Cos’è la realtà?
“Una questione di punti di vista”, direbbe un costruttivista.
Eppure ci sono talmente tanti eventi concreti con cui ci scontriamo ogni giorno, che venire a parlare di punti di vista appare molto teorico ma poco pratico.
Cerchiamo di capire meglio come e perché, grazie agli apprendimenti derivati dai profondi studi delle Terapie Brevi.
Questione di punti di vista
Prendiamo per un attimo questo esempio, in cui Tom Sawyer, costretto a dipingere una lunga staccionata, si trova davanti a un amico che è pronto a farsi beffe di lui: cambiare punto di vista sarà la sua strategia per modificare la situazione a suo vantaggio.
“Ehi, vecchio, un po’ di lavori forzati, vero?”.
“Oh, sei tu, Beh? Non m’ero neppure accorto che c’eri…”.
“Senti, io vado a nuotare al fiume, adesso. Non ti piacerebbe venirci anche tu? Ma forse tu preferisci lavorare, vero? Ma sicuro che lo preferisci…”.
Tom fissò il ragazzo per un istante, poi chiese: “Cos’è che chiami lavorare?”.
“Be’, quello che fai adesso, non è un lavoro?”.
Tom riprese il pennello e rispose con molta indifferenza: “Be’, in un certo senso lo è, e in un certo senso non lo è. Quello che so di positivo è che a Tom Sawyer gli piace”.
“Che storia vuoi darmi da bere? Forse che ti diverti a far l’imbianchino?”.
Il pennello continuò imperterrito.
“Se mi diverto? Be’, non riesco a capire perché non dovrei divertirmi. Forse che uno steccato da imbiancare lo trovano tutti, ogni giorno?”.
L’osservazione presentava il lavoro in una nuova visuale.
Di lì a poco l’amico pregò Tom di farlo dipingere un po’ e nuovi amici pagarono e fecero la coda per assicurarsi il privilegio di imbiancare un pezzetto di staccionata.
Realtà di primo e secondo ordine
Ogni giorno ci confrontiamo con una realtà molto concreta, che tocchiamo con mano. A ciascuno degli eventi che ci capitano, piccoli o grandi che siano, assegniamo poi un significato personale, semplice o complesso che sia.
Ecco come costruiamo il nostro punto di vista, la nostra realtà, iniziando a dare un senso a ciò che viviamo in prima o terza persona. Questo, come osservava von Glasersfeld, è vero sin dai più primari processi sensoriali: le stesse percezioni variano da persona a persona, e da qui le sensazioni, le riflessioni, le fantasie, finendo per costruire tante immagini del mondo quante sono le persone.
Se dico “tazza”, quella che avrò in mente sarà simile ma diversa dalla vostra immagine. Più si va in alto nel processo di elaborazione della realtà, più il significato soggettivo della stessa prende piede. La bellezza di un’opera artistica sta proprio nella capacità di arrivare al cuore di ognuno in modi diversi e personali – o di lasciarci totalmente indifferenti. La realtà oggettiva c’è ed è indiscutibile, ma è come un quadro di cui scegliamo i colori e in cui noi vediamo un fiume e il nostro vicino un ruscello, lui un grosso albero e noi uno spazio adombrato dove trovare ristoro.
Come il quadro di Escher, o il cartellone pubblicitario dell’osteria agricola Casa Scaparone su cui campeggiava la scritta: “Guida poco che devi bere”.
Cambiare punto di vista finisce per cambiare la realtà
Un concetto banale? Abusato, forse, ma utilizzato saggiamente e con efficacia da chi l’ha studiato profondamente.
Il grande ipnoterapeuta e medico Milton H. Erickson, ad esempio, di fronte alla paziente che si lamentava dell’impotenza del marito disse: “Signora, forse egli è atterrito dalla sua bellezza”. La moglie, spiazzata dalla rivelazione (che altro non era che un nuovo significato da dare alla stessa realtà), smise di colpevolizzare il marito e, anzi, lo tranquillizzò e coccolò ancora di più, con i felici risultati che lasciamo immaginare.
In un altro esempio, lo psicoterapeuta maestro della ristrutturazione Paul Watzlawick, si trovò a lavorare con una coppia esasperata dall’eccessiva presenza dei genitori di lui nella loro vita quotidiana, presenza motivata da un genuino desiderio di voler aiutare il figlio e la nuora anche nei più piccoli lavori domestici.
Fino ad allora la coppia si era sempre opposta ai tentativi di aiuto dei genitori, finendo per sfociare in vuote litigate a cui susseguiva un rinnovato impegno dei genitori nel volerli aiutare. Watzlawick suggerì alla coppia di lasciar fare tutto a loro, senza alzare più un dito. Di lì a poco i genitori presero da parte il figlio, dicendogli che era tempo che lui e la moglie cominciassero ad assumersi più responsabilità.
Tutti i giorni ci troviamo a combattere con una realtà che può non piacerci e che non ci deve piacere per forza. Ristrutturare non vuol dire fare gli ottimisti di mestiere, ma dare una nuova struttura alle nostre concezioni del mondo, alle emozioni che proviamo, per permetterci di affrontare meglio una situazione anziché eluderla.
Non cambiamo i fatti concreti, ma il significato che diamo ad essi. Dopotutto, come disse Shakespeare, “Non v’è nulla di buono o di cattivo che il pensiero non renda tale”.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia a Seduta Singola
Ipnosi
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Riferimenti bibliografici
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Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fisch, R. (1974). Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio-Ubaldini.