Malgrado i grandi e continui progressi nel campo della ricerca e della terapia, i tumori rimangono una delle emergenze sanitarie. Infatti, il cancro è, ad oggi, la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari.
Questa malattia ha un tremendo impatto economico e sociale. Influenza le persone ad ogni livello della loro esistenza: fisico, emotivo, spirituale, cognitivo, sociale ed economico.
Una degli argomenti critici durante il percorso di cura è sicuramente come comunicare la malattia e come affrontare il discorso “tumore” con i propri familiari.
Infatti, anche se malattia colpisce un singolo membro della famiglia, ha ripercussioni in tutti gli altri membri. Le difficoltà nella comunicazione, quindi, possono riguardare il timore di far soffrire gli altri familiari, credenze errate associate all’idea della morte, sensazione di non essere in grado di reggere il peso della situazione.
“Non so cosa dire” è una frase molto frequente di persone che affrontano il tumore o la malattia dei loro cari.
In questi casi comunicare è difficile e doloroso e si fa fatica anche a trovare quali siano le parole giuste da dire e il momento giusto per dire qualcosa.
E come si fa a comunicare la malattia alle persone cui tieni di più in un momento in cui si sente il bisogno di urlare il proprio dolore e le proprie paure?
Anche solo la parola “tumore” sembra impronunciabile. Tanto che spesso si usano sinonimi come “il male”, “il brutto male”, “la cosa”.
La paura e la confusioni si fanno sempre più intense quando poi si hanno di fronte dei bambini: come dirlo, cosa dire per non terrorizzarli?
Come dice un antico proverbio “Tutto sta nel cominciare…”
Quindi, non c’è un tempo giusto o sbagliato e non ci sono parole giuste o sbagliate, perché ciò che conta non è tanto cosa dici, ma come lo dici.
Ecco allora qualche suggerimento per farlo nel modo migliore.
1. Non per forza bisogna dire tutto…e subito
Infatti, non è necessario informare immediatamente in modo dettagliato ed esaustivo gli altri rispetto alla propria malattia. Procedere per gradi potrebbe essere una buona soluzione sia per chi informa, che per chi viene informato. Questa modalità permette di non creare confusione e fa sì che chi la riceve possa assimilare e comprendere meglio quanto viene detto.
Per comunicare con i bambini potrebbe essere utile aiutarsi con un racconto, una storia a seconda dell’età. In questo modo i bambini, attraverso una canale che conoscono molto bene, sono facilitati a comprendere la situazione delicata insieme all’aiuto di una figura di riferimento.
2. Parlare non è l’unica soluzione!
Per quanto parlare con gli altri della situazione può essere un modo utile per affrontarla, non dobbiamo dimenticarci che esistono anche tanti altri modi per comunicare. La comunicazione non verbale è il canale privilegiato attraverso il quale veicolare non soltanto il contenuto ma anche la componente di relazione del messaggio (Watzlawich, Beavin e Jackson, 1971).
Spesso, infatti, non è necessario riempire un silenzio di parole, ma si può comunicare altrettanto efficacemente con un abbraccio, uno sguardo, un gesto o con il silenzio stesso.
E’ importante concedersi e concedere agli altri il tempo necessario. In questo caso si può semplicemente rimandare il fatto che si è disponibili qualora sentisse il bisogno di parlare o avere un supporto di qualsiasi genere.
3. Le emozioni non sono tue nemiche
Ma sono delle alleate!
Emozionarsi o piangere non è segno di debolezza, anzi, queste emozioni fanno parte del processo comunicativo e relazionale e possono essere di aiuto nel facilitare la comunicazione stessa. Esprimendo in prima persona le tue emozioni, permetti anche agli altri di legittimare le loro e riuscire ad entrare in un contatto più intimo e profondo con quello che stai provando.
Un errore comune…
Spesso in situazioni delicate come questa i familiari della persona con un tumore tendono a ricoprire un ruolo iper-protettivo nei suoi confronti. Certamente mossi dal desiderio di essere di aiuto, di supporto e di sostegno.
Anche se mossi dalle migliori intenzioni, però, alcune volte possono ottenere risultati controproducenti: magari nel tentativo di “non fare del male” si tende a cambiare argomento quando è la persona a prendere l’iniziativa, oppure la tendenza a dare consigli anche se non espressamente richiesti, o ancora il cercare di aiutare il più possibile che spesso sfocia nel sostituirsi alla persona nel fare le cose.
È chiaro che desiderare di aiutare le persone che soffrono è un sentimento che merita tutto il rispetto, ma si può essere di aiuto anche promuovendo la loro autonomia e magari creare delle piccole occasioni quotidiane, anziché sostituirsi.
Un tumore cambia la vita di chi ne è coinvolto nelle varie dimensioni e non tutto può riprendere a essere come “prima”, ma si può costruire una ripresa diversa, fatta di nuovi punti di vista, nuovi equilibri e nuovi significati.
Se ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto o di un supporto in più, il mio suggerimento è quello di rivolgerti ad uno Psicologo esperto in Terapie Brevi, che ti aiuterà nel minor tempo possibile. Ricordati che puoi usufruire anche della terapia online, che ha la stessa efficacia di quella in studio.
Bibliografia
Chiodini M., Meringolo P. (2016) Che le lacrime diventino perle. Firenze. Ponte alle Grazie.
Grassi L., Biondi M., Costantini A. (2003). Manuale pratico di psiconcologia. Roma: Il Pensiero Scientifico.
Watzalawick P., Beavin J., Jasckson D.D. (1971) La pragmatica della comunicazione Tr.It Roma.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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