Nel momento in cui la diagnosi arriva, il tempo si deforma. L’aria si fa più spessa, le pareti sembrano stringersi, la luce diventa irreale. Il corpo rimane seduto, ma dentro qualcosa si sgretola.
Il cuore accelera, poi si ferma, poi riparte in modo incerto. I pensieri si dissolvono come nebbia, resta solo una parola che rimbomba, muta, nel petto.
La prima emozione è lo shock. Uno stupore che non ha forma, solo vuoto. È come cadere in una stanza senza finestre. Poi subentra la paura, che sale dallo stomaco, una paura viscerale, difficile da nominare. Non è solo il timore della sofferenza, ma la vertigine dell’ignoto, del vuoto, della perdita del controllo.
Le emozioni si mescolano: incredulità, rabbia, senso di colpa e desiderio di fuggire. Ogni parte del corpo comincia a parlare:insonnia, tensione muscolare e fame che scompare. Il corpo diventa campo di battaglia, e insieme testimone silenzioso.
Nel quotidiano, tutto cambia. I gesti più semplici si caricano di un peso nuovo. Ogni oggetto diventa simbolo, ogni silenzio una domanda. Intorno, anche gli sguardi si trasformano. L’amore si colora di paura, premura, impotenza. Il dolore si distribuisce come una corrente invisibile tra le stanze.
Chi assiste si sente sospeso, tra il bisogno di essere forte e il desiderio disperato di crollare. Prendersi cura diventa un atto d’amore, ma anche una fatica sottile.
A volte, la rabbia prende il posto della tristezza. Una rabbia muta, senza destinatari precisi. Poi arriva il senso di colpa: per le parole non dette, per i pensieri fuggitivi e per il bisogno di spazio
Tutto questo convive in una sola giornata. Eppure, in mezzo a questo turbinio, qualcosa resta. Un filo sottile, invisibile, che tiene insieme i pezzi. Non si tratta di forza eroica, ma di una resilienza sommessa, quotidiana.
Non c’è una sola strada, ma c’è la possibilità, dentro il dolore, di trovare ancora senso, di abitare la propria umanità con grazia, di camminare, anche a passi piccoli, verso qualcosa che assomigli alla pace.
Una diagnosi di cancro è come un fulmine a ciel sereno: irrompe, spezza il silenzio, cambia il respiro. Non colpisce solo il corpo, ma invade l’anima. E quando la malattia tocca un familiare, il dolore si diffonde come onde in uno stagno. In questi momenti, ogni parola pesa, ogni sguardo cerca conforto. È qui che la psicologia, e in particolare le Terapie Brevi, offrono un rifugio: uno spazio di ascolto, accoglienza e cambiamento, anche in tempi ridotti.
Come le Terapie Brevi aiutano chi riceve una diagnosi oncologica
Le Terapie Brevi non sono terapie “superficiali” o “veloci” nel senso comune del termine. Si tratta di interventi psicologici mirati, che aiutano la persona a riscoprire le proprie risorse interne in tempi contenuti. Quando ci si confronta con la diagnosi oncologica, queste terapie offrono un’àncora preziosa per:
- Gestire l’ansia e la paura del futuro
- Rielaborare lo shock della diagnosi
- Affrontare le cure con maggiore serenità
- Sostenere le relazioni familiari
- Ritrovare un senso di controllo e significato.
In particolar modo esse si concentrano su alcuni aspetti essenziali in quei momenti:
1. Accogliere l’urgenza emotiva
Le Terapie Brevi sono progettate per rispondere subito, con interventi anche in una o poche sedute. In oncologia, il tempo ha un valore diverso: ogni giorno è carico di attese, speranze, timori. Il terapeuta, con delicatezza, guida la persona verso una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni, evitando che queste diventino un peso insostenibile.
2. Lavorare con ciò che c’è, non con ciò che manca
Nel cuore della Terapia Breve, si cela una domanda potente:
“Cosa funziona, anche in mezzo a tutto questo dolore?”
Invece di scavare nel passato, il terapeuta invita il paziente a riconoscere le piccole isole di stabilità, le risorse ancora presenti, i gesti quotidiani che danno senso. Questo approccio offre sollievo immediato e costruisce forza, un passo alla volta.
3. Ristrutturare il significato della malattia
Un tema centrale è la possibilità di trasformare la malattia da nemico assoluto a compagno di viaggio, talvolta scomodo, ma portatore di un nuovo sguardo. Attraverso domande potenti e simboliche, il terapeuta accompagna la persona a dare un senso alla propria esperienza, senza banalizzarla. Per esempio:
- “Cosa vorresti che questa esperienza ti insegnasse, anche se non l’hai cercata?”
- “Cosa ti sta aiutando a restare in piedi?”
Queste domande, poste con rispetto e amore, aiutano la persona a non identificarsi solo con la malattia.
Terapie Brevi per i familiari: quando l’amore è anche dolore
Quando la diagnosi riguarda un figlio, un genitore, un partner o un amico caro, il mondo cambia forma. Si vive nel limbo tra la voglia di essere forti e la paura di crollare. Le Terapie Brevi aiutano i familiari a:
- Trovare uno spazio per le proprie emozioni, senza sensi di colpa. Il terapeuta aiuta il familiare a riconoscere e dare un nome ai diversi vissuti che si alternano durante la giornata (rabbia, paura, speranza, stanchezza…), validandoli e normalizzandoli.
- Imparare a comunicare in modo autentico con chi è malato
- Gestire lo stress e il senso di impotenza
- Costruire rituali quotidiani che portano vicinanza e conforto, invece di pensare a come affrontare “tutto”, ci si concentra su piccoli passi, come fare una passeggiata, cucinare un piatto semplice, guardare insieme un film.
Un linguaggio di speranza, non di negazione
Parlare di speranza in oncologia non significa illudere o negare la realtà. Significa scegliere di abitare il tempo presente con dignità, cercando senso anche nel dolore. Le Terapie Brevi aiutano a coltivare una speranza realistica, fatta di piccoli gesti, sguardi condivisi, parole che scaldano.
Le Terapie Brevi ci ricordano che anche in un tempo breve si può fare molto. Non servono anni per iniziare a ricucire una ferita. Basta uno sguardo autentico, una parola detta con cuore, un incontro che rimette in moto la speranza.
Nel vortice di una diagnosi oncologica, la psicologia può diventare un filo d’oro: invisibile ma resistente, che accompagna, sostiene, dà forma a un nuovo modo di stare al mondo, anche in mezzo alla tempesta.
Dr Flavio Cannistrà
Co-Fondatore dell’Italian Center for Single Session Therapy
co-Direttore dell’Istituto ICNOS
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
Bibliografia
Berardi, L. (2012). Stress. L’ansia fa venire il cancro.
Chiodini M., Meringolo P. (2016) Che le lacrime diventino perle. Firenze. Ponte alle Grazie.
Grassi L., Biondi M., Costantini A. (2003). Manuale pratico di psiconcologia. Roma: Il Pensiero Scientifico.
Watzalawick P., Beavin J., Jasckson D.D. (1971) La pragmatica della comunicazione Tr.It Roma.