Ti sei mai “incastrato” in dei ruoli, in particolare nel tuo modo di rapportarti con gli altri?
Non amo molto le tipologie psicologiche. Le ritengo più adatte a un’altra fase degli studi in psicologia, in cui si cercava di identificare dei “tipi” in cui incasellare le persone.
Tuttavia vanno ancora molto di moda, perché danno l’illusione di poter capire meglio chi siamo e chi ci circonda: sei un “narcisista” o un “istrionico”? Un “estroverso” o un “introverso”? Sei “anale” o “orale”?
Tuttavia, non buttiamo via il bambino con l’acqua sporca: le tipologie possono essere come delle stelle, che ci danno la direzione seppure non vengono mai raggiunte. E oggi ne volevo vedere 3, elaborate anni fa da Stephen Karpman e riprese da diverse altre teorie psicologiche.
Giochi di ruolo
Innanzitutto permettimi di dare ancora qualche informazione sul concetto di “ruolo”.
Quando noi psicologi diciamo che una persona agisce, gioca o ricopre un “ruolo” o un “copione”, intendiamo dire che mette con molta più facilità in atto una serie di comportamenti e atteggiamenti, piuttosto che altri. Non è strano, se ci pensi.
Nella nostra vita avremmo la possibilità di fare centinaia di cose diverse e diametralmente opposte: potremmo essere simpatici o antipatici, loquaci o concisi, pensatori o d’azione… E potremmo tendere a coltivare tante amicizie, o a stare con una ristretta cerchia di persone fidate, a essere disponibili e accoglienti, o più riservati e sulle nostre… Insomma, ci sono tante possibilità, perlomeno tante quante sono le persone, poiché non ne esisteranno due identiche in ogni singolo aspetto.
In ciascuna è possibile cogliere però delle ridondanze, cioè dei modi di fare e di essere comuni. Per esempio, magari tu sei una persona solitamente riservata e che ama stare con pochi amici intimi. Non vuol dire che non farai mai una serata in discoteca con degli sconosciuti, ma di sicuro non è la cosa che fai con più frequenza (ridondante).
Ecco, nel momento in cui volessimo “inquadrare” qualcuno, potremmo dire che quello è il suo “ruolo”. In realtà parole come “ruolo”, “copione”, “schema”, “script” ecc. identificano delle cose diverse, e fanno riferimento a diverse teorie. Ma a me interessa soprattutto che ti sia chiaro il concetto di fondo: ognuno di noi mette in atto delle modalità tipiche e ridondanti di comportarsi e atteggiarsi.
Persecutore, Salvatore o Vittima?
Nel 1968, con il suo articolo Fairy tales and script drama analysis, Stephen Karpman introdusse questi 3 ruoli, definiti come “il triangolo drammatico“, che a me già spaventa solo per il nome, ma che in realtà, nelle intenzioni dell’autore, voleva sottolineare come si trattasse davvero di “ruoli” interpretati dalle persone.
Vediamoli meglio.
- La Vittima: la Vittima è quella persone che, di base, tende a dire “Povero me“. Magari non usa proprio queste parole, ma le sue comunicazioni e i suoi atteggiamenti tendono a mostrare quando sia oppresso (dalla vita, dalle circostanze, dagli altri, persino da se stesso), senza speranza, impotente, incapace di prendere decisioni o risolvere problemi, di trarre alcuna gioia dalla vita, o di raggiungere obiettivi o anche solo comprensioni del proprio stato.
- Il Salvatore: ciò che il Salvatore dice (a parole e, soprattutto, con ciò che fa) è “Permettimi di aiutarti“. Se non lo fa, si sente in colpa. O, nei casi estremi, può addirittura arrabbiarsi. È la tipica persona sempre presente, sempre disponibile, sempre pronta a dare una mano – e anche tutto il braccio, la spalla, la schiena, il polmone e il rene sinistro.
- Il Persecutore: è colui che, verbalmente e con ciò che fa, comunica: “È tutta colpa tua”. Controllante, critico, inquisitorio, opprimente, autoritario, rigido e che si mantiene in costante posizione di superiorità. Il problema è che magari lo fa convinto che questo sia il modo migliore di aiutarti.
Sebbene il peggiore sembri essere quest’ultimo, in realtà tutti e tre i ruoli hanno degli enormi punti deboli… soprattutto perché se li rinforzano tra loro.
Relazioni patologiche con gli altri e con se stessi
Sebbene Karpman, soprattutto all’inizio, si fosse concentrato sul triangolo vero e proprio (tre persone che agiscono ciascuna uno dei ruoli sopraccitati – generalmente con una Vittima e un Persecutore che danno l’avvio, e un Salvatore che si accoda successivamente), questi 3 tipi ci danno un’idea interessante di come ciò che facciamo per gli altri o come semplice nostro modo di essere possa trasformarsi in qualcosa di patologico.
Vediamo perché:
- La trappola della vittima: tutte le volte che ti lamenti ti stai comunicando “Non sono capace”. Questo, secondo te, rafforza o riduce il tuo senso di competenza? È sicuramente dura, difficile e complicata, ma urlarlo ad alta voce non ti aiuterà a renderla più semplice: te la farà vivere come più opprimente.In più, a chi lo stai comunicando? Se si tratta di un Persecutore, cioè una persona che, quando gli dici le tue difficoltà, ti risponde con toni duri e colpevolizzanti, devi immaginare che il tuo atteggiamento è come gettare benzina sul fuoco: gli farà alzare i toni ancora di più.«Ma magari cede.»
Improbabile. Ma se anche fosse, ricorda che lui – come te – è incastrato nel suo ruolo: se una volta cede, la volta dopo alzerà ancora di più le barriere e quindi sarà ancora più critico e rigido. Tu dovrai, così, essere ancora più vittimista, in un circolo vizioso che non si interrompe mai. In pratica, ti sei intrappolata da sola. - Il danno del Salvatore: il Salvatore è forse una delle figure peggiori, perché crea dei danni a lungo termine. Tutte le volte che corri in soccorso di qualcuno, infatti, gli stai confermando la sua inferiorità. Se da un lato gli stai sicuramente comunicando “Sono qui per te”, dall’altro gli starai sottilmente passando anche un altro messaggio: “Sei un incapace”.La tua incapacità a non prestare soccorso, a lasciare che l’altro ce la faccia con le sue forze, anche a costo di farsi male (dalle ferite si guarisce e si impara), gli impedisce di sviluppare gli anticorpi e lo espone a pericoli crescenti. Nel momento in cui non ci sarai, si farà male, gravemente, e tutto perché non gli hai permesso di trovare da solo una situazione. E in generale la tua presenza lo mette in un perenne stato di inferiorità.Così come le Vittime si intrappolano con il Persecutore, fanno lo stesso con il Salvatore. Ma se con il primo possono sperare in un moto di rabbia che, prima o poi, le inciti a mandarlo a quel paese, con il secondo è molto più difficile farle cedere all’irresistibile piacere di avere un aiutante sempre a disposizione.
- La vacuità del Persecutore: il problema del Persecutore, a meno che non sia un sadico, è che spesso assume certi atteggiamenti con le migliori intenzioni. Il problema è che, anche lui, è incastrato in un ruolo da cui non riesce a uscire, non accorgendosi che dà sempre gli stessi risultati: più si sforza di imporre regole e di agire azioni tese a “migliorare l’altro” o a spronarlo ad andare con le sue gambe, più ottiene il contrario.Questo ovviamente lo porta ad essere percepito come “il cattivo di turno”, incastrato in un ruolo che magari gli risulta anche scomodo, e che di sicuro non lo fa essere apprezzato dagli altri – o da se stesso. La Vittima continuerà a vittimizzarsi sempre di più mendicando la sua clemenza, e il Salvatore non risparmierà critiche e agirà comportamenti che vanificheranno i suoi sforzi di “buona educazione”.
Uscire dal ruolo
Karpman si prodigò poi in tutta la spiegazione psicodinamica dei ruoli, cioè nello studio delle motivazioni inconsce che conducono le persone ad assumere certi ruoli. In più mostrò come le persone coinvolte nel triangolo possono anche spostarsi da un ruolo all’altro. Ma qui non mi interessa approfondire questo aspetto.
Piuttosto, è interessante l’aspetto interattivo che coinvolte i 3: il loro ruolo è mantenuto in vita proprio da ciò che fanno, da come si pongono gli uni con gli altri e verso se stessi. Una prigione le cui sbarre sono il frutto dei loro comportamenti.
In un altro articolo, se vorrai, esaminerò alcune strategie per uscire da un ruolo (o per aiutare l’altro a uscirne) – se ti interessa chiedimelo nei commenti. Ma per ora il mio invito è quello a riflettere su come il modo in cui ti comporti può mantenere in vita certi problemi.
Nella vita quotidiana ti ritroverai sicuramente più volte a vivere uno o più di uno di questi ruoli, magari solo con certe persone specifiche: con alcune sarai Vittima, con altre Persecutore, con altre Salvatore. O magari tenderai più comunemente a essere uno di questi tre, o due di questi – come vedi, questa è una di quelle sfaccettature che deve portarci a prendere con le pinze le tipologiche psicologiche.
Saperlo ti aiuta, perché ti permette di domandarti quali sono i tuoi comportamenti e atteggiamenti ridondanti, e cosa iniziare a fare per smettere di metterli in atto.
Se ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto in più, puoi rivolgerti ad uno Psicologo. Ricordati che puoi usufruire della terapia online, che ha la stessa efficacia di quella dal vivo.
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Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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Riferimenti bibliografici
Karpman, S. (1968). Fairy tales and script drama analysis. Transactional Analysis Bulletin, 26 (7): 39–43.