parole, tutti noi tendiamo ad attribuire successi e insuccessi perlopiù a cause esterne e non dovute a nostre responsabilità (locus of control esterno) oppure, viceversa, perlopiù a cause interne, dovute alle nostre abilità e capacità (locus of control interno). Per esempio, c’è chi supera un esame e dice che ce l’ha fatta solo perché il professore era dell’umore giusto (LOC esterno) e chi, quando accade qualche guaio, anche se non dipende direttamente da lui si ritiene responsabile (LOC interno).

Ecco, secondo diverse ricerche le donne tendono ad avere perlopiù un LOC esterno, rispetto agli uomini. Questo può significare che spesso (non sempre, sia chiaro) sentono di non avere il controllo degli eventi, ma di subirli. Perciò, sentendo di non poterli controllare “con le loro mani”, tendono più facilmente a pensarli e ripensarli, rimuginando su di essi.

Conclusioni

Quando il ruminare diventa inarrestabile, come il continuo susseguirsi dei vagoni di un treno infinito, forse è il momento di rivolgersi a uno psicologo: potremo così liberarci di un’abitudine di pensiero divenuta trappola. E prima ancora che questo accada dobbiamo fare ciò che suggeriscono molti terapeutiallenarci a bloccare i pensieri, a fermarli, a “vincere senza combattere” come direbbero gli antichi maestri cinesi, cioè a lasciarli scivolare anziché fermarsi a osservarli e a nutrirli con altri pensieri, è sicuramente un esercizio utile per un efficace miglioramento personale.

Ci hanno abituato a pensare di dover pensare, al fatto che il pensiero e la logica siano il Re e la Regina della nostra vita, che comandano e ordinano tutto ciò che abbiamo attorno. Non è così, e se è uno psicologo a dirlo…

Come tutto, il troppo stroppia. L’estremizzazione fa sì che un’attività normale, naturale e produttiva come il pensiero, possa diventare una trappola micidiale in cui finiamo per perderci, disorientati dalla nostra stessa ricerca, finendo come quei vecchi e stanchi cavalieri che, partiti per un lungo viaggio alla ricerca della verità, dopo anni di vano vagabondare cadono per gli stenti senza più riuscire ad alzarsi.

Se ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto in più, puoi rivolgerti ad uno Psicologo. Ricordati che puoi usufruire della terapia online, che ha la stessa efficacia di quella dal vivo.

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Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve,
Terapia a Seduta Singola

e Ipnosi

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Riferimenti bibliografici

Nardone, G., De Santis, G. (2010). Cogito ergo soffro. Milano: Ponte alle Grazie.
Nolen-Hoeksema, S. (2000). The role of rumination in depressive disorders and mixed anxiety/depressive symptoms. In Journal of Abnormal Psychology, 109(3), pp. 504-511.
Nolen-Hoeksema, S. (2004). Gender differences in risk factors and consequences for alcohol use and problems. In Clinical Psychology Review, 24, pp. 981-1010.
Nolen-Hoeksema, S., Stice, E., Wade, E., Bohon, C. (2007). Reciprocal relations between rumination and bulimic, substance abuse, and depressive symptoms in female adolescents. In Journal of Abnormal Psychology, 116(1), pp. 198-207.
Nolen-Hoeksema, S., Wisco, B.E., Lyubomirsky, S. (2008). Rethinking rumination. In Perspectives on Psychological Science, 3(5), 400-424.
Rampin, M. (2008). Il grano e la zizzania. Milano: Ponte alle Grazie.

 

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