Immagina di startene seduto comodamente in una sala d’attesa, quando entra un ragazzo. Questo ragazzo ha una tremenda paura: la paura del rifiuto, ovvero di essere rifiutati dagli altri, di essere giudicato, magari persino di essere deriso o preso in giro per qualche ragione più o meno oscura. Il ragazzo entra e si guarda attorno: il suo sguardo è circospetto, sospettoso, passa velocemente ma attentamente da una persona all’altra, facendo una radiografia rapida e puntuale di chi ha di fronte. Capisci, insomma, che sta facendo una cosa precisa: sta cercando negli altri il segno del rifiuto; sta vedendo se qualcuno, in quella stanza, lo rifiuterà.
Lo sguardo arriva su di te. Ti fissa. Noti una certa insistenza in quello sguardo, seppur veloce: noti la penetrante osservazione del tuo volto, nella ricerca di elementi che confermino la sua paura. Se non sapessi che quel ragazzo ha questa paura, saresti persino infastidito da quello sguardo torvo. Forse arriveresti quasi a sentirti provocato e a sostenere quello sguardo, alzando il mento per dire “Beh, che vuoi?”.
“Ecco,” penserebbe in quel momento il ragazzo guardandoti allarmato, “avevo ragione: questa persona ce l’ha con me.”
Fobia sociale, ansia sociale, fobia del giudizio o del rifiuto, disturbo evitante di personalità… Può essere chiamato in molti modi e avere molte declinazioni, ma la paura di essere rifiutati dagli altri è molto più comune (mediamente tra il 2-5%, ma dipende ovviamente dalla categoria precisa che viene analizzata).
Vediamo come la Terapia Breve possa essere di aiuto.
I sintomi del disturbo da ansia sociale
Non è che lo ami particolarmente, ma riferirci al DSM-5, il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, è sicuramente ancora oggi il modo più condiviso per utilizzare un linguaggio comune, che ci aiuti a capire di che stiamo parlando.
In realtà, volutamente non ho intitolato questo articolo “La Terapia Breve per il disturbo da ansia sociale”: un po’ perché ho già scritto questo articolo (leggi qui), e un po’ perché volevo concentrarmi proprio sulla paura di essere rifiutati. Ma ci può tornare utile vedere i sintomi più comuni della fobia sociale:
- Paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è sottoposto al possibile esame degli altri. Gli esempi comprendono le interazioni sociali, essere osservati ed eseguire una prestazione di fronte agli altri
- Temere di agire in modo tale o di manifestare sintomi di ansia che saranno valutati negativamente (cioè saranno umilianti o imbarazzanti, porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per gli altri)
- Le situazioni sociali temute provocano quasi invariabilmente paura o ansia
- Quelle situazioni sono evitate oppure sopportate con paura o ansia intense
- La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione
In più è una paura persistente, che dura da molti mesi, che crea un disagio o dei limiti significativi, e non è attribuibile a l’effetto di qualche sostanza o di altre condizioni mediche o psicologiche.
Questa è la fobia sociale, e come avrai visto c’è qualcosa che riguarda da vicino il tema di oggi: la paura che ciò che farai porterà a un rifiuto.
Perché ho paura di essere rifiutato?
Come forse saprai, la Terapia Breve non si pone tanto la domanda “perché”. Lo so che vogliamo saperlo, ma la realtà è che saperlo è abbastanza difficile, o quantomeno approssimativo. Stesse cause possono portare a effetti diversi, e stessi effetti possono avere diverse cause. Potremmo basarci su degli studi generali, ma sarebbero teorie o, nella migliore delle ipotesi, studi probabilistici che ci dicono cosa teoricamente potrebbe essere avvenuto in genere, senza dirci cosa è avvenuto a te.
Ma, soprattutto, il perché non ti farà risolvere il problema.
Se hai una gomma a terra per via di un chiodo, potrai pensare per ore a come tu l’abbia preso: alla fine, però, dovrai comunque togliere un chiodo dalla gomma. Allora, semmai, da un lato ci interessa sapere come togliere il chiodo, e dall’altro cosa stai facendo anziché toglierlo – e che quindi continua a tenerlo lì dentro.
Cosa fai (di poco utile) di fronte alla paura del rifiuto
Sentirsi in gabbia non è detto che porti a trovare una soluzione funzionale. A volte finiamo per agitarci ancora di più, come una mosca che continua a sbattere contro il vetro della finestra, anziché girarsi e cercare un’altra via di uscita. Ecco dunque che, di fronte alla paura del rifiuto, facciamo una serie di cose poco utili e che, soprattutto, ci mantengono ingabbiati:
- Evitare: è la “soluzione” più classica: se una cosa mi fa paura, evito. Purtroppo farlo significa confermare che quella cosa è spaventosa e che non ti senti in grado di affrontarla. Non l’hai superata, hai solo rimandato di affrontarla: andrebbe bene se non ti capitasse mai più una situazione analoga, ma sai che probabilmente non è così…
- Cedere: ad esempio dicendo sempre di sì o in generale facendo cose che non vorremmo fare, sempre per la paura del rifiuto e del giudizio. Il problema, anche in questo caso, si palesa in modo pungente: cedere, dire di sì, lede il nostro senso di efficacia, la nostra autostima. Non è perché hai una bassa autostima che dici sempre di sì, è perché dici sempre di sì che finisci per avere una bassa autostima.
- Prendere dei farmaci: non sono contro l’uso dei farmaci, ma sono per un loro uso intelligente. Vuol dire che a) devono essere usati quando è davvero necessario e b) non devono diventare una stampella. Significa che se ti appoggi sempre a loro, se ogni volta che devi affrontare qualcosa che ti mette ansia prendi il farmaco, non hai veramente superato il problema: hai solo trovato una stampella che ti permette di andare oltre. Attenzione: esistono condizioni in cui il farmaco serve cronicamente; ovviamente non sto parlando di quelle, e mi sento di dire che nel caso dell’ansia sociale queste condizioni croniche sono piuttosto rare.
- Diffidenza: non è detto che ce se ne renda conto, ma una reazione di diffidenza, dubbio o sospettosità rispetto ai comportamenti altrui, ai loro atteggiamenti, o anche solo a ciò che pensano di noi, può essere piuttosto comune se si ha paura di essere rifiutati. Il problema è che questa diffidenza potrebbe portarci a sviluppare a nostra volta dei comportamenti o atteggiamenti che finiscono per essere causa (o rinforzo) dei comportamenti e atteggiamenti altrui. In pratica, la nostra idea che gli altri ci rifiutano è giusta, ma potremmo essere noi stessi a causare, più o meno inconsapevolmente, quel rifiuto.
Questi sono alcuni esempi, ma possono già dare un’idea. A questo punto chiediamoci: come se ne esce?
Uno stratagemma di Terapia Breve per la paura del rifiuto
Nella mia continua ricerca sulle Terapie Brevi, a Londra ho studiato la Terapia Breve Centrata sulla Soluzione, un approccio incredibilmente efficace per tutta una serie di problematiche e difficoltà. Prendendo spunto da quello, potremmo declinare un semplice stratagemma per l’ansia di essere giudicati, osservati o rifiutati dagli altri.
Il compito è molto semplice e, anche se potrebbe non esserti chiaro al 100% fin dall’inizio, dovresti eseguirlo ogni giorno.
In pratica, ogni giorno, la mattina, pensa a come ti comporteresti se tutti pensassero che sei una persona desiderabile, meritevole di stima, simpatica. Riflettici per dieci minuti: pensa esattamente a cosa faresti, ai piccoli gesti, ai piccoli comportamenti, ai piccoli atteggiamenti, alle risposte che daresti. Rifletti anche su come gli altri reagirebbero a questi e a come tu risponderesti a queste loro reazioni positive.
Poi continua la tua giornata, e scegli un luogo o una situazione in cui comportarti, per almeno dieci minuti, esattamente come se tutti pensassero che sei una persona desiderabile, meritevole di stima, simpatica… Non devi raggiungere performance eccellenti, ti basta provare a fare “come se”.
Cambiare occhi
Stampelle che sorreggono le nostre debolezze, evitamenti che allargano le nostre insicurezze, diffidenze che alimentano le nostre incertezze… Cambiare occhi, modificare la propria prospettiva, può permetterci di fare dei passi laddove, prima, credevamo di non essere in grado di farli, e di scoprire giardini laddove, prima, credevamo ci fossero solo paludi.
È un compito di fiducia. Il lavoro con lo psicologo, spesso, serve in buona parte ad aiutarti nello sviluppare quella sicurezza e quella percezione positiva che ti consenta di vedere le cose sotto una nuova luce.
Ricordati che puoi usufruire della terapia online, che ha la stessa efficacia di quella dal vivo.
Ma puoi provare a iniziare anche da solo e a vedere se, già cominciando con questo piccolo esercizio, inizierai a percepire un primo, significativo cambiamento.
Dr Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Terapia Breve
Terapia Seduta Singola
Ipnosi
Vuoi rimanere aggiornato su tecniche, strategie e informazioni di Terapia Breve?
Oppure cerchi uno psicologo a Roma, Monterotondo o online?
Compila il modulo qui sotto:
compila la parte “Come posso aiutarti” se vuoi un appuntamento, o lasciala vuota per iscriverti alla mia newsletter.
Riferimenti bibliografici
Budman,S & Gurman, A. (1988). Theory and practice of brief therapy. New York: Guilford
Galimberti, U. (1999). Psicologia. Torino: Garzanti.
Kübler Ross, E. (1990). La morte e il morire. Padova: Cittadella Editore.