Storie: come si impara a stare in piedi

Con oggi inauguro una nuova serie di post su questo blog, che andranno sotto l’etichetta “Storie”.

Si tratta di narrazioni prese da libri di psicologia, a volte dei “casi clinici”, altre volte, come in questo caso, altri racconti, altre storie di persone che possono dirci e darci qualcosa.

Le storie hanno un grande potere nel veicolare messaggi, significati e cambiamenti, e penso sia utile, interessante e piacevole poterle leggere su queste pagine.

Alla fine di ogni storia citerò sempre il libro da cui è tratta, in modo da darvi tutti i riferimenti necessari.

Quella di oggi è un po’ lunga e un po’ particolare, ma è densa e ricca, capace di dire molto, raccontata da una persona che i medici avevano dato per spacciata e che dovette reimparare ogni cosa, persino a camminare, fino a diventare uno dei più importanti psicoterapeuti del secolo scorso. Lui era Milton H. Erickson e il libro in cui racconta questa e altre storie si intitola La mia voce ti accompagnerà.

Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia

 Storie come si impara a camminare“Sono tante le cose che impariamo a livello conscio; solo che dopo dimentichiamo quello che impariamo e ci serviamo della capacità acquisita.

Vedete, io avevo un grandissimo vantaggio sugli altri: avevo avuto la polomielite, ed ero totalmente paralizzato. L’infiammazione era così forte che avevo anche una paralisi sensoriale. Potevo però muovere gli occhi, e anche l’udito non era stato menomato. A forza di stare a letto mi veniva la malinconia, impossibilitato com’ero a muovere qualsiasi cosa tranne le pupille.

Me ne stavo in quarantena nella nostra fattoria, dove c’erano sette sorelle, un fratello, due genitori e un’infermiera. Come facevo a divertirmi? Cominciai a osservare le persone e l’ambiente. Ben presto imparai che le mie sorelle potevano benissimo dire ‘no’ quando volevano dire ‘sì’. Oppure potevano dire ‘sì’ e contemporananeamente intendere ‘no’. Poteva accadere che una sorella offrisse a un’altra una mela, e subito la ritraesse. Così cominciai a studiare il linguaggio non verbale e il linguaggio del corpo.

Avevo una sorellina piccola, che aveva cominciato a imparare a camminare carponi. Io, invece, dovevo imparare a stare in piedi e a camminare. Lascio a voi immaginare con quale interesse stavo a guardare la mia sorellina che passava dal camminare a quattro zampe all’imparare a stare in piedi. E voi non sapete come voi avete imparato a stare in piedi. Non sapete nemmeno come facevate a camminare. Voi potete pensare di poter camminare in linea retta per sei isolati (a parte altri pedoni e veicoli). Ma non sapete che allora non riuscivate a camminare in linea retta a un passo regolare!

Voi non sapete cosa fate quando camminate. Né sapete come imparate a stare in piedi. Imparate allungando la mano e tirandovi su. Ciò comporta una pressione nelle mani, e, per puro caso, scoprite che potete mettere del peso sul piede. È una cosa tremendamente complicata, perché le ginocchia cedono, e se le ginocchia restano su dritte, cedono i fianchi. Poi vi si incrociano i piedi. Poi non riuscite a stare in piedi perché cedono sia i ginocchi che i fianchi. Sempre coi piedi incrociati (avevate imparato ben presto ad avere un ampio punto di appoggio), vi tirate su e vi tocca imparare come tener dritte le ginocchia, una per volta, e appena imparate questo, dovete imparare a badare che i fianchi rimangano dritti. Dopo ancora, scoprite che dovete imparare a badare che i fianchi e le ginocchia stiano dritte contemporaneamente, e pure a tenere i piedi ben divaricati. Ora potete finalmente sostenervi coi piedi ben divaricati, e appoggiando le mani a terra.

A questo punto inizia una lezione in tre fasi. Dapprima distribuite il peso su una mano e due piedi, mentre questa mano [E. solleva la mano sinistra] non vi sostiene per niente. Lavoro veramente difficile, che vi permette di imparare a stare in piedi dritti, fianchi dritti, ginocchia dritte, piedi divaricati, con questa mano [la destra] che preme forte. A questo punto scoprite come cambiare la distribuzione dei pesi del corpo. Potete alterarla girando la testa, girando il corpo. Dovete imparare a coordinare tutte le alterazioni dell’equilibrio del corpo quando muovete una mano, la testa, la spalla, il corpo; e poi si tratta di riimparare tutto con l’altra mano. Poi viene il lavoro terribilmente difficile di imparare a tenere su tutte e due le mani, e di muoverle in tutte le direzioni e di contare solo sulla solida base dei due piedi ben divaricati. E si tratta di tenere dritti i fianchi, le ginocchia dritte, e di badare a ginocchia, fianchi, braccio sinistro, braccio destro, testa, corpo. E alla fine, quando avete abbastanza capacità, provate a bilanciarvi tutto su un piede. Un lavoro d’inferno!

Come avete fatto a controllare tutto il corpo, tenendo i fianchi dritti, le ginocchia dritte, e avvertendo il movimento della mano, i movimenti della testa, i movimenti del corpo? E poi mettete avanti un piede, alterando il centro di gravità del corpo! Le ginocchia sie piegano, e vi trovate seduti! Vi rialzate e provate daccapo. E alla fine imparate a portare un piede in avanti, e muovete un passo, e non c’è male. Così lo ripetete, non c’è proprio male. Allora il terzo passo (con lo stesso piede) e precipitavate! C’è voluto un bel po’ di tempo per alternare destro-sinistro, destro-sinistro, destro-sinistro. Ora potete ondeggiare le braccia, girare la testa, guardare a destra e a sinistra, e camminare, senza più fare a minima attenzione a tenere le ginocchia dritte, i fianchi dritti.”

Milton H. Erickson – La mia voce ti accompagnerà
(Casa Editrice Astrolabio, 1982, pp. 35-36).