La Morte Sospesa, Ovvero: Avere Il Giusto Atteggiamento Mentale abbiamo visto come avere il giusto atteggiamento mentale sia un passo essenziale per affrontare qualunque sfida. Ma in generale qualunque ostacolo, qualunque problema, qualunque impedimento.
Però io sono convinto di una cosa: l’atteggiamento mentale non si ha, si crea.
Ci sono persone che, caratterialmente, sono portate ad avere subito un buon approccio alla vita: affrontano difficoltà e limitazioni con quel senso di competenza che gli permette di risolverle e superarle con successo.
Ma se questo atteggiamento mentale manca? Bene, in tal caso dobbiamo farci aiutare da qualche stratagemma.
Diciamo subito una cosa: agli esseri umani piace la semplificazione.
Ci piace leggere un articolo come questo con la speranza che dica: “Per avere successo fai così, così e così”. Ahh, che bella soddisfazione eh?
Molti sedicenti guru campano proprio su questo desiderio di semplificazione insito in ognuno di noi. Anzi, veri e propri modelli e orientamenti, per non parlare di interi sistemi di business, sopravvivono grazie al fatto di far credere alle persone che in pochi passi otterranno il successo.
Non è così.
«Ma io ho sentito la storia di Tizio che in pochi passi ha raggiunto quello che voleva».*
Sì, ok, ma a parte che c’è una bella differenza tra cosa racconta Tizio e cosa realmente ha fatto (e guarda caso spesso il “Tizio” in questione è proprio quello che ti vende il libro, il corso o quant’altro dove ti promette di insegnarti a fare quello che lui è riuscito a fare). Inoltre, è vero, esistono casi in cui con poco si ottiene molto, ma capisci che se stiamo parlando di “una” persona (o di “una” ogni centomila) non possiamo pensare che semplicemente applicando le tecniche che ci spiega riusciremo a fare esattamente quello che ha fatto lei.
«Cosa intendi?»
Ti racconto una cosa. Hai presente Milton H. Erickson? Qualche volta ti ho parlato di questo straordinario ipnoterapeuta, che nei suoi libri descrive dei successi reali e incredibili che ottenne nella sua carriera. Centinaia di persone da tutto il mondo andarono a Phoenix, in Arizona, per studiare da lui, per cercare di imitarlo.
Bene, nessuno ci è riuscito. Nessuno ha raggiunto il suo livello. Sai perché? Perché Milton Erickson ha avuto due attacchi di poliomielite che l’hanno portato vicino alla morte, era gravemente daltonico (vedeva solo il colore viola), amusico, aritmico, claudicante e costretto per buona parte della sua vita su una sedia a rotelle.
«E questo cosa vuol dire?»
Mitlon Erickson, a chi gli chiedeva come imparare a diventare un bravo psicoterapeuta, rispondeva: “Impara da te stesso“.
Ognuno ha delle proprie caratteristiche personali e deve sfruttare quelle, per superare le difficoltà, stare bene, vivere meglio, ottenere successi e raggiungere traguardi.
Questo blog non ha la pretesa di dire: “Fai questo e risolverai i tuoi problemi”. Proprio perché sono uno psicologo, conosco il valore di ciò che la ricerca scientifica ci offre: utilizzare qualunque strategia ci aiuta, ma niente è magico. Sarà il tuo impegno, la tua applicazione, le tue risorse a rendere qualunque strumento nelle tue mani uno strumento per riuscire nelle tue imprese.
Perdonami la premessa, già fatta anche in altri articoli, ma è un punto essenziale per me: ci sono troppi guru e sedicenti risolutori di problemi che non aiutano a liberarsi dai pesi, ma creano piuttosto dipendenza, anziché autonomia.
Veniamo ora allo stratagemma di cui ti parlavo.
Se, come appena detto, il nostro impegno e la nostra attitudine sono la mano che fa girare la chiave nella toppa, è vero che certe tecniche e strategie si rivelano delle chiavi migliori di altre, e quindi possono tornarci davvero utili.
Spesso un ostacolo nell’affrontare i problemi è che ci sembrano troppo grandi.
La Morte Sospesa, Ovvero: Avere Il Giusto Atteggiamento Mentale abbiamo parlato dell’incredibile storia di Joe Simpson che, di fronte a un compito impossibile, decise di dividerlo in tante piccole tappe.
A volte arrivano da me persone con problemi personali, relazionali, lavorativi, che mi dicono: “Non credo di essere in grado di superare questa cosa: mi sembra così enorme…”.
Io gli racconto di Joe Simpson e poi gli dico: “Se guardi la vetta della montagna che devi scalare, ti scoraggerai. Quanti sono? Mille? Duemila? Tremila metri? In ogni caso, tutti insieme sembrano un enormità. Ma se fai come gli scalatori, e dividi la tua scalata in tante piccole tappe, allora il tuo viaggio ti apparirà meno difficile e impensabile di quello che temi”.
Ancora una volta, sono le nostre attitudini, cioè anche i pensieri con cui ci poniamo di fronte ai problemi, a determinare buona parte della possibilità di riuscire a superarli. Come diceva Vincent Norman Peale: “Affronta gli ostacoli e fa qualcosa per superarli. Scoprirai che non hanno neanche la metà della forza che pensavi avessero”.
A questo punto una tecnica può davvero esserci utile: una tecnica che ci aiuti a dividere la montagna in tante piccole tappe. È la tecnica dello scalatore.
Descritta in ambito terapeutico da Steve De Shazer, la versione che ti propongo è un mio personale adattamento.
Si chiama tecnica dello scalatore perché è ripresa esattamente da ciò che fanno gli scalatori per decidere il percorso più corretto per scalare una montagna: partono dalla vetta e disegnano il percorso a ritroso, tappa per tappa.
«E perché non partono dalla base?»
Perché se lo facessero potrebbero arrivare a un punto dove si rendono conto di non poter più proseguire, e magari dovrebbero ritornare indietro di due/tre tappe (o anche più) per disegnare un nuovo percorso.
La tecnica è molto efficace e viene utilizzata in ambito terapeutico, per aiutare a definire i propri obiettivi da raggiungere, e anche in ambito di crescita personale e professionale, oltre che nei contesti aziendali e manageriali. È molto flessibile.
La tecnica funziona così.
Prendi carta e matita, fai un puntino in cima e scrivici accanto qual è il tuo obiettivo da raggiungere. Scrivilo in termini molto chiari e concreti: non dev’essere una cosa astratta, ma qualcosa di misurabile e identificabile in modo assolutamente chiaro e non ambiguo, come ho descritto in Qual È Il Tuo Obiettivo?
Ora, poco più sotto, disegna un altro puntino: scrivici accanto qual è il passo immediatamente precedente a quello che hai riportato poco fa; cioè qual è l’ultima cosa che devi fare subito prima di raggiungere il tuo obiettivo, e che naturalmente ti porterà a raggiungerlo.
Anche qui devi scrivere in termini molto concreti di cosa si tratta.
Fatto questo, di nuovo, poco più sotto, disegna un altro puntino e accanto scrivi ciò che devi fare subito prima del puntino precedente.
Un passo alla volta, a passo di gambero, scriverai tutte le azioni concrete che devi fare, una dopo l’altra (o meglio, una prima dell’altra!). L’ultima cosa che scriverai, arrivato ormai verso la parte inferiore del foglio, sarà la prima cosa che dovrai fare, la più piccola, la più immediata.
Un depresso che non esce mai di casa può iniziare a darsi come obiettivo: “una volta al giorno uscire di casa per venti minuti”. Il passo immediatamente prima potrebbe essere: “prendere le chiavi di casa”. Quello prima ancora sarà: “impostare il timer dell’orologio a suonare tra venti minuti”. Prima ancora: “infilarsi le scarpe”. E ancora prima: “indossare la tuta”. Non pensate che sia ridicolo: molti Cosa Sente Il Depresso? dichiarano proprio l’enorme fatica di fare qualunque cosa, anche la più piccola, perché tutto gli sembra un’enormità. Una volta completata la lista, comincerà a fare la prima piccola cosa, cioè quella più in basso nel foglio, e poi la successiva, e così via.
Un libero professionista che ha deciso di creare un ebook per poi venderlo scriverà in cima al foglio, come ultima cosa da fare, “pubblicizzare l’uscita dell’ebook”. Subito prima potrebbe scrivere: “individuare forum, siti e social in cui pubblicizzarlo”. Prima ancora: “mettere l’ebook sul sito”. Il punto prima sarebbe: “revisionare l’ebook” e quello ancora prima “scrivere l’ebook”. Un procedimento simile l’ho fatto per lanciare il mio ebook “Come difenderti dagli psicoesperti“, di imminente uscita (vi dirò tutto la prossima settimana).
Naturalmente puoi dividere il tuo percorso in tutte le tappe di cui hai bisogno: così, nell’esempio di prima, tra “mettere l’ebook sul sito” e “revisionare l’ebook”, potrebbe esserci in mezzo “comprare il dominio per il sito”.
Benché il compito non deve diventare iperanalitico, scrivere tanti piccoli pezzetti è molto utile: ridimensiona la portata dell’impresa (attenti però a non essere erroneamente perfezionisti).
Questo stratagemma è molto utile nella sua semplicità, perché ci dà una nuova dimensione delle cose.
Inoltre, se vuoi, quando avrai preso dimestichezza, potrai evolverlo ulteriormente.
Ecco come!
Una volta scritti tutti i puntini, numerali dall’alto al basso: il puntino più in alto nel foglio (cioè quello a cui devi arrivare), sarà il numero 1, quello dopo il 2, poi il 3 e così via. Quindi, se per esempio avrai evidenziato 12 puntini (cioè 12 tappe), il puntino più in basso nel foglio sarà il numero 12.
Avere davanti la numerazione dei passi da fare è molto utile. Aiuta la percezione di avanzamento nel proprio percorso. Mano a mano che vai avanti potrai dirti: “Ottimo, sono a -10! … Bene, ora mi mancano solo 6 passi! … Forza, ancora 3 tappe e ho finito!!”.
Infine, io utilizzo un’ulteriore rifinitura, quando i puntini sono molti: raggruppo i puntini in “aree”. Infatti, quando farai questo esercizio e verranno fuori molti puntini (solitamente sopra i 20, ma va bene anche per meno), è molto probabile che puntini vicini facciano parte di una stessa “area” di cose da fare.
Per tornare all’esempio dell’ebook, fatto poco fa, i puntini più in basso potrebbero essere: “Trovare l’idea”, “Buttare giù l’indice”, “Scrivere il primo capitolo”. Più su, un’altra serie di puntini vicini potrebbe essere: “Aprire il sito dedicato”, “Scrivere i contenuti sul sito dedicato”, “Chiedere agli amici di linkare il sito dedicato sui loro siti” ecc.
Bene, come vedi queste due serie di puntini vicini hanno degli argomenti in comune, fanno parte di un’area comune. La prima serie di puntini potrebbe essere chiamata “Area 1: Scrittura iniziale dell’ebook”, mentre la seconda potrebbe essere, per esempio, “Area 4: Creazione del sito dedicato”, e naturalmente, in questo esempio, in mezzo ci sono altre due aree.
Segna chiaramente queste aree, magari usando per ciascuna di essa un colore diverso con cui sottolineare tutti i puntini, oppure tracciando per ogni area due righe orizzontali sul foglio, entro le quali vengono contenuti tutti i puntini vicini appartenenti alla stessa area: è un ottimo modo per ridurre ancora di più la percezione del lavoro da fare.
Nell’esempio del mio ebook avevo identificato 24 puntini, divisi in 8 aree: “Partenza”, “Valutazione dei costi”, “Programmazione editoriale”, “Sito”, “Pubblicità”, “Stesura testi”, “Pre-lancio”, “Lancio!”. Non solo potevo vedere il progresso puntino dopo puntino, ma ogni volta che completavo un’area avevo il chiaro percepito di aver appena terminato una grande fetta del lavoro, e vedevo che mi mancavano solo altre 7, 6, 5 ecc. fette.
La tecnica dello scalatore è davvero utile per riorientare le nostre percezioni e trasformare viaggi lunghi e faticosi, in piccole e semplici tappe. Si può usare sul lavoro, nella vita personale, per affrontare dei problemi spezzettandoli in tante piccole parti più facili da superare.
Come già detto la scorsa settimana, Jeffrey Zeig ha un modo molto carino per commentare questo tipo di attività: “Sai come si mangia un dinosauro? Un pezzetto alla volta”.
Dott. Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Terapia Breve Strategica
e Ipnositerapia
Libri consigliati per approfondire:
Nardone, G. (2009). Problem solving strategico da tasca. Milano: Ponte alle Grazie.
*Tutti i casi descritti in questo blog sono frutto di invenzione, basati sulla mia esperienza clinica e non riferiti a persone realmente esistenti.